Per la Cassazione il danno da mobbing è risarcibile anche se c'è solo colpa (e non dolo) del datore di lavoro

Cassazione Civile Sezione Lavoro Sentenza 15/11/2022 n 33639
Risarcibile il lavoratore che versa “in condizioni di sostanziale inoperosità” e progressivo isolamento, anche se non c'è “macchinazione dolosa” del datore di lavoro
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Cassazione civile, sez. lav.,15/11/2022, (ud. 21/09/2022, dep.15/11/2022), n. 33639

LA CORTE SUPREMA DICASSAZIONE                  

                          SEZIONE LAVORO                            

             Composta dagli Ill.mi Sigg.riMagistrati:              

Dott. TRIA      Lucia                               -  Presidente  -

Dott. LEONE     Margherita Maria                    -  Consigliere -

Dott. PONTERIO  Carla                               -  Consigliere -

Dott. AMENDOLA  Fabrizio                       -  rel. Consigliere  -

Dott. BOGHETICH Elena                               -  Consigliere -

ha pronunciato la seguente:                                          

                    SENTENZA                                        

sul ricorso iscritto al n.2567/2017 R.G. proposto da:

         T.G., elettivamente domiciliato inROMA LUNGOTEVERE

FLAMINIO 28, presso lo studiodell'avvocato ERRANTE MASSIMO

(RRNMSM70S21G273H) che lorappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

SIMAV SPA, elettivamentedomiciliata in ROMA VIA L.G. FARAVELLI 22,

presso lo studio dell'avvocatoMORRICO ENZO, (MRRNZE50T2OH501D) che

la rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la SENTENZA della CORTED'APPELLO di PALERMO n. 725/2016

depositata il 26/07/2016, R.G.N.1509/2014;

Udita la relazione svolta nellapubblica udienza del 21/09/2022 dal

Consigliere FABRIZIO AMENDOLA;

Udito il P.M. nella persona delSostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha conclusoper il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati MASSIMOERRANTE e ROBERTO ROMEI, per delega

verbale dell'avvocato ENZOMORRICO.

               

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza dell'8 novembre2013, il Tribunale di Palermo, adito da T.G. che aveva convenuto la datrice dilavoro Simav Spa, rigettò la domanda del lavoratore volta a sanzionare ilcomportamento asseritamente mobbizzante della società "in ragione dellacarenza di prova riguardo la dedotta strategia dolosa" e ritenuta, invece,"la prova del demansionamento del lavoratore a partire dal 2006",condannò la Simav Spa al risarcimento del solo danno patrimoniale per un totaledi Euro 40.800,00.

 

Il Tribunale respinse anche larichiesta di risarcimento del danno biologico e del danno esistenziale emorale, avuto riguardo, per il primo, "alla pregiudiziale coperturapubblica apprestata dall'Inail, non evocato in giudizio", e, per ilsecondo, "al connotato proprio di danno differenziale, non adeguatamentededotto dalla parte che non aveva specificato in quale misura l'indennizzoassicurativo garantito dall'Istituto non era in grado di ristorare ilpregiudizio alla sfera relazionale e soggettiva dell'assicurato".

 

2. Interposto gravame da entrambele parti, la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza qui impugnata, harideterminato in complessivi Euro 48.450,00 il risarcimento del dannopatrimoniale dovuto dalla società, confermando per il resto la pronuncia di primogrado.

 

La Corte, conformemente al primogiudice, ha escluso in fatto l'esistenza, allegata dall'attore, "di unamacchinazione dolosa finalizzata all'emarginazione del lavoratore nel proprioambiente di lavoro".

 

Parimenti ha, tuttavia,confermato la "sottoutilizzazione del T.", lasciato in larga parteinoperoso, con la conseguente responsabilità contrattuale del datore di lavoroe l'obbligo a risarcire il danno come innanzi quantificato.

