Se il lavoratore si fa male con la motosega il datore di lavoro risponde anche se non esistono corsi di formazione specifica

Cassazione Penale Sezione 4 Sentenza 02/9/2022 n 32235
Infortunio dell'operaio con la motosega
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Cassazione Penale Sezione 4 Sentenza 02/9/2022 n 32235

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA

Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 24/02/2022

Fatto

1. La Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna pronunciata dal Tribunale cittadino nei confronti di M.A., responsabile, quale titolare della XXX s.n.c. delle lesioni subite dal dipendente A.H.M., feritosi all'avambraccio destro mentre utilizzava una motosega per tagliare dei rami, non avendo fornito al lavoratore una adeguata formazione sull'uso di tale macchinario, in violazione degli artt.37 e 38 d.lgs. n.81/2008.

2. Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, il M.A. aveva incaricato l'A.H.M. di suddividere i rami già tagliati in parti più piccole, con l'utilizzo di una motosega; nel fare ciò l'operaio, che aveva già tagliato una decina di rami grandi, trovandosi in precario equilibrio con i piedi sopra i rami bagnati posti a terra, nel passare la motosega da una mano all'altra, era scivolato e si era procurato una profonda ferita, con lesione vascolare.

3. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi:

I) Errata applicazione della legge penale in riferimento all'elemento soggettivo del reato; erronea ricostruzione delle regole cautelari, mutamento dell'elemento soggettivo descritto nel capo di imputazione da colpa specifica a colpa generica, violazione delle regole del giusto processo rispetto alla difformità tra capo di imputazione e sentenza. La motivazione della sentenza non accenna affatto al comportamento della persona offesa ed alla colpa per "assunzione" dell'A.H.M., il quale, privo della capacità di uniformare la condotta pericolosa all'osservanza di regole modali, non avrebbe dovuto intraprendere il lavoro, assumendo altrimenti il rischio degli eventi ad esso connessi. Non vi era nessuna regola positiva imputabile al M.A., la cui osservanza era imposta in un momento anteriore all'esercizio dell'attività da parte della persona offesa, tanto che la sentenza trasmigra dalla colpa specifica contestata in imputazione ad una responsabilità per colpa generica.

II) Manifesta illogicità della motivazione, per travisamento del contenuto degli elementi probatori acquisiti al processo. La sentenza impugnata si fonda sulla supposta violazione di norme cautelari specifiche, in quanto il lavoratore non sarebbe stato previamente formato sull'uso della motosega, strumento definito "estremamente pericoloso", e su un profilo di colpa generica per non aver vigilato sull'operato della persona offesa. In realtà, da un lato è stato accertato che non esistono corsi di formazione sull'utilizzo di una motosega, essendo sufficiente al datore di lavoro, per l'adempimento dei propri oneri formativi, di addestrare personalmente il lavoratore all'uso del macchinario (teste P., dipendente del servizio di prevenzione sull'igiene e sicurezza del lavoro dell'Azienda Usl di Firenze); dall'altro, l'apodittica affermazione della Corte di Firenze che all'operaio mancavano le conoscenze per l'uso dello strumento di lavoro, è smentita da quanto dichiarato dalla stessa persona offesa, la quale ha affermato di aver già utilizzato in precedenza la sega elettrica sotto la formazione dei propri datori di lavoro. Di qui la correttezza del comportamento del M.A. e l'abnormità di quello del lavoratore, il quale maneggiava la motosega con la mano sinistra, in equilibrio precario, passandola poi da una mano all'altra, contro ogni regola di comune esperienza. Da un lato, dunque, l'omissione di vigilanza attribuita al M.A. come profilo di colpa generica non trova alcun fondamento normativo, dall'altro l'A.H.M., pur se assunto come magazziniere, è risultato essere persona di esperienza, incaricato di svolgere funzioni di tuttofare ed abituato ad usare strumenti pericolosi, quale la motosega.

III) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art.62 n.6 cod. pen. In sentenza non viene fatto alcun riferimento all'avvenuto risarcimento della persona offesa ed alla conseguente revoca della costituzione di parte civile, come da atto di transazione e quietanza allegati alle conclusioni. Ciò nonostante la Corte ha ritenuto "equa e congrua" la pena inflitta in prime cure, prima del risarcimento.

4. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

1. Il ricorso non è fondato.

2. Per quanto attiene ai profili di colpa, generica e specifica, contestati al M.A. ed all'asserito comportamento abnorme del lavoratore, giova ricordare i principi più volte ribaditi da questa Corte Suprema in tema di responsabilità colposa del datore di lavoro per la cui affermazione è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare, ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell'evento (c.d. causalità della colpa), poiché alla colpa dell'agente va ricondotto solo quell'evento che sia causalmente collegabile alla condotta omessa ovvero a quella posta in essere in violazione della regola cautelare ( Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, Schettino, Rv. 270779; Sez. 4, n.1819 del 03/10/2014, Di Domenico, Rv. 261768).

Sotto il secondo profilo il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - ovvero rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 27 222 2). E' stato ulteriormente precisato che perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario che sia, oltre che imprevedibile, tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governato dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez.4, n.15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv . 269603).

3. La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi di diritto laddove ha evidenziato - con argomentazione supportata dall'esito dell'istruttoria dibattimentale e costituente accertamento in fatto, estraneo al vaglio di questa Corte di legittimità - che all'A.H.M. venne affidato un lavoro con l'uso di una motosega, messa a sua disposizione senza una preventiva informazione sull'uso corretto dello strumento, estremamente pericoloso.

La deduzione del ricorrente riguardante la inesistenza di corsi di formazione specifica appare priva di pregio, atteso che rientrava comunque negli obblighi del datore di lavoro istruire il dipendente sulle modalità di utilizzo della sega elettrica in funzione dello specifico compito affidato, di ridurre in piccoli pezzi i rami già tagliati, e di assicurarsi che tale compito venisse eseguito in una posizione stabile e non certo precaria, come quella assunta dall'A.H.M..

Come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, la mancanza di ogni preventiva informazione sull'utilizzo dello strumento secondo buona tecnica, affidato ad un operaio generico, assunto come magazziniere e di fatto con mansioni di "tuttofare" (secondo quanto si legge in ricorso), senza quindi alcuna esperienza specifica sui singoli lavori da eseguirsi all'interno della XXX, consente di ravvisare in capo al M.A. i profili di colpa generica e specifica contestati: l'imputato, dopo aver dato l'incarico al dipendente e consegnato la motosega, non si è in alcun modo preoccupato né di indicare come utilizzare correttamente tale strumento né di verificare le modalità di esecuzione del lavoro di taglio dei rami, al fine di escludere ogni rischio per la incolumità del lavoratore.

4. Quanto alla misura della pena, si osserva che la richiesta di concessione dell'attenuante del risarcimento del danno deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio (si argomenta in tal senso da Sez.l, n.12624 del 12/02/2019, Dulan Cristian, Rv.275057).

Trattandosi, nella specie, di risarcimento avvenuto in corso di giudizio - fuori pertanto dal termine di cui all'art. 62 n.6 cod. pen. - la Corte di appello ha motivato sulla congruità della pena inflitta dal Tribunale in rapporto alla rilevanza , delI fatto ed al grado di colpa palesato dall'imputato nella vicenda, rilevando peraltro che il motivo di gravame sul punto era generico e non argomentato.

Tale motivazione appare sufficiente ad escludere il denunciato vizio di legittimità.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Roma, 24 febbraio 2022

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