Soggiornare in un centro di accoglienza costituisce una condizione di disagio, ma non integra di per sé lo stato di bisogno previsto per il reato di caporalato art. 603 bis c.p.

Cassazione Penale Sezione 4 Sentenza n. 28289 del 27/04/2022 Relatore Dott.ssa Nardin Laura
Stato di bisogno nel reato di caporalato
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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 febbraio 2022 il Tribunale per il riesame di Bari ha
sostituto, con il divieto di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese, la misura dell'obbligo di dimora nel comune di residenza e dell'obbligo di
presentazione alla polizia giudiziaria, applicata dal G.I.P. a XXX in
quanto gravemente indiziato dei delitti di cui agli artt. 110, 603 bis commi 1^, nn.
2) e 3), 3^, nn. 1), 2), 3) e 4) e 4^ n. 1) cod. pen., per avere, in qualità di datore
di lavoro, in concorso con XXX, in qualità di reclutatore, assunto o
comunque utilizzato manodopera, costituita da decine di lavoratori di provenienza
straniera, fra i quali XXX, allo scopo di destinarla alla coltivazione di terreni agricoli nella sua
disponibilità, sottoponendo i medesimi lavoratori a condizioni di sfruttamento,
approfittando del loro stato di bisogno.
2. Avverso l'ordinanza propone ricorso per cassazione XXX, a
mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
3. Con il primo il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell'ad 603 bis cod.
pen. ed il vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà e della manifesta
illogicità, in relazione alla sussistenza degli indizi di colpevolezza del reato
provvisoriamente ascritto. Rileva che il compendio indiziario, come riportato
dall'ordinanza genetica, consiste unicamente nelle intercettazioni telefoniche di cui al
RIT 1422/2020, relative alle interlocuzioni di XXX con XXX, nonché in
servizi di osservazione dei luoghi di lavoro, svolti per verificare la presenza di
braccianti di nazionalità straniera, non essendo mai stati assunti a sommarie
informazioni i lavoratori coinvolti. Sostiene che dall'insieme dei dati acquisiti non è
possibile, in alcun modo, ricavare l'accertamento dello stato di bisogno dei braccianti
impiegati da XXX. Osserva che l'assoluta carenza investigativa è resa evidente
dal fatto che il pubblico ministero, dopo l'applicazione della misura cautelare, ha
formulato istanza di incidente probatorio per l'escussione dei lavoratori, sulla quale,
peraltro, il G.I.P. non si è ancora pronunciato. Ciò rende evidente l'assenza del grave
quadro indiziario a carico di XXX. Sottolinea che l'approfittamento dello
stato di bisogno non può essere desunto dalle condizioni di sfruttamento, essendo il
primo inerente ad una condizione soggettiva del lavoratore, ed il secondo alla
manifestazione di oggettive condizioni lavorative, valutabili ai sensi dell'art. 603 bis,
comma 3 cod. pen.. Rileva che, nel caso di specie, manca sinanco un'inequívoca
dimostrazione delle condizioni di sfruttamento. Ed invero, le investigazioni che
riguardano XXX hanno avuto origine da un'attività di indagine dei
Carabinieri, relativa alla XXX nel luglio 2020, nel corso della quale era
stato individuato XXX, quale presunto reclutatore ed erano stati identificati
ed escussi a sommarie informazioni i braccianti operanti presso quell'azienda
agricola. Ciò aveva consentito di verificare che XXX svolgeva il ruolo di
intermediario, occupandosi anche degli adempimenti burocratici relativi alle
assunzioni; che quei braccianti vivevano in condizioni igienico-sanitarie pessime,
presso l'area dell'ex pista di Borgo Mezzanone; che i medesimi percepivano la
retribuzione orarie di euro 5,00 all'ora; che non erano loro stati forniti dispositivi di
protezione individuali e che essi non erano stati sottoposti a visita medica. Le indagini
in seguito erano proseguite nei confronti di altri imprenditori, fra cui XXX,
sostanzialmente solo attraverso le attività di intercettazione. Nondimeno, dalle
conversazioni intercorse fra XXX e XXX nulla si evince in ordine al trattamento
economico dei lavoratori reclutati dal primo per lavorare nell'azienda del secondo, né
sulla mancata fornitura di materiale antinfortunistico, né sulla mancata
sottoposizione a visite mediche, tanto che il Tribunale per il riesame, prendendo atto
del tenore dei dialoghi, è costretto ad ipotizzare che 'con tutta probabilità, la
retribuzione non fu esplicitamente oggetto delle conversazioni fra i due coindagati,
per la semplice ragione che tra costoro vi era evidentemente una conoscenza
anteriore e pregressi rapporti di lavoro, onde il puntuale riferimento alla paga oraria
era superfluo'. Si tratta, tuttavia, di un ragionamento del tutto congetturale, che non
consente di estendere l'accertamento effettuato per la XXXX s.r.l.s a XXX,
non potendo sostenersi che se i lavoratori reclutati da XXX per quell'azienda erano
oggetto di sfruttamento, allora anche quelli reclutati per XXX erano sottoposti
alle medesime condizioni lavorative. Assume che l'ordinanza palesa la debolezza
argomentativa nella parte in cui afferma essere dubbio che i lavoratori utilizzati da
XXX, anche regolarmente assunti, fossero dotati di dispositivi di protezione
individuale, perché i verbali di consegna sono moduli prestampati non compilati e che
recano firme dei lavoratori illeggibili. Non solo, infatti, mal si comprende cosa vieti di
riprodurre il modulo di consegna su prestampati, trattandosi di documenti tutti uguali,
ma la formula dubitativa utilizzata dal tribunale dimostra che non vi è atto di polizia
giudiziaria da cui risulti che gli operanti abbiano potuto constatare la materiale
assenza concreta dei dispositivi di protezione. Manca, dunque, del tutto
l'accertamento della sussistenza delle condizioni di sfruttamento lavorativo.
