Responsabile il datore di lavoro ASL per la morte di infarto del medico anestesista con turni stressanti (superiori alle 12 ore al giorno)

Cassazione Civile Sezione lavoro Ordinanza 07/10/2025 n 26923
Grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell'evento dannoso
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAROTTA Caterina - Presidente

Dott. FEDELE Ileana - Consigliere

Dott. GARRI Guglielmo - Rel. Consigliere

Dott. BUCONI Maria Lavinia - Consigliere

Dott. CAVALLARI Dario - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 28602-2021 proposto da:

A.A., B.B., C.C., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati FABIO MARTORANA, GIUSEPPE DI CESARE;

- ricorrenti -

contro

D.D., rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE AMATO;

- controricorrente -

nonché contro

AZIENDA OSPEDALIERA DI RILIEVO NAZIONALE E DI ALTA SPECIALIZZAZIONE CIVICO - DI CRISTINA - BENFRATELLI, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresenta e difesa dall'avvocato MASSIMILIANO MARINELLI;

- controricorrente -

nonché contro

AMTRUST ASSICURAZIONI Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati LORENZO DELL'ELCE, RAFFAELLA MURONI;

- controricorrente -

nonché contro

E.E., rappresentato e difeso dall'avvocato ANTONIO PALAZZO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 808/2021 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 30/08/2021 R.G.N. 418/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2025 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO GARRI.

Svolgimento del processo
1. I signori A.A., B.B. e C.C., rispettivamente coniuge e figli eredi di F.F., avevano convenuto in giudizio l'ARNAS - Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Civico - Di Cristina - Benfratelli, deducendo: che il loro congiunto, medico anestesista in servizio presso il presidio G. Di Cristina - Ospedale dei Bambini di Palermo, era deceduto durante un turno di lavoro il 12 agosto 2007. Il medico era rimasto in servizio tutta la notte dell'11 agosto, nel corso della quale aveva partecipato ad un intervento d'urgenza e aveva, poi, continuato a monitorare il decorso post-operatorio della paziente anche nelle ore seguenti; che alle ore 7 del mattino del 12 agosto il medico era stato colto da infarto del miocardio al quale era seguito il decesso, nonostante le manovre rianimatorie apprestate dai colleghi.

Su istanza della coniuge, era già stato riconosciuto l'infortunio per causa di servizio ed era stato liquidato un equo indennizzo agli eredi. La vicenda era stata denunciata all'autorità giudiziaria che aveva avviato un procedimento penale a carico del dr. D.D. (primario ad interim e responsabile dell'U.O. di Anestesia del detto Presidio Ospedaliero) e del dr. E.E. (medico addetto al turno di reperibilità la notte del sinistro).

Nell'odierno giudizio i ricorrenti avevano lamentato l'omessa adozione da parte dell'Azienda delle misure volte alla salvaguardia dell'integrità psico-fisica del dipendente, deceduto - a loro dire - a causa dell'eccessivo carico di lavoro ed avevano chiesto, quindi, al Tribunale l'accertamento della responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c.

2. Il Tribunale, autorizzata la chiamata in causa dei dottori D.D. e E.E., aveva rigettato il ricorso condividendo le risultanze della c.t.u. disposta in sede di incidente probatorio nel giudizio penale, che aveva concluso per l'assenza del nesso di causalità tra il decesso del medico, determinato dall'infarto, e lo svolgimento dell'attività lavorativa sulla base delle modalità come accertate in fatto.

3. La Corte d'Appello aveva respinto l'impugnazione degli eredi ritenendo, sulla base di nuova c.t.u. disposta in sede di gravame, che il turno espletato dal dott. Rappa tra l'11 ed il 12/08/2007 - dopo che il predetto aveva goduto di giorni 23 di riposo compensativo nel mese di luglio e non aveva prestato servizio nei quattro giorni antecedenti a quello dell'evento, salvo che per un'ora e 43 minuti per turno di reperibilità il 10 agosto - non poteva aver svolto alcun ruolo, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante rispetto all'evento mortale, tenuto conto che non risultava essere stato caratterizzato da particolari abnormi responsabilità professionali o da eccezionali disagi tali da prevalere, rispetto agli elementi individuali predisponenti, nell'insorgenza o nella successiva evoluzione dell'infermità.

4. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione gli eredi Rappa con due motivi illustrato da memoria. Resistevano con separati controricorsi ARNAS, AMTRUST Assicurazioni, D.D., E.E.

I ricorrenti, ARNAS e E.E. depositavano rispettivamente memoria illustrativa.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., dell'art. 2087 c.c.

La Corte d'Appello avrebbe errato nel ritenere che l'ARNAS - Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione Civico - Di Cristina - Benfratelli di Palermo andasse immune da censure organizzative, senza valorizzare la plurima violazione delle varie norme in tema di durata massima dell'orario di lavoro, poste a presidio della sicurezza del lavoratore e della qualità del servizio prestato in favore della utenza.

Ciò in considerazione della circostanza pacifica che il dott. Rappa aveva prestato servizio ininterrottamente dalle ore 15:21 di sabato 11 agosto 2007, fino alle 07:00 della domenica del 12 agosto 2007.

Inoltre, il dottor F.F., nello stesso mese di agosto 2007 aveva sostenuto più volte turni altrettanto prolungati (cfr. elenco timbrature; doc. 2, della produzione di primo grado e doc. 10 del fascicoletto di cassazione); e precisamente:

a) il 2 agosto 2007, era entrato in reparto alle 20:05 ed era uscito l'indomani alle 9:33, dopo 13 ore e 28 min. di servizio notturno;

b) il 5 agosto, entrato alle 07:44 ed uscito alle 21:57, dopo 14 ore e 14 min.;

c) il 6 agosto, entrato alle 19:16 ed uscito l'indomani alle 09:28, dopo 14 ore e 12 min. di turno sempre notturno.

Conseguentemente, stante la palese violazione delle superiori regole di rango normativo e contrattuale che prevedono per i dirigenti medici che svolgono lavoro notturno un limite orario massimo di 12 ore continuative, la Corte territoriale avrebbe erroneamente assolto l'Azienda Sanitaria da ogni mancanza organizzativa, sebbene la prestazione lavorativa notturna si sia protratta, nella specie, per quasi 16 ore consecutive e per di più in condizioni di continuo stress.

Tutto ciò considerato, dunque, si eccepisce che la Corte territoriale non abbia fatto corretta applicazione dell'art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro di adottare nell'esercizio della propria attività tutte quelle misure che discendono norme specifiche di legge e di CCNL (quali sopra richiamate) che si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori (cfr. Cass. 6377/2003; Cass. 16645/2003).

1.1 Il motivo è fondato.

1.2 Vanno al riguardo richiamati i principi contenuti nella sentenza di questa Corte che vanno condivisi e da cui non ci si intende discostare secondo cui "In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente all'attività lavorativa, il nesso causale rilevante ai fini del riconoscimento dell'equo indennizzo per la causa di servizio è identico a quello da provare ai fini della condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, quando si faccia riferimento alla medesima prestazione lavorativa e al medesimo evento dannoso; ne consegue che, una volta provato il predetto nesso causale, grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell'evento dannoso." (Cass. Sez. L., Sentenza n. 24804 del 18/08/2023).

1.3 Orbene, la Corte territoriale ha errato nel ritenere insussistente la prova del nesso causale fra decesso e attività lavorativa nella misura in cui "i ricorrenti non hanno, dunque, fornito prova del nesso causale, nei termini chiariti dalla Suprema Corte, né, in ogni caso, tale prova poteva essere agevolata sulla scorta dei principi affermati dalla medesima Corte con la sentenza n. 17017/2007, dall'accertamento della dipendenza da causa di servizio fondata su un'indagine - quella del Comitato di Verifica - che si riferisce all'intero periodo di attività professionale del dottor Rappa protrattasi per quasi un trentennio presso l'azienda appellata, piuttosto che al più limitato turno di lavoro oggetto di analisi".

