Omicidio colposo del lavoratore travolto da un pannello mentre usa il carroponte

Tribunale di Trento Sezione Penale Sentenza 22/10/2021 n 611 Giudice Dott.ssa Greta Mancini
Viola l'art. 2087 cc il datore di lavoro che lascia da solo il lavoratore nello svolgimento di attività pericolose
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Tribunale di Trento Sezione Penale Sentenza 22/10/2021 n 611 Giudice Dott.ssa Greta Mancini

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli imputati, tutti difesi di fiducia, sono stati tratti a giudizio a seguito di decreto ex art. 429 c.p.p., ritualmente notificato, per rispondere del reato ad essi ascritto.

Intervenuta già all’udienza preliminare costituzione di parte civile ad opera di Omissis (rispettivamente padre, sorella, madre e nonna materna di Omissis) e Fillea C.g.i.l. Trentino, alla fissata udienza del 13/02/2019, è intervenuta revoca della costituzione di PC per Omissis e costituzione di PC da parte di Amnil Onlus; in tale udienza, rigettata la richiesta di esclusione della PC Amnil Onlus ed aperto il dibattimento, il Giudice ha invitato le parti ad avanzare le rispettive istanze istruttorie, con ammissione delle prove orali richieste ed acquisizione di documentazione varia. L’istruttoria dibattimentale è stata svolta nel corso delle successive udienze del 04/06/2019, del 24/07/2019, del 05/02/2020, e del 26/02/21, fissata a seguito di rinvio, in applicazione delle disposizioni dettate per l’emergenza sanitaria da Covid-19 delle udienze 01/04/2020, 24/06/2020 e 26/01/2021; quindi, esaurita l’istruttoria, all’udienza del 22/10/2021, dopo la discussione, le parti hanno formulato le conclusioni verbalizzate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’esito dell’istruttoria, ad avviso del Tribunale, consente di ritenere pienamente suffragata l’ipotesi accusatoria formulata a carico degli imputati Omissis, laddove, per contro, a parere del Tribunale, si impone pronuncia assolutoria nei confronti di Omissis, per non avere lo stesso rivestito la qualifica di datore di lavoro attribuitagli nell’imputazione, che va invece riconosciuta in capo al (solo) Omissis.

È anzitutto necessario ripercorrere, sia pure in sintesi, gli esiti della lunga e complessa istruttoria svolta.

Il teste Merler, ispettore del lavoro dell’Uopsal di Trento, ha premesso che il sopralluogo nell’immediatezza del fatto venne svolto dal collega Zeni, il quale provvide a documentare la situazione e lo stato dei luoghi rinvenuti attraverso numerose fotografie, così come del resto fecero anche i Carabinieri di Borgo Valsugana, anch’essi intervenuti sul luogo di lavoro poco dopo l’infortunio occorso al Omissis. Con l’ausilio dell’album fotografico contenente le fotografie scattate nella notte tra il 24 ed il 25 novembre 2016 (f. D8-D22), il teste ha descritto lo scenario che aveva trovato una volta giunto sul luogo dell’infortunio la mattina del giorno successivo. In particolare, con riferimento al centro taglio in cui lavorava Omissis, ha dichiarato di aver trovato una serie di pannelli depositati per terra che ingombravano la via di circolazione; tra di essi c’erano anche i due pannelli, identificati con i nn. 968 e 96903, che avevano schiacciato il Omissis; altri due pannelli (n. 110 e 120) erano ancora appesi al carroponte ed erano quelli movimentati dal lavoratore nel momento in cui rimase infortunato. Inoltre, rinvenne dei pali di colore rosso, la cui funzione è, una volta incastrati negli appositi buchi presenti nel pavimento, quella di creare apposite “slot” all’interno delle quali avrebbero dovuto essere depositati i pannelli prodotti, in modo tale da contenerli ed evitare che questi potessero cadere; i pali rinvenuti, tuttavia, non erano infissi negli appositi fori, bensì appoggiati al muro. Infatti, i fori in cui dovevano essere inseriti i pali rossi, anziché essere liberi, erano pieni di segatura, la quale di fatto impediva l’inserimento dei pali. Il teste ha specificato, inoltre, che i pannelli rinvenuti depositati per terra nella zona del centro taglio avevano uno spessore di circa 20 cm ciascuno e, poiché la zona di deposito del centro taglio ha un interasse lungo un metro, avrebbero ivi potuto essere regolarmente depositati tra i 4 e i 5 pannelli al massimo; tuttavia, come emerge chiaramente dalle fotografie in atti, in quella zona di deposito vi erano 13 pannelli, appoggiati l’uno all’altro, di modo che parte di essi fuoriusciva dalla zona di deposito ed ingombrava completamente il camminamento. Su specifiche domande, il teste ha affermato che ogni pannello ha un codice identificativo attraverso il quale è possibile risalire all’orario di produzione: si accertò che i pannelli in oggetto (nn.968 e 96903), che collassarono addosso a Omissis schiacciandolo, erano stati prodotti il 23 novembre (il giorno prima dell’accaduto) alle ore 23.02, mentre i due pannelli immediatamente dietro di essi erano stati prodotti alle 21.51 di quella stessa sera. Dunque, ha sottolineato che quando il Omissis il giorno dell’infortunio aveva iniziato il suo turno lavorativo (ore 15-24), i pannelli si trovavano già lì dal giorno prima. Inoltre, ha aggiunto di essere ritornato in azienda in altra occasione, ossia allorché vi si recò per i propri accertamenti il C.T.P. Gonnella; in tale circostanza l’isp. Merler rilevò personalmente che i due pannelli caduti addosso al lavoratore presentavano dei segni causati da un urto e segnatamente dall’urto con i due pannelli appesi al carroponte, che anch’essi presentavano segni d’urto. Rispondendo a specifiche domande riguardo alla manovra di sollevamento dei pannelli, il teste ha ricordato che in azienda venivano prodotte due macro tipologie di pannelli, che comportavano operazioni differenti per il sollevamento: una tipologia veniva prodotta ad origine con due fori passanti, creati attraverso l’automazione industriale, all’interno dei quali venivano messe delle fasce per movimentarli; l’altra tipologia, cui appartengono i pannelli che vengono in rilievo nel caso di specie, è caratterizzata invece da pannelli “pieni”, che nascono cioè dal ciclo di produzione industriale privi di alcun foro. In quest’ultimo caso, non essendoci alcun foro predisposto, per il sollevamento del pannello e per l’ancoraggio alla gru a ponte, ci si serviva del sistema Rothoblaas implicante l’inserimento nello spessore del pannello di una vite, che doveva essere posizionata direttamente dal lavoratore sulla base della sua esperienza. Nel caso specifico ciò che si rilevò è che i pannelli uscivano dalla macchina sulla rulliera orizzontali e, in fase di sollevamento, dovevano passare da quella posizione, orizzontale, a quella verticale laddove la vite utilizzata nel sistema di sollevamento non era idonea, in quanto progettata per sollevare carichi verticali e non orizzontali. Il teste ha evidenziato che questo era un problema che non presentavano i panelli forati in quanto, nel sistema si sollevamento, era previsto l’uso di due fasce a supporto, che rendevano l’operazione oggettivamente più sicura. Gli unici strumenti che il Omissis quel giorno aveva a disposizione erano, dunque, le viti, il sistema di sollevamento marca Rothoblaas ed un avvitatore per inserire le viti nei pannelli (f. D15). Vicino all’avvitatore, come si può notare dalla foto D15, vennero rinvenute delle tracce di sangue, e così pure sulla navetta Dalso, contro la quale il giovane rimase schiacciato, nonché su uno dei due pannelli depositati a terra e collassati; attraverso le tracce si poté determinare l’esatta posizione del lavoratore al momento dell’impatto con i pannelli di legno che collassarono. Per di più, dato il punto in cui venne colpito il Omissis il quale riportò una frattura dell’omero destro essendo stato colpito dai pannelli sul lato sinistro, ed alla luce delle ulteriori lesioni riscontrate dal medico legale, fu possibile dedurre che lo stesso in quel momento fosse girato a guardare il carico che stava movimentando attraverso la gru a ponte. Proseguendo nella ricostruzione, il teste ha precisato che il Omissis il giorno del fatto svolgeva un turno di lavoro dalle ore 15 alle ore 24, quindi comprensivo anche di orario notturno, e che quella notte, oltre a lui, in azienda c’erano altri due lavoratori, lo Omissis ossia colui il quale chiamò i soccorsi, e il Omissis durante l’orario notturno non vi era alcun responsabile, alcun preposto né un addetto al primo soccorso. Con riferimento alla gru a ponte utilizzata dal  Omissis il teste ha dichiarato che si trattava di una gru usata, acquistata in precedenza dall’azienda Trentino Legno di Storo, per poi essere successivamente modificata (modifica consistita nell’aver accorciato le luci delle travi) per adattarla alle vie di corsa del capannone della Omissis A seguito di quest’operazione, però, vennero omesse le verifiche periodiche obbligatorie per 5 anni (dal 2012) in quanto convinti che l’intervento avesse comportato una modifica sostanziale e che fosse necessario ottenere una nuova omologazione dall’Inail (prima Ente dell’Ispesl). L’ Inail, però, comunicò che quella non era una modifica sostanziale e non comportava una nuova marcatura e che quindi la matricola rimaneva la stessa (matricola di fabbrica n.7705, matricola dell’istituto della sicurezza sul lavoro che l’ha collaudata n.200183/97/TN); era, invece, necessaria una verifica periodica certificata in apposito verbale che, però, non venne trovato. Per questa ragione venne prescritto anche di effettuare le verifiche necessarie e, una volta effettuate, venne dichiarata la regolarità della gru, che fu quindi restituita all’avente diritto. Riguardo alla rulliera “Dalso” il teste ha affermato che la stessa presentava due particolarità. In primis presentava un rullo deformato permanentemente, tant’è che venne sostituito, in quanto completamente sfondato in un punto, verosimilmente perché in precedenza un carico era caduto abbattendosi sulla rulliera. In secundis, attraverso l’esame del manuale della rulliera emerse che il costruttore l’aveva progettata per essere fissata a terra, mentre nel caso di specie la rulliera era traslante. Difatti venne prescritto un adeguamento con conseguente integrazione del manuale. Con riferimento alle attività svolte, l’Ispettore ha precisato che il collega Zeni, intervenuto nell’immediatezza dei fatti, provvede a far spostare alcuni pannelli che ingombravano il passaggio nella zona delle slot, in maniera tale da mettere in sicurezza il sito e la gru a ponte, invece, venne portata a fine corsa. Il Merler, invece, intervenne in un momento successivo, ossia la mattina del 25 novembre, acclarando che il deposito era nelle slot posizionate nella zona oltre il centro taglio. Con riferimento alla formazione dei lavoratori, il teste ha riferito che sono due gli aspetti che vengono in rilievo: l’utilizzo in sé della gru e la movimentazione dei pannelli. Nello specifico, dagli accertamenti compiuti non venne rinvenuta né acquisita documentazione formale relativa alla formazione dei vari operai e, quindi, venne prescritto l’obbligo di seguire appositi corsi di formazione. Con riferimento al posizionamento delle viti sui pannelli, il teste ha dichiarato che solamente nel centro taglio venne rinvenuto un cartellone che faceva riferimento alle viti, ma in esso non veniva spiegata la procedura di posizionamento, bensì unicamente le caratteristiche tecniche delle viti. Dunque non vi erano istruzioni deputate a spiegare la procedura per effettuare i fori ed inserire le viti nei pannelli pieni da sollevare ma, al contrario, era il lavoratore che, in totale autonomia, vi provvedeva. L’Ispettore ha altresì riferito che neppure nel DVR era prevista e disciplinata la specifica procedura deputata al sollevamento di siffatti pannelli, in quanto nel DVR era bensì contemplata una procedura di movimentazione, ma che riguardava specificamente la collocazione nelle slot; mancava, invece, la disciplina della procedura specifica per apporre correttamente le viti di ancoraggio sui pannelli “pieni” e per sollevare detti pannelli portandoli dalla posizione orizzontale, con cui uscivano dal centro taglio sulla rulliera Dalso, alla posizione verticale e dunque la valutazione del rischio specifico connesso a siffatta movimentazione del pannello che, in quanto ancorato in un solo punto, innesca un movimento rotatorio. Passando alla disamina della figura del datore di lavoro, il teste ha dichiarato di aver individuato, in materia di sicurezza, due soggetti garanti. Il primo, Omissis che egli ha ritenuto di individuare come datore di lavoro delegante, al quale venne dunque contestata la mancata valutazione del rischio specifico nel DVR vigente con esclusivo riferimento al centro taglio. Il secondo, Omissis, amministratore delegato, al quale venne in sintesi contestata la mancata vigilanza sull’operato dei lavoratori del centro taglio e, nello specifico, di non avere verificato che gli stessi utilizzassero sempre i pali rossi che servivano a contenere i pannelli nel caso in cui ricevessero degli urti e di non averne imposto l’impiego e di avere, invece, consentito che i pannelli venissero depositati anche fuori delle slot fino ad occupare la via di circolazione che corre lungo la rulliera, e l’organizzazione del lavoro, ove non era garantita in orario notturno la presenza del primo soccorso e degli addetti antincendio, come tra l’altro previsto dal DVR; ed infatti, richiamandosi alla descrizione del luogo dell’incidente, il teste ha ricordato che la via di circolazione era ingombrata da pannelli strutturali (f. D14) almeno dall’inizio del turno di lavoro del Omissis Il teste ha precisato che Omissis sarebbe stato delegato in materia di sicurezza sul lavoro dal fratello Omissis, presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante, e che, purtuttavia, sarebbero stati delegati tutti gli adempimenti del datore di lavoro, laddove a norma dell’art. 16 del T.U. 81/08 ciò non poteva avvenire in relazione alla valutazione dei rischi e alla nomina dell’RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione), in quanto obblighi non delegabili dal datore di lavoro. Risulterebbe, quindi, esservi una difformità dal momento che era stato lo stesso Omissis ad aver firmato il DVR e ad aver nominato l’RSPP, laddove invece a tali adempimenti avrebbe dovuto provvedere Paterno Domiziano. Su specifica domanda dell’accusa, il teste ha dichiarato che Saia, invece, è un consulente esterno dell’azienda che venne nominato da Paterno Franco come responsabile del servizio di prevenzione e protezione. In particolare, al Saia venne contestato di non aver provveduto alla valutazione dello specifico rischio connesso al sollevamento ed alla movimentazione dei pannelli tramite la gru a ponte mediante il sistema a vite nonché un ulteriore profilo connesso alla idoneità dei pali rossi impiegati in azienda a sostenere i pannelli ivi prodotti. Con riferimento all’orario di lavoro del , Omissis il teste ha riportato che al tempo l’orario era variabile e che l’azienda provvedeva a fare diversi turni. In quel periodo, caratterizzato da un picco di produzione, infatti, c’erano due turni “prolungati”, ciascuno con un’ora di straordinario, 6-15 e 15-24 (il Omissis il giorno dell’evento seguiva quest’ultimo) mentre in altri periodi caratterizzati da picchi di produzione erano previsti tre turni, 6-14, 14-22, 22-6. Su specifica domanda della difesa CGIL Fillea, il teste ha dichiarato che da contratto i lavoratori non facevano alcuna pausa e questo lo si evince dal riconoscimento, direttamente dall’azienda, di un’indennità. Inoltre, l’orario di lavoro che seguiva il Omissis sia il giorno del tragico evento sia nei giorni precedenti, era 15-24 ed è risultato che lo stesso aveva fatto nel mese di novembre 4 ore di straordinario, nel mese di ottobre 22 ore di straordinario e nel mese di settembre 10 ore di straordinario. Infine, ha dichiarato che nel momento dell’incidente vi erano solamente tre lavoratori e che non è risultato che gli stessi avessero ricevuto indicazioni su come comportarsi nei casi d’emergenza. Su domanda della difesa di parte civile Omissis il teste ha evidenziato che i pannelli che ingombravano la via di circolazione dove lavorava il  Omissis ostruivano anche i fori predisposti all’allocazione dei pali rossi (f. D14). Su specifica domanda, il teste ha affermato che la produzione dei pannelli avveniva tramite una serie di input informatici che venivano dati alle macchine che provvedevano al taglio e che non era possibile che la macchina potesse creare delle malformazioni o degli ammaccamenti come quelli rinvenuti sui due pannelli crollati addosso al Omissis trattandosi di prodotti finiti che dovevano essere consegnati in perfette condizioni al cliente. Ha specificato, altresì, che gli altri pannelli presenti, che non erano stati urtati, non presentavano alcun tipo di malformazione, evidenziando, dunque, che i pannelli caduti addosso al  Omissis presentavano quel tipo di deformazione a seguito di un urto e non per un problema di produzione. Ha confermato di aver esaminato alcune viti Rothoblaas deformate permanentemente, e che sulla navetta Dalso vi era un rullo deformato, specificando, peraltro, che questa deformazione non poteva essere correlata causalmente all’infortunio, dato che era precedente a questo. Su domanda specifica riguardo al controllo della gru a ponte, il teste ha riferito che la stessa veniva telecomandata a distanza e che, una volta premuto il pulsante sul telecomando, la macchina lavorava ma, nel momento in cui non si premeva più il pulsante, la macchina si arrestava. Dunque, non vi era un moto di avanzamento autonomo del macchinario, il quale operava esclusivamente a seguito di un azione mantenuta. Era pertanto verosimile ritenere che il momento in cui il Omissis era stato schiacciato dai pannelli coincidesse con il momento in cui il telecomando era caduto per terra. Su domanda specifica della difesa Omissis, il teste ha specificato che la  Omissis è una S.r.l. governata da un consiglio di amministrazione (CdA), i cui amministratori erano i tre fratelli Omissis. Omissis era il Presidente del CdA ed amministratore delegato e gli altri due fratelli erano amministratori delegati. Inoltre, ha specificato che il giorno in cui era arrivato in azienda (25 novembre 2016), i pannelli che stava movimentando il Omissis erano ancora appesi alla gru a ponte, dunque la vite reggeva perché il carico non era caduto.

