Storia di Eduardo ex operaio Eternit
Ho iniziato a recitare da bambino, a scuola facevo sempre il pagliaccio.
Poi, crescendo, con gli amici ho iniziato a recitare davvero, andavamo in giro a fare gli spettacoli: nei paesi; alle feste.
Poi un giorno un mio amico, che viveva al Nord, mi ha detto: «lo vuoi un posto sicuro?».
Io vivevo vicino Napoli, dove sono nato, mi ero appena fidanzato con Maria, volevamo sposarci e allora ho accettato e siamo partiti.
La fabbrica in cui lavorava il mio amico si chiamava Eternit.
Una meraviglia!
Ci producono un materiale che si chiama amianto. Puoi farci qualsiasi cosa: i tubi per gli acquedotti, i tetti ma anche le cose più semplici, un vaso per le piante, una scala, una panchina, un cortile, perfino le coperte termiche.
L’Eternit è ovunque, è isolante, è un materiale eccezionale.
Ma la cosa che mi aveva colpito di più è che lo hanno chiamato Eternit!
E’ indistruttibile, è eterno!
Così ho smesso di recitare. Sono diventato grande in una notte.
Una notte, soltanto questa notte, che precede il mio primo giorno di lavoro in fabbrica, ho preparato un bel panino. Mangerò durante la pausa e ho stirato bene la tuta: voglio fare bella figura!
Ho un po’ paura di non essere all’altezza: adesso mi sento come un bambino che vorrebbe scappare, però sono sicuro che appena entrerò in fabbrica, non so nemmeno io perché, mi sentirò subito felice, pensando a tutta la vita che deve ancora venire e pensando a Maria che sposerò e al figlio che avremo.
Lo voglio chiamare Luca, come mio padre.
(il monologo è tratto dal lungometraggio "Un posto sicuro" di Francesco Ghiaccio, 2015)