 

Quanto ai motivi di gravame dellavoratore avverso "il diniego delle voci di danno non patrimoniale",la Corte territoriale ha affermato che "la liquidazione dell'indennizzo acarico dell'Inail si configura come una vera e propria condicio iuris delladomanda risarcitoria in difetto della quale il danneggiato non può agire neiconfronti del responsabile civile", mentre nella specie non vi era tracciache il ricorrente avesse avanzato, richiesta all'Istituto.

 

La Corte ha aggiunto che "lalettura del ricorso di primo grado non offre, al di là di una labialepetizione, una compiuta illustrazione ed allegazione dei connotati dispecificità del danno alla persona - configurabili negli aspetti di peculiarepenosità, di durata della malattia, di sofferenze psichiche apprezzabili - cheavrebbero potuto giustificare la richiesta del cd. danno differenziale".

 

3. Per la cassazione di taledecisione ha proposto ricorso il Sig. T., affidando l'impugnazione a quattromotivi; la società ha resistito con controricorso.

 

4. Entrambe le parti hannodepositato memorie.

 

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso possonoessere come di seguito sintetizzati:

 

1.1. con il primo si denuncia laviolazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, e delD.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1 e 3, per avere la Corte territoriale escluso"la possibilità di un'azione diretta nei confronti del datore di lavoroper il ristoro del danno biologico, e comunque dei danni non patrimoniali,conseguenti una malattia psico-somatica, quale è quella per la quale il T. haagito";

 

1.2. col secondo mezzo sidenuncia ancora la violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, unitamente alD.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, sostenendo diffusamente la legittimazionepassiva del datore di lavoro per il risarcimento del danno cd. differenziale;

 

1.3. il T. motivo denuncia la"violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., conriferimento ai testi D. e V.", criticando la sentenza impugnata per avereescluso "la allegata macchinazione dolosa finalizzata all'emarginazionedel lavoratore nel proprio ambiente di lavoro" ed invitando questa Corte acassare la pronuncia impugnata e rinviare ad altro giudice "che proceda aduna nuova organica e complessiva valutazione dei vari elementi probatoriacquisiti";

 

1.4. con l'ultimo motivo si denunciala V.zione dell'art. 2 Cost., e art. 2103 c.c., per avere la sentenza impugnatanegato il "diritto del lavoratore ad essere risarcito dei danni tutti nonpatrimoniali di cui al demansionamento subito".

 

2. Il primo, il secondo e ilquarto motivo, da valutare congiuntamente per la loro reciproca connessione,sono fondati nei sensi espressi dalla motivazione che segue.

 

Preliminarmente deve essererespinta l'eccezione, sollevata dalla controricorrente, di"inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire inconsiderazione della mancata impugnazione del capo di sentenza relativo allamancata allegazione e prova dei danni non patrimoniali asseritamentesubiti", atteso che specificamente nel quarto motivo di ricorso si impugnail passo di sentenza di secondo grado che si riferisce alle allegazioniconcernenti il danno non patrimoniale e si richiama "l'integrale contenutodel ricorso di primo grado, dal cui complessivo contenuto appaiono chiare leallegazioni spese e le domande complessivamente articolate, ricomprendenti larichiesta di risarcimento dei danni tutti non patrimoniali subiti".

 

2.1. In tema di reciprocainterferenza delle regole che presiedono il sistema di assicurazioneobbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali con leazioni di risarcimento del danno promosse dal lavoratore colpito da eventi cagionatidall'espletamento dell'attività lavorativa, sono stati affermati da questaCorte taluni principi che costituiscono oramai ius receptum e vanno quirichiamati e ribaditi.