Il teste  Omissis ha premesso di lavorare presso la  Omissis con un contratto a tempo indeterminato con mansione di operaio addetto alla produzione. Tra le varie mansioni vi era anche quella di provvedere alla pulizia del capannone, in particolare spazzare per terra la segatura in eccesso. Il 24 novembre 2016, giorno in cui si verificò l’infortunio che coinvolse il  il Omissis teste ha affermato che, durante il proprio turno lavorativo (22-6), in cui stava svolgendo le pulizie, sentì delle urla che dicevano: “aiuto, aiuto, aiuto”. Dirigendosi verso queste, in fondo al capannone, trovò il Omissis schiacciato dai pannelli contro la rulliera Dalso. A questo punto il Omissis corse a chiedere aiuto al loro collega, lo  Omissis Quest’ultimo andò a prendere un muletto con cui riuscì a sollevare i pannelli che schiacciavano il Omissis in maniera tale da poterlo prendere e spostare fino alla porta d’emergenza. Quindi, Omissis chiamò il 118. Il teste ha specificato, inoltre, che durante l’orario notturno di lavoro non c’era nessun addetto al soccorso degli operai né tantomeno il proprio datore di lavoro specificando, appunto, che durante la notte lavoravano da soli. Ha indicato il proprio datore di lavoro nella persona di Paterno Franco. Su domanda specifica della difesa di parte civile  Omissis (avv. Bertolini), il teste ha affermato che non aveva durante lo svolgimento della sua attività una visuale diretta sul  Omissis e che, quindi, udì esclusivamente una richiesta d’aiuto. Una volta arrivato sul luogo, capì che la persona che stava chiedendo aiuto era Omissis. Ha specificato che durante il proprio turno di lavoro, tra le varie cose, provvedeva a pulire la segatura dentro il capannone e nel posto in cui lavorava il Omissis non c’era molta segatura. Ha evidenziato, inoltre, che nel raggiungere il proprio collega aveva incontrato delle difficoltà a causa della presenza dei pannelli lungo il camminamento che erano caduti addosso al  Omissis Su specifica domanda, il teste ha sottolineato che i pali rossi per contenere i pannelli una volta tagliati non venivano più fissati per terra da circa 2 o 3 mesi. Prima dell’incidente i pannelli, peraltro, venivano depositati verticalmente laddove, invece, successivamente all’infortunio, incominciarono a depositarli orizzontalmente (a “materasso”). Ha evidenziato che su di un cartellone attaccato al muro, era indicato il divieto di posizionare i pannelli uno sopra l’altro per più di 1,20m e che, purtuttavia, questo limite non veniva rispettato ed anzi i pannelli venivano messi uno sopra l’altro fino ad arrivare all’incirca a 3, 4 metri d’altezza. Su domanda della difesa di parte civile Omissis, il teste ha specificato che Omissis, fino a quando chiese aiuto, era evidentemente cosciente, mentre, una volta liberato dalla morsa dei pannelli, perse subito conoscenza e rimase svenuto fino all’arrivo dell’ambulanza. Rispondendo ad altre domane, il teste ha affermato che si era lamentato più volte in ordine alle condizioni di lavoro, parlando dapprima con tale Tomas, che aveva lavorato presso la Omissis per un anno, poi con Omissis delle condizioni di lavoro e della sicurezza sul posto di lavoro e, a seguito di queste lamentele, era stato minacciato di esser licenziato e di avere ricevuto la proposta di due buste paga per lasciare il lavoro. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea ha dichiarato che la sera dell’incidente, prima di soccorrere il Omissis egli si trovava nella zona dove c’era il macchinario Fingher al quale lavorava Omissis. La zona in cui si trovava questo macchinario e il centro taglio, dove lavorava il Omissis rappresentano rispettivamente i poli opposti del capannone, per cui era impossibile dal punto in cui egli si trovava avere una visuale diretta su Omissis Ha ancora dichiarato di non aver ricevuto alcuna indicazione dal proprio datore di lavoro sul comportamento da tenere in caso di emergenza e, inoltre, di non aver avuto dall’azienda nessun dispositivo elettronico che segnalasse quando qualcuno era caduto a terra. Ha affermato, infine, che l’azienda dava in dotazione guanti e cuffie per i lavoratori. Su domanda specifica della difesa , il teste ha chiarito che per liberare il Omissis dai pannelli collassati vennero portati in verticale col muletto, ma non alzati da terra.

Il teste Omissis ha dichiarato di essere dipendente della  Omissis prima con contratto a tempo determinato, nel periodo cui risale l’infortunio, e da due anni con contratto a tempo indeterminato. Con riferimento alla sera in cui rimase ucciso il   Omissis  il teste ha riferito di aver iniziato il proprio turno di lavoro alle 22 e che, in quel momento, insieme a lui in fabbrica c’erano solamente altri due lavoratori, Omissis Mentre egli lavorava alla linea 1 con il macchinario Fingher dove venivano fatte le giunte delle tavole, sentì delle urla e realizzò che era il  Omissis che lo chiamava preoccupato. A questo punto, seguì il collega e, arrivato al centro taglio, vide il  Omissis schiacciato dai pannelli addosso alla rulliera. Quindi, il teste ha riferito di esser andato a prendere un muletto attraverso il quale alzò i pannelli che schiacciavano il Omissis il quale, una volta liberato, svenne cadendo a terra. A questo punto chiamò il 118 e cercò di spiegare ai soccorritori come arrivare in azienda e successivamente avvisò dell’accaduto il responsabile  Omissis Inoltre, una volta arrivati i Carabinieri, raccontò a questi cosa fosse successo. Su domanda dell’accusa ha specificato di non aver visto il momento il cui il collega  Omissis afferrava e spostava il  Omissis in quanto, una volta sollevati i panelli, si era subito occupato di chiamare il 118 ed era impegnato nel dare all’operatore sanitario le indicazioni per raggiungere il posto. Ha sottolineato, inoltre, che durante l’orario notturno non c’era nessuno che sorvegliasse il lavoro degli operai e che erano solamente in tre la notte dell’incidente. Oltre a ciò, ha affermato di aver fatto, all’incirca un mese prima della deposizione, dei corsi di formazione sulla sicurezza e su come utilizzare il muletto (quest’ultimo in una sala dell’Eurobrico). Su domanda specifica della difesa di parte civile Omissis   , il teste ha sottolineato che nel momento in cui vide il Omissis schiacciato dai pannelli addosso alla rulliera, andò di corsa a prendere un muletto che, però, non riuscì ad utilizzare in quanto aveva un cassettone sulle forche. A questo punto, prese un altro muletto libero col quale, però, dirigendosi verso il  Omissis, urtò, probabilmente con la ruota, un pannello che ostruiva la strada, ma questo non era caduto perché inserito all’interno di alcuni pali rossi. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha evidenziato di non aver sentito né il  Omissis urlare né il richiamo del collega Laghlami, perché indossava le cuffie da lavoro, e di essersi mosso solo quanto aveva visto sopraggiungere il collega che lo chiamava e che, inoltre, anch’egli non aveva una visuale diretta sul centro taglio e che quindi non vedeva, dalla propria postazione di lavoro (Linea 1), il Omissis

Il teste Omissis  ha dichiarato di lavorare per la Omissis da agosto 2015 con la mansione di operaio e di operare in particolare sulla linea 2, come addetto alla pialla, collocata all’incirca a 50 metri dal centro taglio ove lavorava  Omissis Ha affermato di aver visto alcuni pannelli alloggiati all’interno delle slot delimitate dai pali rossi, ma anche altri, invece, collocati fuori dell’area ove vi sono le slot, da lui reputati degli scarti di produzione. Ha sottolineato, inoltre, che non gli era noto chi ordinava di mettere i pannelli al di fuori degli slot e di aver seguito un corso di formazione generale sulla sicurezza, probabilmente nel 2015 o nella primavera del 2016. Ha affermato, infine, che il suo datore di lavoro all’epoca dell’incidente era  Omissis

Il teste  Omissis ha dichiarato di lavorare presso la  Omissis dal 2012, quale addetto al controllo qualità prima e responsabile della manutenzione poi. Su domanda circa l’organizzazione dell’orario notturno, il teste ha riferito che, normalmente, c’erano due turni di lavoro e che il turno di notte lo si faceva solo se vi era esigenza (ad esempio per continuare il lavoro che non si era riusciti a completare durante il giorno oppure per lavorare sulla linea 1 e preparare il materiale per il giorno dopo). Ha specificato che, generalmente, se lavorava una macchina, c’erano solo due persone, l’addetto alla macchina e chi gli preparava il materiale. Anch’egli ha indicato il proprio datore di lavoro in Omissis  Su domanda specifica della difesa Omissis , il teste ha dichiarato che la macchina utilizzata dal Omissis era una macchina particolare e di non esser mai intervenuto nelle riparazioni di quel macchinario perché vi provvedeva il costruttore, l’Unitin, in quanto era necessario l’utilizzo di attrezzature specifiche e di giuste competenze. Con riferimento ai carriponte, invece, ha affermato che gli stessi venivano manutentati ordinariamente da parte di una ditta esterna, la Ust, e che la manutenzione veniva fatta ogni 4/6 mesi. Circa il funzionamento del macchinario utilizzato dal Omissis , il teste ha affermato che si trattava di una macchina automatizzata. In pratica l’operatore inseriva all’interno un disegno con le varie lavorazioni da fare e la macchina gestiva in totale autonomia l’intero processo. Una volta conclusosi, il pannello che era stato tagliato veniva espulso sulla navetta Dalso; a questo punto l’operatore agganciava il pannello al carroponte per sollevarlo e spostarlo nella zona di deposito. Dunque, la parte del taglio veniva gestita in maniera del tutto computerizzata mentre la parte manuale consisteva nell’agganciare e sollevare il pannello che, una volta tagliato, si veniva a trovare sulla navetta. Il teste ha specificato che il tempo di lavorazione, a seconda del numero di tagli che dovevano esser fatti sul pannello, era di circa 30/45 minuti. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha chiarito che il suo era un lavoro a chiamata e quindi non si trova costantemente al capannone a controllare le macchine; solamente nel caso in cui un macchinario si rompesse, ad esempio, era possibile che si trovasse in sede per più tempo.

Il teste  Omissis ha dichiarato di lavorare per la XLam sin dal 2012 come operaio addetto alla linea 1, in particolare alla pialla per la produzione delle tavole lunghe. Ha specificato che la sua postazione, in linea d’aria, è lontana dalla navetta Dalso del centro taglio circa 25 metri e di non avere una visuale diretta sulla stessa. Inoltre, ha significato che il 24 novembre 2016 aveva lavorato di mattina fino alle ore 14. Su specifica domanda dell’accusa ha affermato di aver fatto alcuni corsi di formazione, di primo soccorso e di sollevamento, tenutisi nell’ottobre/novembre del 2017, quindi un anno dopo l’incidente che coinvolse il   Omissis Ha dichiarato che all’epoca dei fatti il proprio datore di lavoro era Omissis  Su domanda specifica della difesa di parte civile Omissis il teste ha affermato che durante l’anno c’erano periodi più intensi di lavoro e dei periodi più tranquilli e che, nonostante questo, la sua modalità di svolgimento del lavoro rimaneva sempre la stessa.

Il teste Omissis ha dichiarato di avere lavorato alla   Omissis solamente per 3 mesi dal novembre 2016 con la mansione di caricare i pannelli sui camion. Ha sottolineato che, per quanto a sua memoria, i pannelli venivano inseriti all’interno degli slot delimitati dai pali rossi e che i pannelli caduti rovinosamente addosso al Omissis erano invece depositati al fianco della rulliera, quindi fuori dagli slot. Ha affermato di aver visto per tutto il capannone questi slot delimitati dai pali rossi, all’interno dei quali venivano allocati i pannelli una volta finiti e, quando i vari slot erano tutti pieni, i pannelli venivano posti temporaneamente lungo il muro in attesa che uno slot venisse liberato. Questo capitava in particolare per i pannelli di grandi dimensioni, che non tutti i box erano in grado di contenere. Inoltre, ha affermato di non aver ricevuto alcuna direttiva su dove posizionare i pannelli una volta che tutti gli slot erano pieni; quindi era a discrezione dei lavoratori la scelta di dove posizionarli in attesa che uno slot venisse liberato; capitò di chiedere al capo turno cosa andasse fatto e la risposta fu: “bè, intanto appoggiali lì, svuota i box e poi li mettiamo dentro il box”.  Ha affermato che quei tre mesi in cui lavorò presso la Omissis coincidevano con un periodo particolarmente intenso per il carico di lavoro che c’era, ragion per cui il fatto di mettere i pannelli dov’era possibile quando tutti gli slot erano pieni era una prassi accettata e che comunque era una cosa del tutto provvisoria. Su domanda specifica dell’accusa, ha dichiarato che insieme a lui c’era un’altra persona a caricare i camion, Omissis Ha affermato di avere utilizzato il carroponte per caricare i pannelli e di non aver purtuttavia mai fatto alcun corso al riguardo ma che le modalità di impiego gli erano state insegnate dallo stesso Omissis  al quale era stato affiancato per un periodo prima di cominciare a lavorare da solo.  Anch’egli ha indicato il proprio datore di lavoro in  . Omissis Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, ha affermato di non lavorare alla XLam da anni e di non essere a conoscenza di alcun provvedimento disciplinare ricevuto dai suoi colleghi. Su domanda della difesa Omissis il teste ha chiarito di non ricordare se il giorno dell’infortunio del Omissis avesse staccato alle 18 o alle 20 ed ha affermato che si trattava di un giorno di lavoro come tutti gli altri. Ancora, ha affermato che in azienda, in ogni zona di lavoro, tutti gli operai si lamentavano del sistema di lavoro. Su domanda della difesa Omissis, il teste ha spiegato che la zona di carico si trova all’inizio del capannone e per andare a prendere i pannelli da caricare si andava fino al centro taglio, nelle varie slot, e per questo motivo vedeva il  Omissis più volte nella stessa giornata di lavoro. In particolare, quest’ultimo si trovava nella postazione del computer per far funzionare il macchinario. Infine, ha evidenziato di non sapere a cosa stesse lavorando il collega in quanto era focalizzato nel prendere i pannelli già finiti che si trovavano all’interno degli slot. Su domanda specifica della difesa, il teste ha chiarito che il macchinario utilizzato dal Omissis aveva una rulliera all’inizio dove venivano caricati i pannelli grezzi: la rulliera portava avanti il pannello fino ad un certo punto della macchina, l’operatore indicava alla macchina cosa fare e la macchina compiva le varie lavorazioni sul pannello. Una volta finito, la macchina si fermava ed il pannello usciva sul lato posteriore della rulliera; quindi, il pannello veniva preso con l’ausilio del carroponte, agganciato e portato all’interno dei vari slot. Ha evidenziato, inoltre, che, quando egli lo vedeva, il Omissis si trovava in prossimità della fine della rulliera, dove veniva caricato il pannello grezzo, dove c’era una postazione protetta da un pilastro da cui si comandava il macchinario. Infine, ha affermato di aver visto svariate volte gli operai del centro taglio provvedere ad effettuare il foro dove mettere la vite ed alzare i pannelli che, in quell’occasione, erano posizionati orizzontalmente sulla rulliera.