4. Con il secondo motivo fa valere la violazione della legge processuale, in
relazione al disposto dell'art. 309, comma 9 cod. proc. pen.. Assume che la
disposizione non permette, a fronte della formulazione di istanza di riesame da parte
del solo indagato, di riformare in peius la misura cautelare applicata. Ciononostante,
iI Tribunale per il riesame ha sostituito la misura coercitiva dell'obbligo di dimora e di
presentazione alla polizia giudiziaria, con la misura interdittiva del divieto di
esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, ritenendo che quella
imposta con l'ordinanza genetica non fosse idonea ad impedire la commissione di
fatti della medesima specie, essendo il luogo di residenza coincidente con quello della
sede dell'impresa. La disposizione di cui all'art. 309, comma 9 cod. proc. pen.,
nondimeno, non consente, quando il solo indagato abbia fatto ricorso al rimedio
cautelare di sostituire la misura con altra più afflittiva, tale dovendosi ritenere in
concreto quella interdittiva, non essendovi una predeterminazione gerarchica che
consenta di ritenere a priori le misure coercitive più gravi di quelle interdittive.
Conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
5. Con requisitoria scritta il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del
ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va accolto.
2. Il primo motivo è fondato.
3. L'ordinanza impugnata, che pure si dilunga nel tracciare il quadro degli indici
di sfruttamento -di cui all'art. 603 bis, comma 3^ cod. pen.- desunto dalle
intercettazioni disposte nei confronti di XXX che coinvolsero XXX, nulla dice
sulla sussistenza dello stato di bisogno dei lavoratori coinvolti, nonostante il chiaro
disposto dell'art. 603 bis, comma 1" cod. pen. consenta di comprendere che la
condizione di sfruttamento che non si avvantaggi dello stato di bisogno non integra
il reato. E', infatti punita ai sensi del n. 1) del primo comma dell'art. 603 bis, la
condotta di colui che recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso
terzi, in condizioni di sfruttamento approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori.
Mentre è punita ai sensi del n. 2) dello stesso comma la condotta di chi utilizza,
assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione a di cui
al n. 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando del
loro stato di bisogno. La semplice lettura dell'art. 603 bis, comma 1^ cod. pen. ,
dunque, rende evidente che il legislatore ha scelto di punire non lo sfruttamento in
sé, ma solo l'approfittamento di una situazione di grave inferiorità del lavoratore, sia
essa economica, che di altro genere, che lo induca a svilire la sua volontà contrattuale
sino ad accettare condizioni proposte dal reclutatore o dall'utilizzatore, cui altrimenti
non avrebbe acconsentito.