 

2.1.1. Ai sensi del D.P.R. n.1124 del 1965, art. 10, comma 1, l'assicurazione obbligatoria prevista daldecreto citato esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gliinfortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell'ambito dei rischicoperti dall'assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddovela copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l'esoneronon opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmentedefiniti "complementari", vigono le regole generali del dirittocomune previste in caso di inadempimento contrattuale (principio ribadito daquesta Corte, sulla scorta di Corte Cost. n. 356 del 1991, più volte: Cass. n.1114 del 2002; Cass. n. 16250 del 2003; Cass. n. 8386 del 2006; Cass. n. 10834del 2010; Cass. n. 9166 del 2017).

 

2.1.2. L'esonero del datore dilavoro non opera anche quando ricorre il meccanismo previsto dai commidell'art. 10 citato successivi al primo allorquando venga accertato che i fattida cui deriva l'infortunio o la malattia "costituiscano reato sotto ilprofilo dell'elemento soggettivo e oggettivo" (così Corte Cost. n. 102 del1981), per cui la responsabilità permane "per la parte che eccede leindennità liquidate" dall'INAIL ed il risarcimento "e' dovuto"dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. "differenziale",inteso come quella parte di risarcimento che eccede l'importo dell'indennizzocoperto dall'assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore dilavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d'ufficio;parallelamente il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 11, nella ricorrenza delmedesimo presupposto, consente all'INAIL di agire in regresso nei confronti deldatore di lavoro "per le somme pagate a titolo di indennità" (cfr.Cass. n. 9166 del 2017).

 

2.1.3. E' escluso "che leprestazioni eventualmente erogate dall'INAIL esauriscano di per sé e a prioriil ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato"(principio affermato a partire da Cass. n. 777 del 2015, con molte successiveconformi, tra cui: Cass. n. 13689 del 2015; Cass. n. 3074 del 2016; Cass. n.9112 del 2019).

 

Con la conseguenza che illavoratore potrà richiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno cd."differenziale", allegando in fatto circostanze che possano integraregli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, ed il giudice, accertata in viaincidentale autonoma l'illecito di rilievo penale, potrà liquidare la sommadovuta dal datore, detraendo dal complessivo valore monetario del dannocivilistico, calcolato secondo i criteri comuni, quanto indennizzabiledall'INAIL, con una operazione di scomputo che deve essere effettuata exofficio ed anche se l'Istituto non abbia in concreto provveduto all'indennizzo(Cass. n. 9166 del 2017; successive conformi: Cass. n. 13819 del 2017; Cass. n.20932 del 2018; da ultimo, Cass. n. 22021 del 2022).

 

2.1.4. Il giudice di merito, dopoaver calcolato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di taledanno con l'indennizzo erogato dall'Inail secondo il criterio delle posteomogenee, tenendo presente che detto indennizzo, oltre al danno patrimoniale,ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi checompongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale (Cass. n. 1322 del2015; Cass. n. 20807 del 2016). Pertanto, occorre dapprima distinguere il dannonon patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quotaINAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specificadell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale,dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le vociescluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologicotemporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitaledella sola quota della rendita INAIL destinata a ristorare il danno biologicopermanente (Cass. n. 9112 del 2019; v. pure Cass. n. 8580 del 2019).

 

2.1.5. Tutti i richiamatiprincipi sono stati confermati anche da Cass. n. 12041 del 2020, la quale haaggiunto che la disciplina prevista dal D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11,deve essere interpretata nel senso che l'accertamento incidentale in sedecivile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dallavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd.differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'Inail, deveessere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale,anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale frafatto ed evento dannoso.

 

2.2. Tanto esposto in diritto, lasentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure proposte con imotivi in esame in quanto erra laddove ritiene la liquidazione dell'indennizzoa carico dell'INAIL come condicio iuris per la proposizione della domandarisarcitoria nei confronti del datore di lavoro e, pur ritenendo l'illecitodatoriale rappresentato dal demansionamento inflitto al lavoratore, non procedeall'accertamento e alla liquidazione dei danni non patrimoniali sulla base deiprincipi di diritto innanzi richiamati.