Il teste Omissis  ha dichiarato di lavorare presso la  Omissis dal 2013 con contratto a tempo indeterminato e di occuparsi del carico dei pannelli e di sapere che chi lavorava al centro taglio, come  Omissis metteva i pannelli all’interno degli slot e che, laddove però gli slot fossero occupati, i panelli venivano collocati anche al di fuori. Ha spiegato, inoltre, di aver fatto un corso di formazione sulla sicurezza dopo l’incidente. Su domanda specifica della difesa  Omissis il teste ha chiarito di aver visto, il giorno dell’infortunio, alcuni pannelli al di fuori degli slot e che aveva concluso il turno di lavoro due ore più tardi perché impegnato a liberare uno slot. Inoltre, aveva detto al  Omissis di mettere in sicurezza quei pannelli all’interno dello slot che aveva appena liberato.

Il teste Omissis   ha dichiarato di lavorare presso la Omissis  dal gennaio 2012, inizialmente con mansioni amministrative, poi come responsabile di produzione. Ha chiarito che il Omissis era un operatore del centro taglio e che per un breve periodo aveva lavorato sulla linea 1, dove venivano lavorate le giunte delle tavole. Ha, inoltre, affermato che né Omissis né il   Omissis si erano mai lamentati personalmente con lui delle condizioni di lavoro e delle carenze in materia di sicurezza sul lavoro. Su domanda specifica dell’accusa, ha affermato di ricordare un precedente infortunio occorso ad un altro lavoratore,   , chiarendo che lo stesso, posizionando un pannello negli slot di stoccaggio, si era schiacciato il piede fra due pannelli. Ha inoltre dichiarato che lavorando nel settore dell’edilizia capitava spesso che i clienti dessero delle date di consegna molto strette e che, in base alle condizioni meteo o altre, chiedessero di ritardare l’arrivo in cantiere del materiale. Questo comportava, soprattutto durante i picchi di produzione, la necessità di dover posizionare i pannelli al di fuori degli slot delimitati dai pali rossi specificando, tuttavia, che questo tipo di stoccaggio avveniva raramente. In particolare, durante il periodo in cui si verificò l’infortunio a   Omissis c’era un picco di produzione; era in lavorazione una commessa particolare, di una certa entità, ed a fronte di condizioni climatiche avverse, il cliente aveva chiesto di posticipare la consegna di un paio di settimane. Per questo motivo, non sapendo dove posizionare i pannelli, erano stati posizionati temporaneamente lungo il muro del centro taglio. Il teste ha chiarito, inoltre, che solitamente gli operai erano autonomi nella scelta di dove andare a dislocare i pannelli in base al tipo di commessa. Su domanda specifica dell’accusa, ha affermato che gli slot si trovavano tutti nelle parte finale del capannone, per un totale di circa 13 o 14 slot, e che, fondamentalmente, ogni slot era delimitato da 6 pali rossi. Ha evidenziato, inoltre, che in passato i pali erano removibili; invece, dopo l’infortunio del   Omissis sono stati saldati per terra e quindi non sono più estraibili. Inoltre, ha sottolineato che in quella particolare zona del centro taglio, venivano messi soltanto pannelli che avevano una base di appoggio molto ampia (180/200 millimetri) e tendenzialmente bassi in maniera tale che il baricentro del pannello fosse il più basso possibile, specificando, però, che questo veniva deciso direttamente dall’operaio di turno. Su specifica domanda dell’accusa, il teste ha dichiarato che il  Omissis era stato assunto a dicembre 2015 ed aveva lavorato un primo periodo in affiancamento ad un operatore del centro taglio,  Omissis, fino a gennaio e poi, il mese successivo, aveva lavorato con  Omissis Dunque, la formazione era consistita nell’affiancamento ad un lavoratore già esperto. Ha confermato, inoltre, che il proprio datore di lavoro all’epoca fosse Omissis  Infine, circa i turni di notte, egli non sapeva se all’epoca dei fatti fosse previsto un addetto al pronto soccorso. Su domanda della difesa  , il teste ha riferito che   Omissis lavorava all’ufficio in Omissis e Omissis in sede. Ha specificato, inoltre, che qualora riscontrava un qualche tipo di problema in fabbrica, si rivolgeva unicamente a Omissis quale referente diretto. Con riferimento alle mansioni di   Omissis il teste ha riferito che lo stesso era stato istruito da subito sul macchinario del centro taglio; poi, per ragioni interne di produzione, era stato spostato ed in seguito, su richiesta dello stesso, Omissis ritornò a lavorare al centro taglio. Inoltre, ha specificato - dato il ritrovamento del telefono di cellulare del Omissis sul luogo del sinistro - che l’utilizzo del cellulare era vietato durante l’orario di lavoro e che Omissis era stato redarguito più volte per la violazione di tale disposizione. Su domanda specifica della difesa  , il teste ha riferito di aver partecipato alla selezione del Omissis e di avergli fatto dei colloqui prima dell’assunzione. Tuttavia, non ricordava che esperienza avesse maturato in passato, evidenziando, comunque, che data la giovane età di soli 22 anni, difficilmente poteva avere alle spalle un’esperienza con una macchina a controllo numerico come quella utilizzata presso la Omissis Inoltre, ha affermato che nei confronti del Omissis non erano mai stati presi dei provvedimenti disciplinari per iscritto ma esclusivamente verbali in quanto non aveva mai commesso evidenti imprudenze, quindi lo considerava una persona degna di affidamento (tant’è che gli era stata affidata una macchina importante per l’azienda) ed, inoltre, una persona che si informava molto sul lavoro che andava a svolgere, soprattutto durante il periodo di affiancamento. Il teste ha dichiarato, inoltre, di aver svolto un corso di 16 ore complessive in cui veniva spiegato in che modo movimentare i carichi e qual era la corretta posizione da assumere. Infine, ha affermato di non aver mai personalmente indicato al Omissis qual era la corretta posizione da tenere durante l’utilizzo del macchinario, in quanto questa era una informazione che aveva avuto dagli operatori che avevano lavorato insieme a lui. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, il testa ha risposto che tutte le nozioni in materia di sicurezza non le aveva acquisite durante il corso di cui sopra, ma molto lo aveva imparato attraverso il lavoro. Il teste, inoltre, ha chiarito che qualora i lavoratori avessero un qualche tipo di problema, si rivolgevano sempre a lui. Su domanda specifica, il teste ha affermato che al momento dell’infortunio non si trovava in azienda in quanto il suo turno di lavoro finiva verso le 18/18.30. Ha dichiarato, inoltre di aver seguito un corso di formazione specifico come preposto solamente dopo l’infortunio che ha coinvolto il   Omissis Ancora, ha dichiarato che durante la settimana in cui si era verificato l’incidente, al centro taglio mancava un operatore perché in ferie quindi, per sopperire al carico di lavoro, era stato deciso di fare un orario di lavoro prolungato. Ciò nonostante, per evitare di lasciare l’operatore del centro taglio da solo, c’era un altro operatore,  Omissis che dava supporto sia al lavoratore del centro taglio sia al lavoratore che stava su di un’altra linea. Su domanda specifica della difesa di parte civile   Omissis il teste ha affermato che i pannelli che erano presenti il giorno dell’infortunio erano destinati alla ditta Omissis  Inoltre, ha chiarito che alcuni di questi pannelli, trattandosi di una struttura molto grande, si trovavano all’interno degli slot, altri, invece, erano quelli appoggiati al muro dietro la rulliera ed erano in attesa di essere riposti all’interno di uno slot una volta liberato. Dunque, si trattava di uno stoccaggio momentaneo. Infine, ha specificato che l’ultima volta in cui aveva verificato lo stato interno degli slot era il 24 novembre e ce n’era uno soltanto libero ed era stato lui stesso ad averlo riempito la mattina in cui era presente anche l’ispettore del lavoro Zeni. Infine, su specifica domanda della difesa, il teste ha dichiarato che, tramite la verifica del gestionale per vedere chi aveva prodotto i pannelli caduti, era risultato che questi erano stati prodotti nel corso del turno che va dalle 15 alle 24 quindi, sicché si poteva affermare che i pannelli erano stati prodotti dal Omissis  stesso essendo lui l’unico di turno al centro taglio.

Il teste  Omissis ha dichiarato di lavorare alla  Omissis a partire dal 27 aprile 2015 come direttore tecnico e responsabile dell’ufficio tecnico. Specificatamente, all’epoca dei fatti gestiva il personale dell’ufficio tecnico, quindi ingegneri, progettisti e chi disegnava le strutture. Su specifica domanda riguardo alle funzioni svolte da  Omissis, ha dichiarato che era, tra i tre fratelli, colui che aveva l’ufficio in sede e all’epoca, quindi, era con lui che si affrontavano tutte le questioni giornaliere. Il teste ha specificato che non sapeva chi fosse all’epoca il responsabile della sicurezza e di aver scoperto, solo dopo l’infortunio di Omissis che era   Omissis Per quanto riguarda la parte uffici, lo stesso Omissis ha affermato che lui era il preposto ma, per quanto riguarda lo stabilimento, non sapeva dire nulla, in quanto “gli uffici e lo stabilimento erano due mondi separati”. Con riferimento alla propria assunzione, il teste ha dichiarato che era stato voluto e cercato da   Omissis e che i veri e propri colloqui di lavoro, però, li aveva fatti con tutti e tre i fratelli. Da un punto di leadership personale, il suo superiore diretto era Omissis, ma tutte le faccende quotidiane in azienda venivano sempre svolte insieme a Omissis. Il teste ha chiarito che con    vi erano incontri sporadici. Su specifica domanda riguardo alla predisposizione dei fori sui pannelli, il teste ha affermato che nel 95% dei casi il pannello nasceva con la predisposizione di un foro e in tal caso il pannello veniva sollevato attraverso l’utilizzo di una cinghia fatta passare nel foro. Ha poi sottolineato che i fori per le cinghie venivano progettati direttamente presso l’ufficio tecnico e tramite un apposito software veniva individuato il baricentro del pannello. Invece, quando non c’era la predisposizione del foro, essenzialmente per esplicita richiesta del cliente, che non voleva il buco sul pannello a livello visivo, la movimentazione avveniva tramite le viti d’ancoraggio. In questi casi, non essendoci alcuna predisposizione del foro, per individuare il punto di applicazione della vite, era l’operaio che provvedeva a fare un semplice calcolo per determinare il baricentro, giacché bastava dividere la misura del lato lungo in due e quindi provvedere ad inserire la vite. A sua memoria, peraltro, le viti venivano utilizzate solamente per elementi di piccole dimensioni. Ha specificato, inoltre, che il sistema di sollevamento con le viti era stato da lui progettato nella vecchia azienda per cui lavorava, la Rothoblaas, produttrice della vite d’ancoraggio, e che insieme al direttore di produzione,  , si era Omissis provveduto a fare una tabella in cui veniva spiegato ai lavoratori, in maniera molto semplice, la portata della vite, la tipologia della vite e la portata della cinghia. Quindi, una volta che il pannello usciva così come progettato dal software, gli operai mettevano, dopo aver effettuato il calcolo per individuare il baricentro, la vite corretta in funzione della portata. Infine, su domanda dell’accusa il teste ha affermato di non aver mai visto, presso la  Omissis rompersi una vite utilizzando questo sistema. Su specifica domanda della difesa Paterno, ha dichiarato di essere tornato in azienda il martedì successivo all’infortunio e che i due pannelli coinvolti nell’infortunio erano ancora attaccati al gancio. Su specifica domanda delle difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha risposto che all’epoca dei fatti collaborava col direttore di produzione,   Omissis per ciò che concerna la marcatura CEE del pannello, quindi per quello che era il controllo di qualità relativa al prodotto. Pertanto, teneva degli audit interni in produzione, faceva dei test e controllava che questi andassero bene e manteneva i rapporti con il certificatore, che era un ente tedesco che due volte l’anno si recava in azienda ed effettuava un controllo qualità. Ha affermato, inoltre, che la certificazione OHSAS 18001 riguardava la sicurezza sul lavoro e la valutazione dei rischi e che, sulla possibilità di adottarla, ne aveva parlato in qualche riunione. Su domanda specifica delle difesa di parte civile (avv. Tomaselli), il teste ha affermato che la presenza sui pannelli prodotti di eventuali finestre, porte o aperture di tal tipo può sicuramente avere qualche effetto nello spostare leggermente il punto di baricentro e questo incide anche sulla stabilità in fase di ascesa e discesa che, però, non crea alcuna problematica importante.

Il teste Omissis ha dichiarato di esser stato assunto nel 2013 e di aver affiancato, dall’agosto del 2016, Omissis Su domanda specifica dell’accusa, il teste ha riferito che i pannelli venivano depositati solitamente all’interno degli slot delimitati dai pali rossi, tra la zona di carico e la zona del centro taglio, oppure di fianco alla navetta del centro taglio. Ha affermato, inoltre, che all’epoca dei fatti non c’era un preposto per il turno notturno e che, allo stato attuale, vi è un responsabile, Dal Omissis, che svolge il ruolo di preposto di fatto. Riguardo, invece, al sistema di sollevamento del pannello dalla rulliera Dalso, il teste ha dichiarato che non era a conoscenza della procedura che doveva essere seguita dai lavoratori prima dell’incidente ma, di aver studiato, insieme a   Omissis ed altri tecnici, la nuova procedura di sollevamento approntata dopo l’infortunio. Di fatto in precedenza si provvedeva o con delle cinghie di sollevamento oppure venivano utilizzate delle viti con dei ganci di sollevamento. Il teste ha specificato che il sistema che di fatto veniva utilizzato corrispondeva a quello originario previsto dalla ditta fornitrice delle cinghie e del gancio, la Rothoblaas, e questa procedura non era stata modificata o adattata all’azienda  Omissis che, dunque, aveva provveduto ad una vera e propria “importazione” dell’intero sistema. Il teste ha chiarito che dopo l’incidente era stata effettuata una valutazione della scheda Rothoblaas e si era deciso di abbandonare totalmente il sistema di sollevamento con viti e gancio ed utilizzare solamente il sistema di sollevamento con cinghie, perché ritenuta la modalità più sicura. Su domanda specifica della difesa, il teste ha dichiarato che prima dell’infortunio ricopriva il ruolo di assistente del responsabile della produzione e che nel proprio ufficio c’erano tutte le documentazioni di tutti i dipendenti dell’azienda, dei corsi e della formazione seguita. Inoltre, ha specificato che durante il periodo di affiancamento egli aveva acquisito le informazioni su quelle che erano le disposizioni contenute all’interno del documento di valutazione dei rischi (DVR) in ordine alle varie postazioni sulle quali operava il personale. Pertanto, quando non trovava corrispondenza tra la previsione teorica e quanto avveniva in pratica, lo segnalava a   , specificando, tuttavia, che prima dell’incidente non era sicuro di averlo mai fatto. Infine, ha affermato che conosceva il Omissis  esclusivamente sul posto di lavoro.