Questa Sezione ha recentemente osservato che con l'art. 603 bis cod. pen. "il
legislatore ha scelto di utilizzare la locuzione "stato di bisogno", già usata nel nostro
ordinamento con riferimento ad istituti civilistici ed altri reati (quali, ad esempio,
l'usura nell'originaria configurazione), e non quella "posizione di vulnerabilità", di
matrice sovranazionale (cfr. art. 3 del Protocollo traffiking e la nota dei lavori
preparatori; art. 2 direttiva 2011/36/EU), che, nell'art. 1 della decisione del Consiglio
Cee 19 luglio 2002, n. 629, sulla lotta alla tratta degli esseri umani, viene definita
come quella situazione in cui la persona non abbia altra scelta effettiva ed accettabile
se non cedere all'abuso di cui è vittima. Al contrario, nella formulazione dell'art. 600
cod.pen. (riduzione o mantenimento in schiavitù e servitù), si è fatto espressamente
riferimento alla "posizione di vulnerabilità" della vittima". Si tratta di una scelta
lessicale non priva di conseguenze e che comporta che - nell'individuare lo stato di
bisogno- non occorra "indagare sulla sussistenza di una posizione di vulnerabilità, da
intendersi, secondo le indicazioni sovranazionali, come assenza di un'altra effettiva
ed accettabile scelta, diversa dall'accettazione dell'abuso - indagine che, peraltro,
anche nella fattispecie di cui all'art. 600 cod.pen. è alternativa rispetto alla verifica di
altre e diverse situazioni di debolezza della vittima, specificamente indicate dal
legislatore". Lo stato di bisogno, infatti non si identifica "con uno stato di necessità
tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un
impellente assillo e, cioè una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, in
grado di limitare la volontà della vittima, inducendola ad accettare condizioni
particolarmente svantaggiose" (Sez. 4, Sentenza n. 24441 del 16/03/2021,
Sanítrasport soc. coop. Soc., Rv. 281405, con cui si è ritenuto immune da censure il
provvedimento impugnato che aveva ravvisato lo stato di bisogno nella condizione di
difficoltà economica delle vittime, capace di incidere sulla loro libertà di
autodeterminazione, trattandosi, in quel caso, di persone non più giovani e non
particolarmente specializzate, e quindi prive della possibilità di reperire facilmente
un'occupazione lavorativa; cfr. anche Sez. 4, Sentenza n. 7861 del 11/11/2021,
dep. 04/03/2022, Cirigliano, Rv. 282604, in motivazione).
4. Non basta, dunque, che ricorrano i sintomi dello sfruttamento, come indicati
dal terzo comma dell'art. 603 bis cod. pen., ma occorre l'abuso della condizione
esistenziale della persona, che non coincide solo con la sua conoscenza, ma proprio
con il vantaggio che da quella volontariamente si trae.
5. Sul punto l'ordinanza omette ogni considerazione limitandosi a sostenere
che XXX ritenuto vero e proprio anello di congiunzione fra i rappresentanti
delle imprese coinvolte, operanti nel settore agricolo sul territorio, ed braccianti
ospitati all'interno del campo di Borgo Mezzanone' svolgeva attività di reclutamento
di manodopera che versava 'in palese stato di bisogno', per destinarla 'allo
svolgimento di lavori nei campi' in condizioni di sfruttamento.
Lo stato di bisogno, presupposto indefettibile della condotta di cui all'art. 603 bis
cod. pen., nondimeno, non viene tratteggiato dall'ordinanza impugnata nelle sue
linee essenziali né nel suo risvolto oggettivo, relativo alla descrizione stessa della
concreta condizione di bisogno, né in quello soggettivo, relativo alla consapevolezza
della sua esistenza ed alla volontà di approfittamento da parte di colui che sfrutta il
lavoratore.
Si dimentica, invero, che se l'assunzione di una persona di cui si conosce lo stato
di bisogno non è di per sé sintomatica di sfruttamento, laddove siano rispettate le
prerogative retributive ed orarie del lavoratore e sia garantita la sua sicurezza sul
luogo di lavoro, al contrario, lo sfruttamento -in via meramente astratta- può non
essere derivante dall'approfittamento dello stato di bisogno, quando quest'ultimo non
sia configurabile in capo al lavoratore che accetta le condizioni di lavoro delineate dal
terzo comma dell'art. 603 bis cod. pen.. Benché si tratti di un'ipotesi residuale, avuto
riguardo al fatto che lo sfruttamento lavorativo è normalmente accompagnato dalla
grave difficoltà del lavoratore di autodeterminarsi in modo meno deprezzante, è
certamente è possibile che lo sfruttamento non si accompagni all'approfittamento
dello stato di bisogno, quando questo sia non sia conosciuto, o sinanco
oggettivamente manchi.
La motivazione del provvedimento gravato appare, quindi, gravemente carente,
non potendosi ritenere soddisfatto l'onere giustificativo della decisione con il semplice
accenno al fatto che i lavoratori risiedevano nel campo di Borgo Mezzanone, avendo
questa stessa Sezione già chiarito che sebbene "non possa negarsi che soggiornare
in un Centro di accoglienza costituisca una condizione di disagio, trattandosi di
alloggiamenti che implicano condizioni di promiscuità dei servizi e l'assenza degli
ordinari agi di un'abitazione, cionondimeno ciò non integra di per sé lo stato di
bisogno" (Sez. 4 n. 3941/2022 del 11/11/2021, Acinapura, non massimata).
6. L'accoglimento del profilo di doglianza implica l'assorbimento delle ulteriori
censure.
7. L'ordinanza deve, dunque essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al
Tribunale di Bari, Sezione per il riesame.
P.Q.M.
Annuii l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari,
competent ai sensi dell'art. 309, co. 7 c.p.p..
Così ceciso il 27/04/2022
Il Co sigliere estensore

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