1.4 Va al riguardo richiamata anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c. la surriferita pronuncia di questa Corte che sul piano più strettamente giuridico, ha ribadito il principio secondo cui "il nesso causale rilevante ai fini del riconoscimento dell'equo indennizzo per la causa di servizio è identico a quello da provare ai fini della condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, quando si faccia riferimento alla medesima prestazione lavorativa e al medesimo evento dannoso" (v. Cass. n. 6008/2023; conformi Cass. nn. 34968/2022; 23187/2022). Una volta provato tale nesso causale, "grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell'evento dannoso" (Cass. n. 20889/18; conf. Cass. n. 17017/07; Cass. n. 4005/05).

1.5 Nel caso di specie, la violazione dell'art. 2087 c.c. risulta integrata nell'avere la Corte territoriale valutato di collegare l'evento letale al solo ultimo turno del medico, pretermettendo ogni valutazione circa l'incidenza causale di tutto l'atteggiarsi del rapporto come regola causale del "più probabile che non" (si veda pag. 9 della sentenza impugnata ed il riferimento al "più limitato turno oggetto di analisi").

Inoltre, dalla sentenza impugnata non risulta che l'Azienda Ospedaliera abbia nemmeno allegato di avere adottato cautele volte a impedire il verificarsi dell'evento dannoso il cui nesso causale con la prestazione lavorativa non è (e non può essere) in discussione, né risulta avere prospettato in alcun modo l'impossibilità di adottare cautele adeguate.

In particolare, dato atto della sussistenza del nesso causale tra prestazione lavorativa e danno ricollegabile non al singolo episodio, ma all'incidenza dell'intero atteggiarsi del rapporto di lavoro caratterizzato da un lato da turni altamente stressanti, dall'altro dalla insussistenza di pregresse patologie aventi incidenza causale ed ancora dall'avvenuto riconoscimento dell'equo indennizzo, è da rilevarsi che nel caso di specie l'inadempimento (più precisamente, il non esatto adempimento) del datore di lavoro non viene accertato dalla Corte territoriale sulla base dell'erronea affermazione che il dipendente non avesse assolto all'onere probatorio del nesso causale, come invece accertato in sede di riconoscimento della causa di servizio, con conseguente mancata valutazione della condotta datoriale in termini di inadempimento dell'obbligo contrattuale di tutelare l'integrità fisica del lavoratore.

Gravava pertanto sul datore di lavoro l'onere di provare che il danno - pur eziologicamente riconducibile alla prestazione di lavoro - "è stato determinato da impossibilità della (esatta) prestazione derivante da causa a lui non imputabile" (art. 1218 c.c.). A tale conclusione si giunge applicando il principio generale in materia di ripartizione degli oneri probatori nelle cause di risarcimento danni da inadempimento contrattuale - che non soffre eccezione nel caso della responsabilità per violazione dell'obbligo posto a carico del datore di lavoro dall'art. 2087 c.c. (v., per tutte, la già citata Cass. n. 34968/2022) - e non certo configurando tale ultima responsabilità in termini di responsabilità oggettiva, come paventato nella sentenza impugnata.

2. Con il secondo motivo si eccepisce motivazione omessa o apparente in relazione all'articolo 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per avere la Corte di appello aderito acriticamente al contenuto della CTU senza prendere in considerazione le specifiche contestazioni contenute nelle note critiche di parte appellante.

L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento del secondo, in quanto ogni considerazione spesa in sentenza circa la sussistenza del nesso causale e quindi della mancata valutazione ed accertamento in ordine all'inadempimento datoriale travolgono le censure di asserita mancata valutazione delle note critiche alla CTU in tema di causalità, questioni rimesse al nuovo esame al quale dovrà procedere il giudice del rinvio sulla base dei principi affermati in tale sede.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Conclusione
Così deciso nella camera di consiglio della sezione lavoro della Corte di cassazione in data 6 giugno 2025.

Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2025.

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