Il teste Omissis ha dichiarato di aver iniziato a lavorare presso la Omissis  il 25 gennaio 2016 come operatore al centro taglio, dunque, con le stesse mansioni del  Omissis e che il lavoro consisteva nel movimentare i pannelli: una volta che la macchina finiva di tagliarli, questi dovevano essere scaricati e depositati negli appositi slot. Ha sottolineato che non aveva mai seguito un corso di formazione, ma che questa l’aveva ricevuta attraverso l’affiancamento ad un lavoratore più anziano,  . Omissis Riguardo all’aria di stoccaggio ed a come venivano depositati i pannelli all’epoca dell’infortunio, il teste ha riferito che questi venivano scaricati dalla navetta con l’aiuto del carro ponte e messi all’interno degli appositi slot, i quali erano delimitati da dei pali rossi che servivano ad evitare che i pannelli si ribaltassero. Tuttavia, ha chiarito che quando gli slot erano pieni i pannelli venivano messi anche lungo il muro vicino alla navetta Dalso e che questa era una prassi che di fatto veniva tollerata in quanto. Con riferimento al sistema di sollevamento dei pannelli, invece, il teste ha riferito che questi venivano agganciati con delle cinghie e man mano che il pannello si alzava lo si accompagnava facendo in modo che la fune del carroponte fosse perpendicolare al carroponte stesso, in maniera tale da evitare il più possibile le oscillazioni. Una volta messo il pannello in posizione di sicurezza, lo si alzava e lo si accompagnava con la mano fuori dall’area della navetta, quindi lo si abbassava e lo si metteva all’interno dello slot. Il teste ha dichiarato che dopo l’infortunio il metodo di sollevamento con cinghie era l’unico utilizzato, invece, prima dell’infortunio, oltre alle cinghie di sollevamento, si utilizzavano anche le viti. In particolare, se un pannello aveva già i fori, si utilizzavano le cinghie, se non aveva i fori si usavano le viti ed in tal caso era compito dell’operatore individuare il punto in cui dovevano essere posizionate. Il teste ha chiarito, inoltre, che lui, in base alla propria esperienza lavorativa, decideva dove posizionare le viti e che non aveva ricevuto al riguardo alcun preciso ordine né indicazione. Infine, con riferimento all’utilizzo dei pali rossi, il teste ha dichiarato che erano gli stessi operai, in base alla propria esperienza lavorativa, a decidere in che modo posizionarli. Su domanda specifica della difesa Paterno, il teste ha evidenziato che, prima di lavorare presso la   Omissis aveva avuto una precedente esperienza lavorativa in un’altra azienda edile, dove pure utilizzava il carroponte al centro taglio. Ha specificato, inoltre, che all’epoca dell’infortunio il proprio datore di lavoro era Omissis .  Con riferimento al momento in cui si è verificato l’incidente che ha visto coinvolto il    Omissis , il teste ha dichiarato che non era presente in quanto si trovava in ferie. Riguardo, invece, al posizionamento delle viti, il teste ha riportato che bastava semplicemente dividere per due la lunghezza del pannello e calcolare ancora la metà, da una parte e dall’altra, per posizionare le due viti. Nel caso in cui si dovesse posizionare una sola vite, questa si metteva proprio al centro del pannello, cioè a metà nella lunghezza e della profondità, e quindi, l’operatore del centro taglio doveva semplicemente misurare il pannello, fare la metà e controllare la tabella presente per stabilire la portata delle varie tipologie di viti. Secondo il teste, essendo il capannone non tanto alto, i pannelli sopra i 3.50 metri non venivano alzati dal carroponte e quindi si dovevano trascinare un po’, con conseguente oscillazione; invece, per i pannelli come quelli che erano stati alzati dal  Omissis (1.60x3.40), non c’era oscillazione in quanto, una volta alzato il pannello, la fune del carroponte era perpendicolare. Il teste ha confermato che l’operaio del centro taglio non aveva, durante l’interno processo di lavorazione dei pannelli, tempi morti; infatti il tempo di taglio di un pannello come quello lavorato dal  Omissis era di circa 10 minuti e, nel frattempo, l’operaio doveva provvedere a scaricare l’eventuale pannello che si trovava sulla navetta ed in più doveva programmare la lavorazione del pannello successivo, in quanto il macchinario del centro taglio operava attraverso un sistema computerizzato. Ha chiarito, inoltre, che la posizione da assumere, sempre con riferimento a pannelli lunghi come quelli che sollevava il  Omissis era davanti alla rulliera. Infine, ha confermato che in busta paga gli operai ricevevano un’indennità per non fare la pausa durante l’orario di lavoro. Su domanda specifica della difesa di parte civile   Omissis  il teste ha chiarito che per verificare la corretta posizione della vite sul pannello, si procedeva per tentativi, ovvero lo si alzava e se era troppo sbilanciato lo si riabbassava e si cambiava posizione della vite. Una volta posizionata la vite, questa fuoriusciva dal pannello di circa 10/15 millimetri, veniva attaccato il gancio con le catene al carro ponte e si controllava sempre che la fune fosse perpendicolare al carro ponte. Quindi si procedeva al sollevamento, che era uguale sia quando si utilizzano le cinghie che le viti. Una volta che il pannello si staccava dalla rulliera su cui era appoggiato, lo si accompagnava attraverso il movimento del carro ponte per evitare le oscillazioni. Pertanto, la modalità di sollevamento dipendeva dalla forma e dal peso del pannello. Il teste ha inoltre dichiarato che non aveva mai ricevuto alcuna indicazione sul come procedere alla verifica del corretto posizionamento della vite perché era una prassi. Il teste, inoltre, ha evidenziato che dopo l’infortunio erano stati fatti dei corsi sull’uso del muletto e del carro ponte ed era stato spiegato come usare le viti e come attaccarle. Su specifica domanda della difesa, il teste ha affermato che le modalità spiegate durante i corsi post infortunio erano molto simili alle precedenti. Su domanda specifica della difesa, il teste ha risposto che mentre il macchinario del centro taglio lavorava, l’operaio doveva stare lontano circa un paio di metri, posizionandosi sempre davanti alla rulliera, in quanto diversamente c’era il rischio di entrare nella parabola di oscillazione dei pannelli e di essere colpiti chiarendo, pertanto, che la posizione assunta dal Omissis nel lavorare con pannelli di quel tipo era una posizione pericolosa che non doveva essere tenuta dall’operatore. Su domanda della pubblica accusa, il teste ha peraltro confermato che, in base alla propria esperienza lavorativa, prima dell’infortunio, capitava che quando si alzava il pannello col carroponte bisognasse evitarne l’oscillazione e quindi, per evitare ciò, lo si alzava ad una certa altezza da terra e, quando era in posizione perpendicolare, lo si accompagnava con una mano e con l’altra si azionava il carroponte fino a posizionare il pannello all’interno dello slot. Infine il teste ha confermato che l’utilizzo delle viti, dopo l’infortunio del  Omissis , era stato limitato esclusivamente a pannelli di piccole dimensioni (porte o finestre).

Il teste  Omissis ha dichiarato di lavorare presso la  Omissis dal marzo 2015 con la mansione di operaio del centro taglio, come  . Omissis Ha affermato che nel periodo in cui si è verificato l’infortunio del   Omissis   , a causa della grande mole di lavoro, tutti gli operai facevano gli straordinari e che lui si alternava proprio con  Omissis, di settimana in settimana, nei due turni di lavoro 6-15 e 15-24. Ha specificato, inoltre, che durante l’orario notturno non c’era né un preposto né un addetto al pronto soccorso. Su specifica domanda, il teste ha affermato che i pannelli venivano messi all’interno degli slot delimitati dai pali rossi e che, il giorno dell’evento, alcuni pannelli erano stati messi di fianco la navetta Dalso perché non c’era posto negli slot. Ha evidenziato, inoltre, che quando gli slot erano pieni e non c’era   Omissis cui chiedere indicazioni, erano i lavoratori che decidevano dove mettere i pannelli e questi venivano per lo più portati vicino a dove venivano caricati i camion. Riguardo al sollevamento dei pannelli, il teste ha precisato che, quando i pannelli erano preconfezionati con i fori, all’interno di questi veniva messa la cinghia a seconda del peso del pannello, prestando attenzione a tenere la catena del carro ponte in verticale. Invece, con riferimento ai pannelli che non avevano alcuna predisposizione di fori, si utilizzava una vite. Nello specifico, con l’ausilio di una tabella che indicava diverse tipologie di viti e le varie portate, dopo aver controllato il peso del pannello, veniva misurata la lunghezza e se era necessaria una sola guida, questa veniva messa in mezzo mentre, se erano necessarie due guide perché il pannello era più pesante, si procedeva a fare la mezzeria da destra e da sinistra e dopodiché si mettevano le guide e si attaccava al carro ponte. Su specifica domanda dell’accusa, il teste ha riferito che una volta era capitato che alzando il pannello, circa di 15/20 centimetri dalla navetta, fosse saltata la testa della vite, specificando, però, che nell’attualità la vite viene utilizzata solamente per dei piccoli pannelli. Ha affermato, oltre a ciò, di aver seguito dei corsi di formazione per la sicurezza sia prima che dopo l’incidente, chiarendo, poi, che solo dopo l’infortunio aveva fatto corsi sull’utilizzo delle macchine, mentre in precedenza aveva fatto solo un corso generale, di cui non ricordava neppure il contenuto. Quando aveva iniziato a lavorare alla era stato di fatto istruito da un altro operaio, tale Paolo. Su domanda specifica delle difesa, il teste ha dichiarato di aver avuto una precedente esperienza presso il centro taglio di un’altra azienda e che, quando aveva iniziato a lavorare per la per un primo periodo di circa due settimane aveva imparato ad utilizzare il programma sul computer per far funzionare il macchinario e poi, per circa un mese, attraverso l’affiancamento ad un operaio più esperto, aveva iniziato ad utilizzare il carroponte e a sollevare i pannelli. Riguardo alla lavorazione dei pannelli, il teste ha confermato che nella prima fase i pannelli venivano tagliati e successivamente interveniva l’operatore per il sollevamento e lo spostamento: al nuovo operatore cui veniva insegnato il mestiere veniva indicato che bisognava posizionarsi in posizione sicura davanti alla navetta. Il teste, inoltre, ha specificato che per lavorare dei pannelli delle dimensioni di quelli che stava movimentando Omissis ci vogliono all’incirca 20 minuti. In questo lasso temporale l’operatore doveva scaricava il pannello che era stato già tagliato e preparare il ciclo di produzione del pannello successivo. Ha precisato, inoltre, che il giorno dell’incidente anch’egli aveva lavorato al centro e che ricordava la presenza di alcuni pannelli appoggiati lungo il muro di fianco alla rulliera. Infine, ha affermato che il proprio datore di lavoro era . Omissis Su specifica domanda della difesa Saia, ha risposto che tutte le informazioni riguardanti la corretta posizione da assumere durante la lavorazione, le conosceva già prima di frequentare il corso di formazione.

Il teste   Omissis ha dichiarato di lavorare presso la  Omissis dal febbraio 2013, all’inizio come operaio, poi come capo turno. Ha specificato di non aver mai lavorato al centro taglio e di non essersi mai occupato delle relative problematiche. Tuttavia, ha affermato di aver utilizzato qualche volta, prima dell’infortunio, il carroponte e di non aver mai avuto una preparazione sulla sicurezza per questo tipo di mansione ma di aver ricevuto spiegazione da parte di un collega, Omissis Il periodo in cui aveva utilizzato più volte il carroponte era stato nel 2013; successivamente l’utilizzo era stato invece sporadico. Con riferimento all’utilizzo dei pali rossi, il teste ha affermato che servivano per fare gli slot all’interno dei quali inserire i pannelli finiti e che, tuttavia, gli era capitato di aver visto pannelli posizionati al di fuori dei pali rossi perché non c’erano slot liberi. Ha dichiarato che alcune volte aveva provveduto di propria iniziativa a liberare gli slot ed a posizionarvi i pannelli, mentre non aveva mai tolto di propria iniziativa i pali rossi dalla loro sede. Con riferimento ai turni di lavoro, invece, ha affermato che le pause non erano previste. Su domanda specifica dell’accusa, il teste ha affermato che prima dell’infortunio aveva fatto 16 ore di corso sulla sicurezza generale e su come utilizzare il muletto; invece, dopo l’infortunio, aveva seguito un corso per l’utilizzo del carroponte. Ha riferito, infine, che all’epoca dei fatti il suo datore di lavoro era Omissis . Su domanda specifica delle difesa di parte civile Omissis, il teste ha chiarito che insieme al responsabile di produzione si decidevano gli orari di lavoro dei dipendenti e che, nel periodo in cui si era verificato l’episodio che ha coinvolto il  , gli Omissis operai facevano gli straordinari in quanto uno dei lavoratori del centro taglio era in ferie. Infine, ha chiarito che durante l’orario mattutino c’era un capo turno, invece, nel turno notturno non c’era nessuno. Su domanda della difesa di parte civile per CGIL Fillea, il teste ha spiegato che ai turnisti veniva riconosciuta un’indennità, perché la mezz’ora di pausa pranzo non veniva fatta e quindi veniva retribuita. Su domanda, invece, della difesa Paterno, il teste ha affermato che tutte le procedure che gli erano state spiegate nei corsi frequentati dopo l’incidente erano identiche a quelle che già conosceva. Per ultimo, ha specificato che l’utilizzo del telefono cellulare, durante il lavoro, è vietato e che se gli operai vogliono fare una telefonata, devono chiedere o al capo turno o al responsabile della produzione.

Il dr. Morelli Luca, che ebbe ad eseguire l’esame autoptico sul corpo di Omissis     (cfr. consulenza medico legale riguardo alla morte di Omissis  – affol. Q22 e ss.), richiamandosi ai contenuti dell’elaborato prodotto, ha dichiarato che a seguito dell’infortunio il  Omissis presentava sicuramente una frattura a livello dell’omero di destra e dello sterno, una serie di escoriazioni a livello del volto, sulle sopracciglia e sugli zigomi. Ha specificato che la causa della morte (cfr. affol. Q44), sopraggiunta alle ore 8.05 del 25/11/2016, va identificata in uno shock emorragico di tipo massivo, dovuto a massivo versamento ematico addominale, conseguente a lacerazione epatica, lacerazione della parete dei vasi renali di destra, vene sopra epatiche e vena cava inferiore, compatibile con lesione da schiacciamento; presentando altresì frattura sternale e frattura dell’omero di destra. In aula ha specificato che  Omissis aveva subito sia una frattura parziale del fegato, che dei vasi più fondamentali, in particolare la rottura della vena cava inferiore e delle vene sovra epatiche, la quale ha fatto si che tutto il sangue si accumulasse a livello addominale e questo causa sempre uno shock che porta alla morte. Nella relazione ha spiegato che il trauma addominale è causa frequente di mortalità; a seconda del meccanismo di produzione, vi possono essere due tipi di trauma addominale, trauma penetrante e trauma chiuso, quest’ultimo come quello che ha cagionato la morte di   Omissis un effetto conseguente e spesso letale ad un trauma chiuso è, infatti, il cosiddetto shock emorragico; nel caso specifico, il trauma chiuso a cui è andato incontro Omissis ha prodotto una lacerazione importante delle strutture vascolari addominali, associata a lacerazioni parietali della arteria e vena renale di destra e a lacerazioni del parenchima epatico; tutto ciò ha comportato un importante versamento ematico in cavità addominale, che ha determinato un conseguente shock ipovolemico grave che ha portato a morte il   Omissis Pertanto - ha ribadito in risposta a specifica domanda -  è possibile affermare che la morte del  Omissis sia stata dovuta ad un trauma da schiacciamento.

Il teste  Omissis ha dichiarato di esser intervenuto in azienda in tre distinte occasioni in sostituzione dei propri colleghi, Merler e Zeni, perché assenti. Nel primo intervento si era proceduto al sequestro della documentazione inerente gli orari di lavoro e alla posizione lavorativa di   Omissis Nel secondo intervento si era proceduto a rimuovere e riapporre i sigilli. Infine, nel terzo ed ultimo intervento, si era provveduto a spostare dei pannelli che erano sotto sequestro in un’altra zona dello stabilimento in quanto ostruivano la produzione.