 

2.2.1. Non può neanche esserecondiviso il rilievo della Corte di Appello per il quale il ricorso di primogrado introduttivo del giudizio non avrebbe illustrato ed allegatocompiutamente i "connotati di specificità del danno alla persona cheavrebbero potuto giustificare la richiesta di cd. danno differenziale".

 

In tale rilievo si scorgel'adesione a rigorose opinioni dottrinali, seguite anche da giurisprudenza dimerito, secondo cui la domanda di danno differenziale, ai finidell'accoglimento, dovrebbe contenere non solo una puntuale e formalequalificazione dei fatti in termini di illiceità penale ma anche la specificadeduzione del preteso quantum in termini differenziali rispetto all'indennizzoINAIL, liquidato o liquidabile.

 

Questa Corte ha, invece, statuito(v., in particolare, Cass. n. 9166/2017 cit.) che, ai fini dell'accertamentodel danno differenziale, è sufficiente che siano dedotte in fatto dallavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reatoperseguibile d'ufficio, sottolineando che anche la V.zione delle regole di cuiall'art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea aconcretare la responsabilità penale (Corte Cost. n. 74 del 1981; Cass. n. 1579del 2000). Spetterà poi al giudice il compito di qualificare giuridicamente ifatti e sussumerli nell'alveo della fattispecie penalistica, accertandoautonomamente ed in via incidentale la sussistenza del reato. Inoltre larichiesta del lavoratore di risarcimento dei danni, patrimoniali e non,derivanti dall'inadempimento datoriale, è idonea a fondare un petitum rispettoal quale il giudice dovrà applicare il meccanismo legale previsto dal D.P.R. n.1124 del 1965, art. 10, pur dove non sia specificata la superiorità del dannocivilistico in confronto all'indennizzo, atteso che, rappresentando ildifferenziale normalmente un minus rispetto al danno integrale preteso, non puòessere considerata incompleta al punto da essere rigettata una domanda in cuisi richieda l'intero danno. In proposito è opportuno rammentare lagiurisprudenza di questa Corte che, in materia di azioni di risarcimento deldanno, pone in rilievo non la qualificazione formale ma la natura e lecaratteristiche del pregiudizio stesso (v. Cass. n. 12236 del 2012). Inoltre èstato affermato più volte che la domanda di risarcimento del danno nonpatrimoniale è una domanda di carattere onnicomprensivo e che l'unitarietà deldiritto al risarcimento e la normale non frazionabilità del giudizio diliquidazione comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedereil risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento delconvenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originateda quella condotta; ne consegue che, laddove nell'atto introduttivo sianoindicate specifiche voci di danno, a tale specificazione deve darsi valoremeramente esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei quali si intendaottenere il ristoro, a meno che non si possa ragionevolmente ricavarne lavolontà di escludere dal petitum le voci non menzionate (Cass. n. 22514 del2014; Cass. n. 23147 del 2013; Cass. n. 3718 del 2012; Cass. n. 17879 del 2011;Cass. n. 26505 del 2009).

 

2.2.2. Di recente, rispetto adanaloga pronuncia della medesima Corte palermitana, è stata ritenuta"intrinsecamente contraddittoria, date le premesse poste dalla stessaCorte di merito, la successiva affermazione secondo cui mancherebbero nelladomanda elementi atti a giustificare la richiesta di danno differenziale, in quanto,se neppure si è ritenuto di esaminare, per la preclusione ritenutaingiustificatamente esistente, se fosse liquidabile un indennizzo INAIL ed aquanto sarebbe ammontato e per quali voci, non si vede come si possa poiargomentare sull'assenza, nei danni lamentati da chi agisce, di tratti idonei afondare un quantum differenziale, trattandosi di ragionamento astratto rispettoa fattispecie che postula invece un calcolo in concreto del danno civilistico equindi una detrazione, secondo i parametri propri del settore (criterio dellec.d. poste omogenee: Cass. 2 aprile 2019, n. 9112) delle somme dovute o pagatedall'ente" (in termini: Cass. n. 19182 del 2022).