Il teste  Omissis ha dichiarato che, in qualità di direttore, aveva concordato direttamente con gli Ispettori del lavoro alcune indicazioni d’intervento ed aveva firmato, personalmente, i verbali di prescrizione decisi come Unità Operativa. In particolare, in queste prescrizioni veniva contestata la valutazione del rischio al datore di lavoro perché, con riferimento all’attrezzatura di sollevamento, era emersa l’assenza delle verifiche periodiche mentre, con riferimento all’allestimento di una delle attrezzature questa risultava difforme rispetto a quanto prescritto dal costruttore. Inoltre, era stata contestata la mancata formazione di tutti i lavoratori, Omissis compreso, per l’utilizzo delle apparecchiature di sollevamento. Infine, è emerso che gli slot, ovvero gli alloggiamenti per il prodotto finito, non risultavano adeguati rispetto alle dimensioni ed al peso dei pannelli, non sempre venivano utilizzati oppure erano in numero inferiore rispetto a quanto richiesto dalla produzione. Proprio per queste ragioni i pannelli venivano stoccati anche al di fuori degli alloggiamenti e questo rappresentava un pericolo data la possibilità di una loro eventuale caduta.

Il teste Omissis ha ricordato di essere infermiere presso la Trentino Emergenza e di essere intervenuto nell’operazione diretta al soccorso del Omissis  Nello specifico, il teste ha riferito di aver ricevuto, nella giornata del 24 novembre 2016, una telefonata in codice rosso intorno alle ore 23/23.30. Ha ricordato che, una volta arrivati sul luogo dell’evento, c’era un operaio che li aspettava fuori dalla fabbrica e che la vittima era stata spostata prima del loro arrivo, in quanto c’erano dei segni di trascinamento del corpo. Su specifica domanda del Tribunale, il teste ha chiarito che gli operai erano due e che aveva parlato con entrambi chiedendo cosa fosse successo. In particolare, l’operaio che li aspettava fuori gli aveva agevolato l’ingresso, il secondo invece gli aveva spiegato la dinamica specificando, appunto, di aver trovato il   Omissis schiacciato da dei pannelli contro la rulliera. Il teste ha inoltre aggiunto che, una volta arrivati sul posto, avevano trovato il Omissis già incosciente e si era proceduto ad effettuare manovre di routine come il bloccaggio del rachide cervicale. Quindi, erano stati posizionati gli accessi venosi e, durante queste operazioni, la centrale operativa avvertiva l’elisoccorso. Nel frattempo era arrivato il rianimatore, il dott. Dallapè. Ha specificato, inoltre, che loro infermieri erano stati i primi ad arrivare e, quindi, non c’erano ancora i carabinieri. Su domanda specifica della difesa di pare civile CGIL Fillea, il teste ha confermato che avevano avuto bisogno di soli 3 minuti per arrivare in quanto il luogo dell’infortunio si trovava a soli 3 km dall’ospedale ed, inoltre, di non poter affermare con certezza il tempo trascorso dalla prima telefonata.

Il teste   Omissis ha dichiarato di essere medico di pronto soccorso all’ospedale di Santa Chiara di Trento ed ha specificato che il giorno dell’evento era di turno ai codici rossi e quindi, aveva preso in cura il   Omissis Ha evidenziato che quest’ultimo era stato portato in elicottero in seguito ad un trauma da ferita da schiacciamento e, dato che le condizioni erano critiche ed il ragazzo era arrivato incosciente, era stato intubato ed era stata tentata la prima rianimazione. Dopodiché era stato deciso di portarlo immediatamente in sala operatoria. Il teste ha specificato che, data la presenza di uno shock emorragico gravissimo, non si era potuto procedere ad una TAC perché la pressione era bassissima e quindi era stato attivato il protocollo di trasfusione massiva per ottenere un parametro vitale minimo di pressione. A questo punto si era deciso di trasferire il paziente direttamente in sala operatoria, soprassedendo alla diagnostica, perché in quello stato l’unica possibilità di salvarlo era di operarlo d’urgenza.

Omissis ha dichiarato di essere un’amica di  Omissis ; quindi, uscendo insieme a lei e frequentando la sua casa, aveva conosciuto il fratello Omissis ed il padre Omissis. Ha specificato che Omissis viveva con il padre ed avevano un legame molto stretto, essendo Omissis il “piccolo” della famiglia il papà “faceva di tutto per lui”. Ogni momento libero cercava di trascorrerlo insieme al figlio, quando possibile andavano a sciare, a fare acquisti, da piccolo lo aveva aiutato con i compiti e lo spronava a concludere gli studi. Riguardo al rapporto tra Omissis e Omissis la teste ha riferito che, quando Omissis era bambino, Omissis aveva cercato di fargli da mamma e poi, una volta cresciuto Omissis, il rapporto si era consolidato, migliorando e diventando sempre di più fratello e sorella. Riguardo alle conseguenze del tragico infortunio, la teste ha riferito che il padre “non era più la persona di prima”, che dallo sguardo si vedeva che era una persona totalmente cambiata, come se gli mancasse una parte; cercava come poteva di distrarsi e cercava continuamente il contatto con gli amici di Omissis, per sentirlo ancora vicino. Riguardo a Omissis, invece, ha dichiarato che la sua visione di vita era totalmente cambiata. Se prima era una ragazza serena e sempre piena di iniziativa, in seguito erano invece le amiche a doverla sostenere. Con riferimento alla vita lavorativa di Omissis, la teste ha riferito che talvolta ne avevano parlato insieme e che in un primo momento Stefano era felice perché iniziava a sentirsi indipendente. Dopodiché, circa una settimana prima dell’evento, ne avevano parlato nuovamente e in quell’occasione Omissis aveva manifestato alcuni problemi a lavoro, si era lamentato del fatto che non si sentiva più sicuro ed a suo agio sul lavoro. In particolare, Omissis le aveva detto che aveva paura di farsi male. Su specifica domanda della difesa Saia, il teste ha evidenziato che Omissis lamentava anche le troppe ore di lavoro.

La teste Omissis ha dichiarato di conoscere da una vita la famiglia Omissis giacché suo marito era amico di Omissis e lei aveva fatto la madrina di battesimo a Omissis. Ha chiarito che il rapporto tra il padre ed il figlio era un rapporto bellissimo, che erano molto affiatati e che, dopo la separazione dei propri genitori, Omissis era rimasto maggiormente legato al papà. Ha aggiunto, inoltre, che anche con la sorella aveva un bel rapporto, erano molto legati e si confidava molto con lei. A seguito dell’incidente ha affermato che sia Omissis che Omissis non riuscivano ad accettare una parola quando si parlava di Omissis.

Il teste Omissis ha dichiarato di essere un amico di Claudio Colleoni e di conseguenza aver conosciuto il figlio Omissis. Riguardo al loro rapporto, ha sottolineato che si trattava di un rapporto padre-figlio molto forte ed intenso, data anche la situazione di separazione dei genitori; dopo il tragico evento, il padre Omissis era estremamente provato; aveva avuto, e tutt’ora ha, momenti molto pesanti. Anche Omissis, del resto, aveva vissuto una situazione drammatica in seguito alla perdita di Omissis. Ha ricordato, inoltre, che a seguito della morte di Omissis, era stata fondata un’associazione fra amici che provvedeva ad organizzare delle serate in memoria dell’amico che non c’era più. Su specifica domanda della difesa, il teste ha riferito che tramite il padre Omissis, egli era venuto a conoscenza del fatto che Omissis si lamentava non solo del carico di ore lavorative, ma anche della pericolosità delle condizioni di lavoro, e che non considerava quello il lavoro della sua vita e purtuttavia aveva continuato a svolgerlo per poter fare fronte all’impegno economico che si era assunto con l’acquisto di una macchina.

Omissis, attuale compagna di Omissis, ha dichiarato di frequentarlo da circa 6 anni. Nel primo periodo ella non aveva conosciuto i figli per volontà dello stesso Omissis, negli ultimi anni, invece, aveva iniziato a frequentare assiduamente la casa e di conseguenza aveva conosciuto anche Omissis e Omissis. Riguardo al rapporto che il padre e la sorella avevano con Omissis, la teste ha sottolineato che con il padre Stefano aveva un rapporto simbiotico, nel senso che Omissis viveva per Omissis, che il figlio veniva prima di tutto, ad es. gli preparava sempre la cena ed anche lo zainetto con le cose da mangiare quando andava a lavorare. Anche con la sorella Omissis, del resto, c’era un rapporto intenso. Riguardo invece al periodo successivo all’infortunio, la teste ha riferito che Omissis era una persona completamente diversa, all’opposto di com’era prima. Quando si usciva, all’apparenza sembrava sereno e che si fosse persino divertito ma, una volta tornato a casa, si incupiva e si sentiva quasi in colpa nei confronti del figlio che non c’è più.  Anche Omissis era una persona diversa. Su domanda specifica della difesa Saia la teste ha chiarito che anche prima dell’infortunio frequentava assiduamente la casa Omissis e che Omissis era un ragazzo come tutti gli altri, che quando ne aveva la possibilità e, gli orari lavorativi glielo permettevano, usciva con gli amici. Negli ultimi giorni prima della morte, si lamentava perché lo costringevano a prolungare l’orario di lavoro. Infine, su domanda della difesa Omissis la teste ha chiarito che le lamentele, che andavano dall’orario di lavoro, al fatto che non si sentiva protetto, al fato che non aveva pause, non venivano direttamente rivolte a lei ma che ella ne era comunque a conoscenza perché se ne parlava in casa.

La teste Omissis amica e poi fidanzata di Omissis, ha riferito che si sentivano molto spesso, quasi tutti i giorni, tramite messaggi. Con particolare riferimento ad un messaggio del 21.11.2016 ore 20:28, ricevuto tramite la piattaforma Whatsapp, la teste ha riferito di ricordarsi che Stefano le aveva comunicato che faceva più ore di lavoro e su specifica domanda della difesa, ha confermato che una o due sere prima dell’incidente, dopo il turno di lavoro, Omissis era andato ad una festa universitaria.

Omissis, sorella di Omissis, ha dichiarato che la casa in cui viveva insieme al fratello ed il padre era di fatto una casa unica, in quanto il suo era un piccolissimo monolocale, ragion per cui vivevano in concreto tutti e tre assieme. Ha specificato che Omissis, con lo stipendio che percepiva, aiutava a casa per le spese famigliari dato che la situazione economica non era rosea, anche a seguito del divorzio dei propri genitori. Riguardo ai rapporti tra il fratello ed il padre, ha evidenziato che questi erano ottimi. Invece, riguardo al proprio rapporto con il fratello, ha evidenziato che, mancando la madre, aveva provveduto, soprattutto quando Omissis era più piccolo, a sostituirsi alla stessa, si arrabbiavano, litigavano, ma si volevano molto bene. Per quanto riguarda il lavoro, la teste ha sottolineato che Omissis ne era terrorizzato, aveva molta paura soprattutto per il discorso sulla sicurezza, di come dover maneggiare i pannelli e anche degli orari. Era molto turbato tant’è che, uno o due giorni prima dell’infortunio, il fratello le diceva che prima o poi gli sarebbe successo qualcosa e che si era già lamentato delle condizioni lavorative, soprattutto perché si era già fatto male in passato, circa un mese prima, ma nonostante ciò gli era stato risposto che se non gli andava bene poteva andare via. Su specifica domanda, la teste ha riferito che a causa della perdita del fratello ella era letteralmente cambiata, che oltre a Omissis era morte altre due persone (riferendosi a lei ed al padre) e proprio per questo motivo aveva iniziato ad andare dallo psicologo per poter superare il dolore.

Omissis ha dichiarato che conosceva Omissis da circa 8 anni, erano amici molto legati e si vedevano spesso, circa due volte a settimana. Inoltre, ha aggiunto che Stefano era molto legato al padre e alla sorella e a seguito del triste evento, il padre e la sorella non erano più le persone di prima.

Il teste Omissis ha dichiarato che conosceva Omissis da 12 o 13 anni: si erano conosciuti agli scout e Stefano era divenuto il suo migliore amico. Ha affermato che il rapporto che Omissis aveva con la sorella ed il padre era certamente molto buono, erano una famiglia unita e si volevano molto bene. Dopo la morte di Omissis il padre e la sorella erano affranti ed in particolare il padre era come se avesse perso tutto. Riguardo invece all’associazione creata dopo la scomparsa di Stefano, questa si chiamava “Ciao Colle” dove “Colle” era il soprannome di Omissis Era un’associazione finalizzata a tener vivo il suo ricordo ed era formata da tutta la compagnia di amici di Omissis.

Omissis ha dichiarato che il figlio Omissis si lamentava quasi ogni giorno della sicurezza sul lavoro e dell’orario, perché in quel periodo faceva molti straordinari. Su specifica domanda ha affermato che le vicissitudini riguardanti il divorzio erano avvenute nel 2008, anno in cui era andato a vivere nella nuova casa. Il teste ha evidenziato che, essendo molto legati ed andando sempre d’accordo lui ed il figlio, dopo la separazione, Stefano andava da lui quasi ogni giorno all’insaputa della madre e che l’ultimo giorno di scuola aveva preso la valigia e si era trasferito definitivamente da lui, come aveva fatto anche Omissis, l’altra figlia. Il teste, inoltre, ha spiegato che il figlio Omissis voleva andare in Australia con un amico ed aveva comprato una macchina che stava pagando attraverso il lavoro alla Omissis e proprio per questo motivo voleva continuare a lavorare per finire di pagare la macchina. Su domanda specifica della pubblica accusa, il teste ha affermato che durante il periodo in cui   Omissis aveva lavorato alla

Omissis questi si era lamentato di alcuni infortuni subiti. Nello specifico si era fatto male alla mano ed era caduto dalle scale mentre appoggiava degli scarti. Ha aggiunto, poi, che il lavoro gli piaceva ma quando doveva movimentare i pannelli di notte non si sentiva sicuro e che quindi aveva paura a stare da solo. Inoltre, ha specificato che Stefano si confidava di questa sua paura anche con un collega di lavoro che era stato assunto da poco. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha affermato che il figlio  Omissis, oltre a lamentarsi in famiglia, sul lavoro aveva manifestato le proprie doglianze a  Omissis.

È stato acquisito agli atti, su consenso delle parti, il parere medico-legale redatto dal dott. Cavagnoli nell’interesse del sig. Omissis e vertente sulle conseguenze dannose patite, in conseguenza dell’infortunio occorso, tanto dalla giovane vittima quanto dal padre di questa. Il dott. Cavagnoli, dopo avere dato conto degli accertamenti svolti, attraverso disamina di tutta la documentazione, segnatamente di quella medica, relativa a Omissis e di quella inerente il percorso psicoterapico per l’elaborazione del lutto affrontato dal sig. Omissis ed attraverso un colloquio con il predetto Omissis ha in sintesi formulato le seguenti considerazioni. Quanto a Omissis ha rappresentato che, sulla scorta della documentazione esaminata, si evince che il giovane è sopravvissuto all’evento quasi 9 ore e che, dal momento che le lesioni riportate non risultano immediatamente mortali, “è verosimile che il giovane potesse avere perso conoscenza in un secondo momento. Pertanto non si può escludere che, per quanto per un tempo molto limitato, il giovane si fosse reso conto dell’estrema gravità dell’accaduto (…). Di conseguenza si ritiene che il giovane potesse avere percepito l’imminenza dell’exitus, seppur, si ribadisce, per un tempo limitato”. Quanto a, Omissis il dott. Cavagnoli ha anzitutto rimarcato come, già in sede di colloquio, si sia potuto apprezzare lo stretto legame tra padre e figlio, in particolare da quando si Omissis era trasferito presso la casa paterna dopo il divorzio dei genitori, e si sia potuto evincere come per il padre il decesso del figlio abbia rappresentato un evento drammatico, che ha spezzato quel nucleo familiare da tempo costituito solo dal padre e dal figlio, che vivevano assieme e che avevano un legame la cui intensità era rafforzata anche dall’intesa maturata in seguito alle vicende legate al divorzio. Il dott. Cavagnoli ha inoltre rimarcato come sia documentato – con richiamo alla relazione sul trattamento psicoterapeutico cui si sottopose il Omissis redatta dallo psicologo dr. Rizzi il 20/06/2017 – che nei primi mesi successivi al decesso del figlio il sig. Omissis presentasse un quadro di reazione depressiva, “rientrato” dopo un breve ciclo di psicoterapia, ritenendo che tale periodo iniziale di malattia possa essere riconosciuto come danno biologico temporaneo parziale mediamente al 25%. Ha poi osservato come, nell’attualità, non risulti alcuna disfunzionalità concreta in termini di disagio clinicamente significativo e di notevole compromissione delle aree del funzionamento sociale/lavorativo, ragion per cui non può formularsi una diagnosi di disturbo psico-patologico allo stato attuale, sottolineando al contempo che permane comunque, anche alla luce delle preesistenti vicissitudini che hanno interessato la vita del Omissis, una condizione psichica di particolare vulnerabilità, intesa anche come “riduzione della funzione di riserva”, che può a sua volta costituire presupposto per la comparsa di disturbi psicopatologici a distanza. 0’7uy

L’ing. Gonnella Igor, consulente tecnico dell’accusa, ha dichiarato di esser stato investito del proprio incarico dal sostituto procuratore al fine di accertare la dinamica dell’infortunio ed individuare se le cause del decesso di  Omissis siano consistite in una condotta attiva od omissiva del datore di lavoro, provvedendo, quindi, a redigere apposita relazione, acquisita agli atti all’esito della deposizione. Ha specificato di essere intervenuto il 26 novembre 2016 per un sopralluogo lì dove si è verificato l’infortunio, di avere visionato la documentazione fotografica acquisita nell’immediatezza del fatto dalla p.g. operante (Carabinieri e l’UOPSAL) e di aver effettuato gli accertamenti ritenuti opportuni al fine di ricostruire la dinamica dell’infortunio. In particolare, ha effettuato un rilievo strumentato dell’area in maniera tale da ottenere le esatte dimensioni e posizioni dei vari dispositivi dell’impianto per comprenderne il funzionamento. Ha, dunque, assunto tutte le informazioni necessarie al fine di poter ricostruire tutte le fasi del processo lavorativo (ovvero cosa veniva fatto in quel particolare distretto dello stabilimento, come veniva organizzata la produzione, quali erano le mansioni del lavoratore) ed analizzato il documento di valutazione dei rischi e tutti i verbali della p.g.. Pertanto, il teste ha riferito che quello che aveva potuto appurare era la presenza di pannelli in materiale ligneo sospesi sopra una rulliera, addosso alla quale era stato schiacciato il  Omissis (testimoniato dalla presenza di tracce ematiche), di altri due pannelli, con la base posizionata all’interno dell’area di camminamento e non nell’area di stoccaggio, che erano quelli collassati sul Omissis  ed, infine, la presenza di altri dispositivi come l’avvitatore ed il telecomando di sollevamento. Sulla base di queste informazioni, ha provveduto alla ricostruzione della dinamica dell’evento ed alla individuazione di eventuali violazioni delle norme di sicurezza dell’impianto. Uno dei primi elementi emersi era che i pannelli sollevati nell’agganciamento non erano perfettamente allineati ma erano disassati. Per questo motivo aveva cercato di capire esattamente quale fosse la dinamica della movimentazione di questi pannelli e in che modo venivano sollevati. Aveva rilevato che i pannelli in questione non avevano dei dispositivi d’aggancio già preposti in fase di produzione, tipo fori, che invece in altre tipologie di pannelli erano presenti. Questo implicava che fosse il lavoratore a dover inserire una vite all’interno del pannello in maniera tale da agganciarlo al carroponte per poi sollevarlo. A tal riguardo il teste ha evidenziato che, dopo la misurazione delle posizioni delle viti era emerso che, non essendo posizionate in maniera corretta, generavano un disallineamento tra i pannelli. Al fine di comprendere la dinamica del sollevamento, il teste ha riferito di aver notato che i pannelli producevano un’evidente oscillazione in fase di sollevamento e anche un’evidente rotazione antioraria intorno al loro asse. Su domanda specifica del Tribunale, il teste ha dichiarato di aver simulato il sollevamento con la velocità massima del carroponte e dopo aver nella simulazione i pannelli che erano sotto sequestro, ossia i medesimi pannelli che stava movimentando il  Omissis aveva verificato la presenza, tra i pannelli sollevati ed i pannelli che sono caduti addosso al  Omissis di esiti di collisione del tutto compatibili morfologicamente e dimensionalmente. Successivamente, aveva eseguito dei calcoli al fine di verificare quale fosse, in base alle caratteristiche dimensionali e di peso dei pannelli che si sono abbattuti, l’energia e la forza necessaria per causarne il ribaltamento, onde appurare se i pannelli sospesi avessero la capacità, in caso di impatto, di generare il collasso. Ciò che emerse è che i pannelli sospesi potevano sviluppare la forza necessaria per generare il ribaltamento dei pannelli che poi sono effettivamente caduti addosso al   Omissis Il teste ha aggiunto che i pannelli che sono collassati si trovavano materialmente nell’area di camminamento, dunque non erano nell’apposita area di stoccaggio delimitata con i pali “antiribaltamento” che avrebbero impedito la loro caduta. Pertanto, sulla base degli elementi a disposizione, il teste ha affermato di esser giunto alla conclusione che nella fese di sollevamento, a causa delle modalità di ancoraggio e di sollevamento, si sia generato un movimento che aveva portato all’impatto tra i pannelli sollevati ed in pannelli che sono collassati determinandone la destabilizzazione e la successiva caduta sul lavoratore il quale, trovandosi in prossimità dei pannelli sollevati e della rulliera, veniva schiacciato addosso alla rulliera metallica. Il teste, su specifica domande del PM, ha affermato che attraverso un’analisi dei tabulati di produzione dei materiali era emerso che i pannelli caduti addosso al Omissis erano stati stoccati almeno dalle ore 15 del giorno precedente, quindi era uno stoccaggio temporaneo che però si era protratto nel tempo. Inoltre, il teste ha affermato di aver rilevato dall’esame del DVR vigente che in realtà non era stata predisposta una procedura specifica per quella tipologia di movimentazione dei pannelli, perché esisteva una procedura di movimentazione meccanizzata dei pannelli che però, dalla descrizione, era riferita a pannelli già stoccati o già collocati in posizione verticale. Inoltre, tutte le procedure si riferivano alla movimentazione di un singolo pannello per volta, non più pannelli contemporaneamente. Oltre a ciò, il teste ha dichiarato di non aver rilevato elementi che gli permettevano di definire con certezza se il lavoratore aveva ricevuto un’idonea formazione sull’utilizzo della gru a ponte data la mancanza di documentazione firmata.  Ha specificato che dai verbali di sommarie informazioni era emerso che l’addestramento del Omissis  era avvenuto mediante l’affiancamento ad un lavoratore, come consentito dall’art.37 D. n.81/2008 allorché si tratti di un lavoratore esperto, ma, ciò nonostante, non aveva alcun elemento che gli permettesse di appurare chi materialmente avesse effettuato l’affiancamento ed in particolare se quest’ultimo avesse le capacità e le competenze sufficienti per essere considerato un esperto. Inoltre, il teste ha affermato che in prossimità della stazione di stoccaggio, nonostante la presenza di un carroponte, non era stata trovata alcuna segnalazione specifica relativa alla pericolosità dei carichi sospesi, nello specifico la segnaletica prevista dal DVR (documento di valutazione del rischio). Dunque ha evidenziato un ulteriore aspetto, ovvero che la stazione nella quale vi era il computer con il quale l’operatore controllava la lavorazione era effettivamente collocata in una posizione di sicurezza rispetto al punto in cui si era verificato il sinistro e quindi, nonostante l’assenza della segnalazione prevista dal DVR c’era, comunque, una certa prevedibilità della pericolosità del carico sospeso. Il teste, inoltre, ha dichiarato di aver analizzato i dispositivi di aggancio e sollevamento dei pannelli: ciò che aveva rilevato è che le modalità con le quali erano state utilizzate le viti non corrispondevano alle indicazioni che la scheda tecnica elaborata dalla stessa Rothoblaas forniva, scheda che, peraltro, egli aveva acquisito direttamente dalla Rothoblaas e che non era presente sul luogo di lavoro né messa a conoscenza dei lavoratori. In particolare, nella predetta scheda, veniva richiesto di fissare la vite ortogonalmente alle fibre del legno mentre era emerso che la vite veniva posizionata perpendicolarmente. In questo caso, la stessa Rothoblaas, azienda che materialmente produce le viti, nella scheda tecnica indicava “anche nel caso in cui fosse inserita perpendicolarmente si deve effettuare una leggera fresatura” e nel caso di specie non vi era alcuna fresatura dell’alloggiamento. Il teste ha, peraltro, chiarito che queste informazioni non erano presenti nella stazione di lavorazione ma le aveva prese in autonomia presso la Rothoblaas al fine di verificare l’effettivo carico che la vite poteva sostenere evidenziando che, non limitando i vari angoli come prescriveva la Rothoblaas, si rischiava di arrivare a portare la vite a lavorare quasi al massimo delle proprie potenzialità e quindi senza garantire una condizione di sicurezza. Inoltre, ha rilevato che la gru a ponte utilizzata al momento dell’infortunio non era stata sottoposta a verifica periodica, verifica poi disposta come conditio sine qua non dal PM per il dissequestro ed effettuata il 31 gennaio dal personale UOPSAL. Con riferimento alla forza necessaria per far collassare i pannelli che si trovavano lungo la via di circolazione, il teste ha specificato di aver calcolato se effettivamente i due pannelli sollevati, muovendosi e colpendo altri pannelli, erano in grado di generare il ribaltamento. Questo è risultato possibile perché la forza necessaria per provocare il ribaltamento era di circa 704,7 N che, moltiplicandola per due (essendo due i pannelli), corrisponde più o meno a 140kg. Dunque, i due pannelli sollevati insieme pesavano 1.150kg e quindi, da un punto di vista fisico, erano in grado di determinare urtandoli il ribaltamento dei due pannelli presenti sulla via di circolazione. In ultima analisi, il teste ha riferito di aver analizzato l’organizzazione del lavoro e, soffermandosi su quello che era espressamente indicato nel DVR con riferimento al lavoro notturno, era emerso che dovevano essere garantite le stesse condizioni di sicurezza che si hanno durante il turno giornaliero. Dunque, doveva essere garantita la presenza di addetti antincendio e di primo soccorso. Tuttavia, ciò che è emerso è che durante l’orario notturno non erano mai presenti dirigenti e preposti ma c’erano solamente operatori e addetti. Su domanda riguardante il lavoro che veniva svolto nella procedura di sollevamento, il teste ha riferito che vi era un macchinario che predisponeva il taglio fisico dei pannelli, dopodiché il pannello tagliato veniva espulso sulla rulliera che si trovava all’uscita del macchinario da taglio. La successiva rulliera traslante, posizionata nell’area di stoccaggio, poteva essere avvicinata e quindi trasferire il pannello finito, ri-traslare la rulliera verso l’area di stoccaggio dove il lavoratore, nel caso specifico, doveva materialmente avvitare le viti Rothoblaas all’interno del pannello e, tramite il carroponte, agganciare la testa delle viti, sollevare i pannelli, per spostarli poi nell’area di stoccaggio. Il consulente ha altresì chiarito che i pannelli dovevano essere guidati non soltanto dal movimento del carroponte ma anche stabilizzati dall’operatore, proprio perché i pannelli erano soggetti ad oscillazione ed appoggiarli in fase di oscillazione aumentava il rischio di ricaduta una volta poggiati a terra. Inoltre, ha evidenziato che sono stati sollevati contemporaneamente due pannelli, quindi, il lavoratore prima aveva dovuto agganciare il primo pannello, trasportarlo fisicamente sopra il secondo, agganciare anche il secondo e sollevarli. Su domanda dell’accusa, il teste ha confermato che i pannelli sollevati dal  Omissis per quello che risultava dai tabulati del macchinario del centro taglio, erano stati ultimati alle ore 22:58 del 24.11.2016 mentre, i pannelli collassati erano stati prodotti la sera del 23.11.2016. Riguardo ai pali rossi necessari al contenimento dei pannelli, il teste ha dichiarato che vi era, all’interno dello stabilimento, un’area con dei fori nel terreno all’interno dei quali venivano inseriti materialmente i pali cilindrici rossi che dovevano impedire il ribaltamento. Ha aggiunto, inoltre, che c’erano due diverse aree di stoccaggio: una di “stoccaggio temporaneo”, in cui venivano ammassati i pannelli appena finiti, ed era quella che si sviluppava anche in prossimità al luogo in cui lavorava il  Omissis ed una di “stoccaggio definitivo” dove i pannelli venivano depositati in attesa di essere trasportati ai vari committenti. Ha chiarito, inoltre, che in queste aree vi era la possibilità di utilizzare pali di altezze e diametri diversi specificando, pertanto, che era sempre necessaria una valutazione soggettiva dell’operatore nello scegliere a seconda dello specifico pannello. Tuttavia erano state trovate delle carenze nei calcoli dei dimensionamenti per le tipologie dei pannelli utilizzati e sul numero di pali utilizzabili per massimizzare la sicurezza nell’area di stoccheggio. Oltre a ciò, ha precisato che nell’area di stoccaggio temporaneo i pannelli presenti non erano fermati dai pali ma questi erano appoggiati sulla parete adiacente. Riguardo ai fori all’interno dei quali dovevano essere inseriti i pali rossi, sempre nell’area di stoccaggio temporaneo, il teste ha riferito che questi erano quasi interamente riempiti dalla segatura e questo non permetteva il materiale inserimento dei pali di contenimento. Infine il teste ha dichiarato di aver effettuato una verifica di idoneità dei pali e che questi non erano corretti in ordine ai carichi massimi che dovevano sopportare. Su domanda specifica della difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha dichiarato che il lavoratore, per poter utilizzare i vari macchinari, doveva avere una formazione, sia sul funzionamento del dispositivo che su tutti i rischi connessi alla lavorazione e prevenzione degli stessi, che sola gli avrebbe consentito di utilizzare il macchinario in piena sicurezza. Inoltre, ha evidenziato che gli operai presenti nello stabilimento oltre a  Omissis il giorno dell’incidente, non erano addetti al centro taglio. Su domanda delle difesa  Omissis il teste ha affermato che se il lavoratore, durante la movimentazione, si fosse trovato in prossimità della stazione di taglio, l’incidente non si sarebbe verificato. Ha chiarito, inoltre, che le viti, nel caso specifico, non presentavano deformazioni ma erano avvitate quasi integralmente nel corpo. Dunque, pur non essendo fissate ortogonalmente, le viti non avevano subito danni.