 

2.3. Una volta sgomberato ilcampo dalla tesi che "la liquidazione dell'indennizzo a carico dell'INAILconfigura una vera e propria condicio iuris" preclusiva, appare opportunoal Collegio, per completezza, evidenziare che, pur essendo stato escluso nelgiudizio di fatto, in entrambi i gradi di merito della presente controversia,l'esistenza "di una macchinazione dolosa finalizzata all'emarginazione dellavoratore nel proprio ambiente di lavoro", nondimeno ciò non elideaffatto la responsabilità del datore di lavoro per i danni alla persona subitidal lavoratore a causa di un inadempimento degli obblighi datoriali, anche atitolo di mera colpa.

 

2.3.1. Come noto, le nozioni dimobbing, così come quella di straining, hanno natura medico-legale e nonrivestono autonoma rilevanza ai fini giuridici; nella sostanza servono soltantoper identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l'art. 2087c.c., e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti dilavoro (cfr. Cass. n. 3291 del 2016; Cass. n. 32257 del 2019).

 

Tuttavia, per comodità di sintesiespressiva, in plurime decisioni di questa Corte si ricorre alla definizione dimobbing lavorativo, di cui, però, analiticamente si indicano i trattiindividualizzanti: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio -illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intentovessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamentesistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoroo di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al poteredirettivo dei primi: b) l'evento lesivo della salute, della personalità o delladignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e ilpregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nellapropria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutoriounificante di tutti i comportamenti lesivi (tra le altre: Cass. n. 28858 del2008; Cass. n. 3785 del 2009; Cass. n. 18927 del 2012; Cass. n. 17698 del 2014;Cass. n. 24029 del 2016; Cass. n. 12437 del 2018; Cass. n. 24883 del 2019; v.anche Corte Cost. n. 359 del 2003).

 

L'elemento qualificante dellafattispecie va ricercato proprio nel soggettivo intento persecutorio cheavvince la pluralità delle condotte pregiudizievoli attuate nei confronti dellavittima, a prescindere dalla legittimità o illegittimità dei singoli atti (cfr.Cass. n. 26684 del 2017), "in quanto la concreta connotazione intenzionalecolora in senso illecito anche condotte altrimenti astrattamentelegittime" (così Cass. n. 16580 del 2022).

 

2.3.2. Anche laddove non siriscontri il carattere della continuità e della pluralità delle azionivessatorie (Cass. n. 18164 del 2018) o le stesse siano comunque limitate nelnumero (Cass. n. 7844 del 2018) può comunque giustificarsi la pretesarisarcitoria ex art. 2087 c.c., nel caso in cui si accerti che le condottedatoriali inadempienti risultino comunque produttive di danno all'integritàpsico-fisica del lavoratore.

 

E' l'ipotesi qualificata anche ingiurisprudenza - con definizione mutuata dalla psicologia - come straining: unaforma attenuata di mobbing, nella quale non si riscontra la continuità delleazioni vessatorie, in quanto la condotta nociva può realizzarsi anche con unaunica azione isolata o, comunque, con più azioni prive di continuità chedeterminino, con efficienza causale, una situazione di stress lavorativo causadi gravi disturbi psico-somatici o anche psico-fisici o psichici (per tutte, v.Cass. n. 3291 del 2016; più di recente v. Cass. n. 2676 del 2021, che ha, però,escluso il cd. straining in presenza di "situazioni di amarezza",causate dal cambio di posizione lavorativa per processi di riorganizzazione eristrutturazione che abbiano coinvolto l'intera azienda, nonché Cass. n. 24339del 2022, che non ha, invece, ravvisato ragioni di responsabilità in un caso didivergenza interpersonale sul luogo di lavoro che non configuri, come tale, unasituazione di nocività dell'ambiente lavorativo).

 

Dal punto di vista processuale,si è più volte precisato che non può considerarsi preclusiva di una valutazionedella condotta come straining la prospettazione, nel ricorso di primo grado, ditale condotta come mobbing, non sussistendo alcuna novità della questione,trattandosi soltanto di adoperare differenti qualificazioni di tipomedico-legale (in tali sensi le già citate Cass. n. 3291/2016; Cass. n.7844/2018; Cass. n. 18164/2018).

 

2.3.3. Può aggiungersi che, avutoriguardo ai rischi collegati allo stress lavoro-correlato che il datore di lavoroè tenuto a prevenire, vi è quale paramento normativo, fonte di un obbligo cherappresenta ulteriore specificazione del più generale canone presidiatodall'art. 2087 c.c., l'art. 28 del T.U. n. 81 del 9 aprile 2008, in base alquale è compito del datore di lavoro la valutazione di "tutti i rischi perla sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppidi lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allostress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'Accordo Europeo dell'8ottobre 2004 (..1". Accordo sottoscritto dalle parti sociali a livellocomunitario sullo "stress da lavoro", definito come uno "stato,che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali"che, in caso di "esposizione prolungata", può "causare problemidi salute" (par. 3) e che, pertanto, investe la "responsabilità deidatori di lavoro (...) obbligati per legge a tutelare la sicurezza e la salutedei lavoratori" (par. 5).

 

2.3.4. In questa prospettiva di progressivarilevanza della dimensione organizzativa quale fattore di rischio per la salutedei lavoratori si alimenta l'obbligazione di sicurezza gravante sul datore dilavoro.

 

Nei più recenti arresti di questaCorte, si è evidenziato che, al di là delle denominazioni, lungo la falsarigadella responsabilità dolosa o anche colposa del datore di lavoro cheindebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva dellasalute secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c., è comunque configurabilela responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento - imputabileanche solo per colpa - che si ponga in nesso causale con un danno alla salute eciò secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori conseguenti aresponsabilità contrattuale (artt. 1218 e 1223 c.c.); si resta invece al difuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualitàintrinsecamente ed inevitabilmente usurante della ordinaria prestazionelavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi diqualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili (in termini, Cass.n. 15159 del 2019; Cass. n. 16580 del 2022).

 

2.3.5. Pertanto, alla stregua ditutte le argomentazioni esposte, nella controversia che ci occupa, anche dopoche è stata esclusa una "macchinazione dolosa" nei confronti del Sig.T., essendo stato, invece, acclarato che il lavoratore versava "incondizioni di sostanziale inoperosità", con progressivo"svuotamento" delle mansioni affidate, il giudice del rinvio dovràaccertare se da tale condotta del datore di lavoro, anche se colposa, sianocausalmente derivati danni alla persona del lavoratore a contenuto nonpatrimoniale e provvedere alla loro liquidazione.

 

3. Accolti i motivi soprascrutinati, deve, invece, essere dichiarato inammissibile il T. mezzo, inquanto propone chiaramente una diversa valutazione delle testimonianzeesplicitamente evocate a sostegno della censura, proponendo un sindacato cheesorbita dai poteri concessi a questa Corte di legittimità (da ultimo, semprenel campo del risarcimento dei danni asseritamente subiti a cause di condottevessatorie e persecutorie patite dal lavoratore, v. Cass. n. 27813 del 2021).

 

4. Conclusivamente, dichiaratoinammissibile il T. motivo di ricorso, vanno accolti il primo, il secondo e ilquarto nei sensi espressi dalla presente motivazione, con cassazione dellasentenza impugnata in relazione alle censure ritenute fondate e rinvio algiudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito eprovvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.

 

PQM

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, ilsecondo e il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il T., cassa lasentenza impugnata in relazione alle censure ritenute fondate e rinvia allaCorte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.

 

Così deciso in Roma, nella Cameradi Consiglio, il 21 settembre 2022.

 

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2022

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