L’ing. Mattioli Piero, consulente tecnico della difesa  , richiamandosi specificamente alla relazione depositata, ha affermato che dagli accertamenti svolti poteva affermarsi in sintesi che gli elementi concorrenti a determinare l’evento fossero essenzialmente tre. Il primo era rappresentato dalla posizione del lavoratore, una posizione contrastante con quanto previsto nel DVR, che lo metteva in una condizione di rischio in ragione della vicinanza dei pannelli sospesi e dei pannelli depositati esattamente dietro di lui. Il secondo elemento era costituito dalla posizione dei pannelli che erano collocati temporaneamente a terra. Il terzo era dato dalla modalità di sollevamento dei pannelli. Il consulente ha dichiarato che il 18 febbraio 2017 aveva effettuato, insieme agli ispettori dell’UOPSAL, due simulazioni utilizzando gli stessi pannelli che erano stati movimentati dal  . Omissis  Rammostrando in aula il filmato delle operazioni compiuti, ha riferito che con la prima simulazione si era provveduto alla dimostrazione di come si comportavano i pannelli con un sollevamento corretto, cioè retrocedendo l’argano man mano che saliva, quindi facendo un “tiro in verticale”. Invece, con la seconda simulazione era stato dimostrato il comportamento dei pannelli con un sollevamento scorretto, cioè senza retrocedere l’argano e mantenendolo in verticale rispetto al bordo della rulliera, quindi facendo un tiro obliquo. Secondo il consulente solo con quest’ultima modalità di tiro, scorretta, si determina un’oscillazione del pannello che porta ad una rotazione dello stesso. Dunque, a causa del modo in cui i panelli erano stati sollevati, questi avevano oscillato per andare poi a urtare contro i  pannelli posizionati a terra, che accidentalmente sono caduti addosso al Omissis . Il consulente ha, quindi, rilevato che il caso di specie è un caso del tutto particolare, caratterizzato dalla confluenza di tre elementi che contemporaneamente si sono verificati: quindi, nell’analisi dei rischi, ci si troverebbe difronte ad un caso eccezionale. In mancanza, invece, di uno di questi tre elementi, non si sarebbe verificato alcun infortunio. Su specifica domanda ha affermato che sulla base delle schede di lavorazione, il Omissis  aveva movimentato, da quando lavorava alla Omissis circa 6000 pannelli.  Su specifica domanda della pubblica accusa, in particolare sul motivo per il quale non avesse considerato tra le varie concause che hanno determinato l’evento il disassamento, generato da un errore nel sollevare i pannelli, il teste ha dichiarato di non averlo considerato perché se i pannelli fossero stati sollevati correttamente, il disassamento non si sarebbe verificato. A domanda delle difesa di parte civile  (avv. Tomaselli), il teste ha chiarito che i pannelli già stoccati, che sono caduti rovinosamente sul  Omissis si trovavano in una posizione scorretta in quanto al di fuori delle apposite aree di stoccaggio. Ha specificato, inoltre, che se i pannelli fossero stati posizionati all’interno degli slot evidentemente non si sarebbe generato alcun ribaltamento. Oltre a ciò, il consulente ha osservato che, a suo giudizio, la posizione della vite in sede di sollevamento incide non sull’oscillazione bensì sulla rotazione dei pannelli. L’oscillazione si evita accompagnando la salita: quindi, è possibile avere un carico non perfettamente in asse ma questo non significa che non si possa sollevare, è possibile farlo ma avendo molta cura, ovvero attraverso un movimento lento, in maniera tale da evitare le oscillazioni. Su specifica domanda, l’ing. Mattioli ha confermato che nei pannelli movimentati dal  Omissis vite non era esattamente nel baricentro ma comunque vicino. A domanda della difesa di parte civile CGIL Fillea, il teste ha riferito di aver accertato che nel febbraio del 2016 era stato effettuato un corso nel quale venivano trattati alcuni aspetti, ovvero aspetti legati al rischio e l’interazione tra l’operatore e la macchina. Su domanda della pubblica accusa, il teste ha riferito che all’interno del DVR (allegato 1 della perizia del dott. Mattioli) vi era una sezione che parlava della movimentazione meccanica dei materiali. Ha precisato che per la lavorazione a cui provvedeva il  Omissis era sufficiente un solo operatore e non era necessaria la presenza di un altro lavoratore. Ha sottolineato, inoltre, che l’aver sollevato due pannelli contemporaneamente invece di uno soltanto non aveva inciso sull’oscillazione che ha portato all’urto con i pannelli che si trovavano nella via di camminamento, ma aveva inciso nel senso di aver sprigionato una forza maggiore contro i pannelli stoccati.

Si è proceduto, da ultimo, ad un confronto tra i consulenti tecnici ed in particolare su quali fossero le cause di oscillazione dei pannelli sollevati con la gru a ponte. L’ing. Mattioli, quale ctp della difesa  , ha sostenuto che l’unica spiegazione possibile per un movimento oscillatorio quale quello che ha determinato l’urto ed il conseguente ribaltamento dei pannelli a terra va individuata non tanto nella velocità di sollevamento con cui è stato utilizzato il carroponte quanto nell’aver compiuto un tiro obliquo, che ha mantenuto i pannelli sospesi in prossimità del margine della rulliera. L’ing. Gonnella, quale ctp dell’accusa, ha concordato quanto al profilo della velocità con l’ing. Mattioli ma ha, comunque, aggiunto di non poter escludere che il movimento oscillatorio che ha prodotto l’urto con i pannelli a terra sia dipeso, dopo un sollevamento corretto (tiro in verticale), da una traslazione che a fronte dell’eccentricità dei due pannelli abbia determinato, in fase di traslazione orizzontale, la rotazione degli stessi.

Il teste a difesa  Omissis ha dichiarato di esser stato dipendente della Omissis fino al 31 gennaio 2016 e si essersi occupato, con mansione omologa a quella del Omissis  del taglio dei pannelli che venivano prodotti e del relativo scarico, e di aver conosciuto il Omissis  perché gli era stato affiancato, per circa due settimane dopo l’assunzione, per insegnargli il lavoro. I primi giorni il  Omissis ascoltava e vedeva in che modo si svolgeva la mansione, per poi iniziare ad eseguirla in prima persona. Il teste ha specificato che durante la formazione aveva indicato al  Omissis di stare sempre ad una distanza di sicurezza (almeno due metri) durante la movimentazione dei pannelli. Inoltre, ha affermato che il carroponte che utilizzavano aveva due velocità, una più lenta ed una più veloce, e di aver insegnato al  Omissis solamente la velocità più lenta, in maniera tale da fargli prendere dimestichezza con il macchinario. Su specifica domanda del PM, il teste ha chiarito di non aver avuto alcuna esperienza con i carriponte prima dell’esperienza lavorativa alla Omissis e di aver imparato anche lui attraverso un periodo di affiancamento durato circa due settimane. Quindi non aveva fatto alcun corso specifico sull’utilizzo del carroponte e tutte le informazioni su come utilizzarlo le aveva apprese perché gli erano state a sua volta trasmesse da un altro lavoratore. Ha dichiarato, infine, che alcune volte capitava che, in caso di pannelli di piccole dimensioni, ne venissero alzati due contemporaneamente.

L’isp. del Lavoro Zeni Gilberto ha riferito che la notte dell’infortunio si recò sul posto a seguito di chiamata compiuta direttamente dai Carabinieri di Borgo Valsugana; al suo arrivo erano presenti, oltre ai Carabinieri, il responsabile della produzione,  Omissis, e due operai (Omissis). Nell’immediatezza dei fatti egli si limitò a cristallizzare la situazione rinvenuta, scattando delle fotografie con cui è stato formato il fascicolo fotografico in atti. In particolare, ha specificato che sul posto c’era una rulliera e che in fondo a questa c’era un carrello elevatore sulla cui forca erano appoggiati due pannelli; erano stati trovati due pannelli appesi al carroponte, un radiocomando ed un avvitatore, mentre l’infortunato non era presente, in quanto già trasportato in ospedale. Su specifica domanda della difesa  , il teste ha riferito di aver verificato, con l’ausilio di Omissis il regolare funzionamento del carroponte senza che fosse emersa alcuna anomalia.  

L’ing. Belloni Lorenzo, consulente tecnico della difesa  , ha dichiarato di aver individuato, all’esito della propria attività consistita esclusivamente in un’analisi documentale, coerentemente alle indicazioni fornite dai consulenti Gonnella e Mattioli, tre elementi che concatenati tra loro hanno determinato l’evento. Il primo era rappresentato dal posizionamento dei pannelli fuori dagli slot delimitati con i pali rossi; il secondo costituito dall’urto di un pannello in fase di sollevamento contro un pannello appoggiato per terra dovuto, per quanto rappresentato dal consulente Mattioli, ad un tiro obliquo; il terzo era la posizione dell’infortunato. Nello specifico, il consulente ha riferito che il Omissis, quale R.S.P.P. della XLam, nell’elaborare il DVR vigente al tempo dell’infortunio, aveva dato indicazioni e suggerimenti compiuti nell’andare ad individuare una serie di misure di prevenzione come l’individuazione di una segnaletica orizzontale che definiva quali fossero le zone di passaggio pedonale, prevedendo che le stesse evidentemente non fossero ingombrate da prodotti finiti, per l’alloggiamento dei quali erano state predisposte apposite aree. Ha evidenziato che questa indicazione era contenuta all’interno del DVR e che era una misura di prevenzione adeguata e pienamente realizzabile. Con riferimento al sollevamento dei pannelli, il teste ha sottolineato la grande importanza di spostare il carroponte nella direzione del baricentro in modo tale da tenere in equilibrio il carico ed evitare un effetto pendolo. Su domanda specifica, il teste ha messo in luce – riportandosi alle relative considerazioni spese nella relazione depositata - che all’interno del DVR erano presenti delle indicazioni puntuali riguardo alle misure ed alle manovre da adottare per prevenire il verificarsi dei rischi derivanti dalle modalità di sollevamento dei pannelli con il carroponte e la relativa velocità utilizzata. Ha evidenziato che non esistevano, per questi tipi di macchine e tipologie di lavorazioni, indicazioni tecnicamente diverse da quelle presenti all’interno del DVR. Infine, riguardo alla posizione tenuta dal lavoratore durante lo spostamento dei pannelli con il carroponte, il teste ha affermato che il  Omissis si trovava in una posizione errata, ovvero al fianco (lato lungo) e non alla testa  (lato corto) della rulliera, come gli era stato indicato dal collega   Omissis che lo aveva affiancato durante il periodo di formazione. Ha aggiunto, inoltre, che l’informazione riguardo al corretto posizionamento è indicata all’interno del DVR. In conclusione il teste ha riferito che, a fronte anche della sua esperienza come R.S.P.P., il Saia ha ottemperato al suo dovere di valutare tutti i rischi che avevano portato al verificarsi del tragico evento e che per ciascuno di questi vi erano indicate, all’interno del DVR, misure di prevenzione in maniera chiara e comprensibile. Su specifica domanda della pubblica accusa, il teste ha peraltro confermato di non aver trovato nella documentazione tecnica esaminata alcuna procedura specifica per il sollevamento di un pannello dal piano orizzontale al piano verticale.

***

È anzitutto pacifico che  Omissis deceduto alle ore 8.05 del 25/11/2016 in seguito all’infortunio sul lavoro occorso all’incirca alle ore 23.15 del giorno precedente, all’epoca dei fatti lavorasse alle dipendenze della società   Omissis assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato sottoscritto il 7/12/2015, con decorrenza dal 09/12/2015, con qualifica di operaio e mansioni di addetto alla produzione (cfr. lettera di assunzione – affol. I 5 e ss).

Il primo aspetto da esaminare riguarda l’identificazione della figura del datore di lavoro all’interno della   Omissis

Secondo la prospettazione accusatoria la qualifica soggettiva di datore di lavoro dovrebbe essere riconosciuta in capo a   Omissis nella sua qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società  Omissis il quale si sarebbe avvalso dello strumento della delega di funzioni ex art. 16 del d.lgs. 81/2008 in favore del fratello  Omissis delegando tuttavia di fatto a quest’ultimo anche funzioni non delegabili, tra cui la valutazione dei rischi e la elaborazione del DVR, sottoscritto infatti da  Omissis non da Omissis , e la nomina dell’RSPP, pure compiuta da Omissis con conseguente invalidità in parte qua della delega e conservazione della qualifica datoriale da parte del delegante. Ritiene, tuttavia, il Tribunale di non poter condividere tale prospettiva, dal momento che, ad avviso del Tribunale, nel caso di specie non ci si trova al cospetto di una delega di funzioni ex art. 16 d.lgs 81/2008 da parte di Omissis  datore di lavoro delegante, in favore di Omissis , delegato, bensì ad una ridistribuzione interna, tra componenti del consiglio di amministrazione, di poteri, in forza della quale la qualifica di datore di lavoro va riconosciuta nella persona di Omissis. Invero, secondo i più recenti insegnamenti della S.C., soprattutto in complesse realtà d’impresa, non può automaticamente identificarsi il datore di lavoro nella persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione. Ai sensi dell’art. 2 T.U.S., il datore di lavoro è “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. La norma definisce dunque il datore di lavoro secondo un criterio, alternativamente formale (titolare del rapporto di lavoro) o sostanziale (responsabile con effettivi poteri decisionali e di spesa). Con specifico riferimento alle società di capitali, in estrema sintesi, nel corso del tempo, si sono venuti a formare due indirizzi giurisprudenziali: secondo l’orientamento più risalente, il datore di lavoro è da individuarsi nel rappresentante legale (Cass. Pen., Sez. III, n. 28358/2006); seguendo un indirizzo più recente, invece, tale qualifica si estende tendenzialmente a tutti i membri del Consiglio di Amministrazione (Cass. Pen., Sez. IV, n. 38991/2010). Tuttavia, occorre tenere conto che il Consiglio di Amministrazione può – ai sensi dell’art. 2381, comma 2, c.c. – delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad uno o più dei suoi componenti e che, proprio a mente di ciò, la Corte di Cassazione riconosce l’efficacia di tale redistribuzione interna, affermando che la responsabilità collegiale sussiste “solo quando il CDA non abbia trasferito poteri e responsabilità all’amministratore delegato o ad altri soggetti” (Cass. Pen., Sez. IV, n. 55005/2017), con la precisazione che la “delega” deve essere ampia, così da conferire al delegato il potere di autonoma decisione circa l’adozione delle misure necessarie a garantire il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In presenza di siffatta delega, permane in capo ai restanti componenti dell’organo amministrativo l’obbligo, non delegabile, di vigilare e di intervenire qualora a conoscenza di circostanze che impongano un loro intervento. Va rimarcato che, in caso di attribuzione, ad un unico soggetto, di specifiche competenze gestorie, proprie dell’organo collegiale, non ci si trova al cospetto di una delega di funzioni ex art. 16 d.lgs. 81/2008 “verticale”, idonea a trasferire i poteri dal titolare ex lege (garante originario) ad un garante derivato, ma ad un mero riparto di competenze “orizzontale”, tra soggetti detentori di funzioni a titolo originario. Dunque, allorché il C.d.a. si avvalga della possibilità, prevista per legge, di procedere ad una redistribuzione interna delle proprie attribuzioni, attribuendo ad uno solo dei propri componenti le funzioni in materia di sicurezza sul lavoro, nei termini sopra indicati, la qualifica di datore di lavoro dovrà essere riconosciuta in capo al componente prescelto. Ritiene il Tribunale che ciò sia quanto è avvenuto in seno alla Xlam, alla luce di quanto emerge dai docc. – affol. C9 e ss. e C42 e ss. (visura camerale Xlam e atto notarile di “revoca e procura” di data 13/12/2012). Segnatamente nel primo documento (p. 6) si legge che l’amministratore delegato Omissis  è rappresentante dell’impresa e procuratore “con tutti i poteri ai sensi del d.lgs. 81/2008 in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, tutela e protezione ambiente, gestione dati personali, con i poteri di data 13/12/2012”; a sua volta la procura notarile dd. 13/12/2012 attribuisce allo stesso i più ampi poteri nei settori sopra indicati e per quanto di specifico interesse anche nel settore della sicurezza sui luoghi di lavoro, evidenziando nella “premessa” che la dimensione e l’articolazione organizzativa della società rendono indispensabile l’imputazione in capo a persona particolarmente esperta, individuata poi nella persona di Omissis, dei compiti e degli adempimenti in materia, tra l’altro, di “sicurezza del lavoro e di prevenzione contro gli infortuni e le malattie professionali”; in tal senso la anzidetta procura stabilisce, in via generale, che al nominato procuratore (Paterno Franco) vengono attribuiti tutti i poteri per garantire l’integrale e puntuale osservanza di tutti gli obblighi previsti dalle vigenti normative in materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione contro gli infortuni e le malattie professionali, nonché l’adempimento di ogni altra eventuale disposizione che dovesse essere in futuro emanata in materia, facendo seguire, a titolo esemplificativo, un lungo elenco di attribuzioni allo stesso affidate, e specificando altresì che “per lo svolgimento delle funzioni delegate Omissis potrà utilizzare le risorse economiche della società che vengono messe a sua completa disposizione nella misura che riterrà necessaria senza obbligo di alcuna autorizzazione preventiva all’impiego di capitali e risorse finanziarie della società” e che nell’espletamento delle funzioni riconosciutegli “Omissis potrà avvalersi della collaborazione dei singoli responsabili delle aree, i quali saranno tenuti a conformarsi alle disposizioni impartite in materia dal nominato procuratore” (Omissis ) di seguito si specifica che “in osservanza dell’obbligo di vigilanza di cui all’art. 16 del lgs. 81/2008 posto in capo al delegante in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, il soggetto delegato ha l’obbligo di relazionare circa l’adempimento delle funzioni oggetto di delega al sig. Omissis”, individuandosi, quindi, in quest’ultimo colui che ex art. 16 mantiene un dovere di vigilanza anche in caso di delega di funzioni, imponendosi appunto al soggetto delegato l’obbligo di relazionare a Omissis. A questi dati di carattere formale, che attengono alla distribuzione interna – in senso orizzontale  - dei poteri e delle competenze, portando ad identificare il datore di lavoro nella persona del solo amministratore delegato Omissis, si affiancano i dati sostanziali costituiti dall’esercizio fattuale, proprio da parte di Omissis, di tutti i poteri e di tutte le attribuzioni proprie del datore di lavoro, dal momento che, come ha ricordato l’isp. del lavoro Merler, è proprio Omissis che ha sottoscritto il DVR in atti in qualità di datore di lavoro e che, nella medesima qualità, ha provveduto alla nomina dell’RSPP, oltre che del medico competente, senza contare che praticamente tutti i lavoratori alle dipendenze della   Omissis sentiti in dibattimento hanno identificato proprio in  Omissis colui che per essi era ed è il loro datore di lavoro. Solamente   Omissis sentito in dibattimento, ha riferito, con riguardo alla propria assunzione, che egli era stato voluto e cercato direttamente da Omissis  va però considerato che Omissis riveste all’interno della  Omissis un ruolo ed una funzione apicale, essendo il direttore tecnico, come tale responsabile dell’ufficio tecnico, e che, dunque, il diretto interessamento da parte del presidente del Consiglio di Amministrazione ben può giustificarsi proprio in ragione della rilevanza del ruolo che avrebbe dovuto ricoprire Omissis ; lo stesso, del resto, come già evidenziato nella narrazione che precede, ha rappresentato che egli svolse poi in concreto i colloqui di lavoro con tutti e tre i fratelli Omissis  e che, nell’espletamento delle proprie mansioni, egli poi si è sempre quotidianamente confrontato con  Omissis, che anch’egli ha indicato quale datore di lavoro. Orbene, alla luce del complesso delle considerazioni suesposte, si deve escludere che Omissis rivesta e rivestisse all’epoca dell’infortunio occorso al   Omissis la qualità di datore di lavoro che gli è, invece, assegnata nell’imputazione ed in relazione alla quale al predetto imputato è mosso l’addebito per colpa specifica relativa all’omessa valutazione nel DVR vigente dei rischi connessi alla lavorazione cui era addetto il lavoratore infortunato (profilo di colpa che, invece, dovrà essere necessariamente valutato con riferimento alla posizione di  Omissis, quale datore di lavoro che ha sottoscritto l’anzidetto documento). Pertanto, esclusa la qualità di datore di lavoro in capo a Omissis  viene meno la possibilità di attribuire allo stesso la responsabilità per i fatti contestati, anche considerato che, dalla pur articolata e complessa istruttoria svolta, non sono emersi elementi univoci dai quali inferire che vi sia stato, da parte del predetto imputato, un colpevole inadempimento dell’obbligo di vigilanza e di intervento che, secondo l’insegnamento della S.C. sopra richiamato, permane – anche in caso di redistribuzione di poteri gestori all’interno del board - in capo a tutti ed a ciascuno dei componenti dell’organo amministrativo, tanto più che è emerso che il predetto imputato non operasse neppure, diversamente da Paterno Franco, all’interno dello stabilimento in cui è avvenuto l’infortunio e che, in senso contrario, è invece emerso che ivi vi fosse una presenza quotidiana proprio da parte di  Omissis Di qui, dunque, l’assoluzione di  Omissis con la formula prescelta in dispositivo.

Tanto premesso con riguardo alla posizione soggettiva di datore di lavoro, da riconoscersi quindi in capo a   Omissis con riguardo alle modalità di verificazione dell’infortunio mortale di cui è stato vittima il Omissis deve evidenziarsi quanto segue.

Può ritenersi acclarato che l’infortunio si sia verificato mentre il Omissis  stava svolgendo le mansioni a lui affidate, quale operaio addetto al centro taglio, durante un turno di lavoro “prolungato”, protrattosi anche in fascia notturna (segnatamente dalle ore 15 alle ore 24), fissato con tale estensione temporale per fare fronte all’assenza di un altro lavoratore in ferie (che si è rivelato essere  ), in un periodo di per sé caratterizzato da un picco di produzione.

Che si trattasse di un periodo caratterizzato da lavoro particolarmente intenso rispetto alla normalità lo si deduce agevolmente tanto dalle indicazioni riportate dall’Isp. Merler, in relazione al numero di ore di straordinario lavorate, quanto dalle deposizioni rese al riguardo da più lavoratori (Omissis) ed è stato esplicitamente riferito anche dal teste  Omissis, che in proposto ha anche significativamente ricordato come, a causa delle condizioni climatiche avverse, il cliente per il quale si stava all’epoca eseguendo la commessa avesse anche richiesto di ritardare la consegna, con conseguente permanenza dei prodotti finiti presso lo stabilimento.

In particolare,   Omissis stava movimentando con il carroponte due pannelli (i nn. 110 e 120), prodotti alle ore 22.58 di quella stessa sera, pochi minuti prima dell’infortunio, i quali hanno urtato altri pannelli strutturali (n. 96903 e n. 968, del peso ciascuno di 1.476 kg) che erano collocati in verticale per terra, alle spalle del lavoratore, facendoli ribaltare addosso al Omissis , che veniva così schiacciato contro la rulliera “Dalso”. Difatti, in tale posizione è stato ritrovato dai colleghi  Omissis che gli hanno prestato i primi soccorsi, liberandolo dalla morsa dei due pannelli collassati su di lui con l’ausilio di un muletto. La dinamica è in linea con quanto indicato dal medico legale dr. Morelli circa la causa del decesso, individuata in uno shock emorragico da massivo versamento ematico addominale conseguente a trauma da schiacciamento. Sia l’ispettore del lavoro Merler, sia l’ing. Gonnella hanno evidenziato, anche tramite documentazione fotografica (cfr. pagg. 26 e ss. relazione di consulenza Gonnella dd. 06/1/2017 e verbale stenotipico deposizione Merler, p. 14), la presenza, tanto sui pannelli movimentati dal       Omissis con carroponte quanto sui pannelli caduti addosso allo stesso, di segni compatibili con gli esiti dell’urto intervenuto tra gli stessi.

E’ stato, inoltre, acclarato, sia alla stregua delle deposizioni assunte che della documentazione fotografica relativa al luogo che è stato teatro dell’infortunio, che i due pannelli, n. 96903 e n. 968, collassati addosso a  Omissis, provocandone lo schiacciamento contro la rulliera, non si trovassero all’interno dell’apposita area di deposito temporaneo, stoccati in slot costituite da appositi pali di contenimento infissi al suolo, deputati ad impedire il ribaltamento dei pannelli in deposito, ma che essi fossero stati accostati ad un’altra serie di pannelli collocati in verticale sulla base d’appoggio a partire dal muro a lato della rulliera, fino ad ingombrare la via di camminamento che si snoda di fianco alla rulliera “Dalso”, che, invece, doveva rimanere sempre sgombra.  

Tale scorretto posizionamento dei predetti pannelli strutturali collassati ha rappresentato, nella ricostruzione di tutti i consulenti, una delle concause che ha determinato l’infortunio occorso al  , Omissis giacché proprio tale scorretta collocazione, con ingombro della via di transito a ridosso della rulliera, ha fatto sì che essi fossero urtati dai due pannelli agganciati al carroponte, finendo per abbattersi sul  Omissis. Diversamente, ove essi fossero stati collocati nelle apposite slot, non avrebbero potuto essere urtati dai pannelli sollevati con il carroponte.

I predetti due pannelli collassati addosso al lavoratore, dall’esame dei tabulati del macchinario del centro taglio, risultano essere stati prodotti alle ore 23.02 del 23/11/2016, ossia il giorno prima dell’infortunio, sicché, come rilevato dall’Isp. Merler, essi già giacevano in quella posizione nel momento in cui   Omissis iniziò il proprio turno alle 15 e si può ragionevolmente ritenere che essi siano rimasti in quella posizione scorretta durante tutta la giornata del 24 novembre.

L’istruttoria, sopra ripercorsa nei suoi tratti salienti, ha, peraltro, rivelato che il posizionamento di pannelli strutturali al di fuori delle slot, come nella situazione specifica in cui è avvenuto l’infortunio, non era una evenienza isolata ma era invece piuttosto frequente proprio nei periodi, come quello che viene in considerazione, caratterizzati da più intensa produzione; più dipendenti (come  ) Omissis hanno, infatti, riportato che capitava, tanto più in periodi di elevata produzione come quello in cui è avvenuto l’infortunio, ove non vi fossero slot libere, che dei pannelli venissero collocati in aree diverse da quelli destinate al loro alloggiamento, al di fuori delle slot ed in assenza di pali di sostegno, e spesso anche ammassati uno sull’altro lungo il muro a lato della rulliera, come nel caso specifico;  Omissis ha rappresentato che anche nei giorni precedenti all’infortunio, nell’area in cui esso avvenne, non venivano di fatto impiegati i pali per il contenimento dei pannelli, specificando che a sua memoria ciò accadeva da circa da due o tre mesi, e che in aggiunta in quell’area aveva già rilevato la presenza di pannelli allocati fuori posto. L’isp. Merler ha fatto, del resto, notare che, come è documentato nel fascicolo fotografico agli atti, alcuni pali rossi, anziché essere infissi a formare le slot nel “deposito temporaneo”, giacevano appoggiati al muro retrostante e che, da altro lato, i fori destinati all’alloggiamento dei pali nell’area in prossimità del centro taglio erano ostruiti dalla presenza di segatura, che ne impediva in ogni caso l’inserimento. Tale ultimo rilievo appare particolarmente significativo, suffragando l’affermazione compiuta dal  Omissis circa il mancato impiego dei pali, non da un giorno o due, ma da un tempo più lungo, tanto da avere reso possibile per accumulo il riempimento e l’ostruzione dei fori. Trattasi, quindi, di una condizione lavorativa tutt’altro che estemporanea ed imprevedibile, ma ripetutasi nel tempo ed evidentemente tollerata dal datore di lavoro  Omissis Questi, come emerso dal testimoniale, aveva il proprio ufficio nella stessa sede ed era anche fisicamente e quotidianamente presente sul luogo di lavoro e, purtuttavia, non risulta che, a fronte della situazione presente, alcuno dei lavoratori sia stato mai richiamato o sanzionato per il mancato uso di detti pali “antiribaltamento” e per lo scorretto posizionamento dei pannelli strutturali in oggetto, che, come sopra rilevato, ha costituito una concausa dell’infortunio.

In tal senso deve ritenersi, pertanto, fondato l’addebito colposo specificamente formulato al predetto imputato ai sensi dell’art. 18 c. 1 lett. f) del d.lgs 81/08 per non avere vigilato sull’operato dei propri lavoratori e richiesto l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, permettendo che non venissero costantemente utilizzati i pali di colore rosso con funzione di sostegno e protezione dei pannelli appoggiati nelle zone di deposito e che i pannelli fossero pericolosamente stoccati anche al di fuori delle slot sino ad ingombrare, nella situazione specifica, la via di transito.

La valutazione non muta alla luce del rilievo difensivo secondo cui il collega di lavoro di Omissis, prima di finire il proprio turno di lavoro, quella sera, avesse suggerito al  medesimo si spostare quei pannelli che erano appoggiati a terra e di metterli in apposita slot.  Omissis come rilevato, era un semplice collega di Omissis   e la circostanza che solo  Omissis si sia premunito di dare una siffatta indicazione al  Omissis è anzi ulteriore indice dell’assenza di vigilanza datoriale sullo svolgimento del lavoro in condizioni di sicurezza e sulla osservanza delle misure a tutela.  

Va in proposito ulteriormente rimarcato come sia emerso nitidamente dall’istruttoria che, nel momento in cui si verificò l’infortunio, erano presenti nello stabilimento unicamente altri due lavoratori, ossia   Omissis intento nelle pulizie, e  , Omissis che stava lavorando su altra macchina della linea 1. Di fatto essi si sono resi conto della presenza di  Omissis e di ciò che questi stava facendo, solo allorché  Omissis ha udito le sue richieste di aiuto, attirando anche l’attenzione di   Omissis Non era, infatti, garantito un flusso informativo che assicurasse ai lavoratori la preventiva conoscenza di chi era presente. In quella fascia temporale, inoltre, non era stata assicurata la presenza (oltre che dell’addetto antincendio e di quello di primo soccorso – mancanza che, tuttavia, non può ritenersi in connessione causale con l’infortunio) di un preposto, che vigilasse sull’operato dei lavoratori in servizio e che verificasse il corretto assolvimento da parte loro delle misure di sicurezza, intervenendo in caso di necessità. Si evidenzia, nella consulenza della difesa Paterno, che quello che svolgeva   Omissis non può essere considerato lavoro notturno, secondo la definizione propria, dal momento che egli aveva iniziato il turno alle ore 15.00 e lo avrebbe terminato a mezzanotte, svolgendo un’ora di lavoro straordinario. Il rilievo, di per sé corretto, non incide però sulla valutazione circa la rilevanza dell’omissione connessa all’assenza di un preposto, ed anzi induce all’ulteriore riflessione per cui, a fronte della concreta necessità di fare fronte a specifiche ed intense esigenze produttive, il datore di lavoro ha riorganizzato i turni tra i dipendenti, facendo ricorso allo straordinario protratto anche nell’orario indicato, senza minimamente garantirne le condizioni di sicurezza. È a questo contesto che si riallacciano le doglianze e le paure che, pure, come riferito dai suoi più stretti familiari, Omissis  aveva esternato nel periodo immediatamente precedente al tragico evento. Vero è che la designazione di un preposto, salvo casi espressamente previsti che qui non vengono in rilievo, non è obbligatoria per il datore di lavoro, ma è pur vero che, in caso di mancata designazione, i relativi compiti di sorveglianza restano a carico dello stesso datore di lavoro, laddove, invece, è un dato acclarato che quei frangenti temporali, ancorché non qualificabili come lavoro notturno in senso proprio (per ciò che concerne  Omissis i lavoratori in servizio, nonostante la complessità e pericolosità delle attività cui erano addetti, fossero lasciati completamente “a sé stessi”.  

Sotto questo profilo, quindi, ritiene il Tribunale che sia fondata anche la contestazione a Omissis dell’addebito colposo per violazione dell’art. 2087 c.c., laddove, va precisato, in assenza di accertata correlazione causale con l’evento mortale in oggetto, non vengono invece in rilievo gli ulteriori profili colposi pure contestati dall’accusa a Omissis  in relazione alla messa a disposizione di gru a ponte non verificata ed alla messa a disposizione di pali di sostegno in tesi accusatoria inadeguati.

L’ulteriore addebito colposo mosso al predetto imputato concerne, poi, il profilo della omessa informazione, formazione e addestramento adeguati nei confronti del lavoratore addetto (anche) all’uso di carroponte. Va rilevato che sul punto l’Isp. Merler ha dato conto di non avere rintracciato documentazione attestante l’adempimento di siffatto complesso obbligo datoriale, né verso Omissis  né verso gli altri lavoratori. A fronte di ciò, la difesa ha prodotto la documentazione (docc. 7, 8, 9 e 10) concernente il corso di formazione frequentato dal  n Omissis ei mesi di gennaio e febbraio 2016, sottolineando che si tratta di un corso di formazione generale e specifica (per complessive 16 ore) per lavoratori ad alto rischio che comprendeva, come poi rammentato anche nella consulenza Mattioli, anche la formazione sulla procedura di movimentazione meccanica dei pannelli, ed ha rimarcato come, dopo l’assunzione, per l’addestramento sul luogo di lavoro, il Omissis abbia per un periodo lavorato in affiancamento ad altri due lavoratori adibiti alle sue stesse mansioni, ossia Omissis. Va, però, in proposito rilevato che i predetti Omissis sentiti in dibattimento, hanno in sintesi entrambi riferito di non avere ricevuto, almeno in epoca antecedente all’affiancamento di  Omissis, alcuna formazione specifica in ordine alle mansioni loro affidate ed all’utilizzo della macchina in questione. Omissis ha, invero, significativamente rammentato che solo dopo l’infortunio aveva fatto corsi sull’utilizzo delle macchine, mentre in precedenza aveva fatto solo un corso generale, di cui non ricordava neppure il contenuto, ed ha rappresentato che quando aveva iniziato a lavorare alla Omissis dopo altra precedente esperienza presso il centro taglio di un’altra azienda, era stato di fatto istruito da un altro operaio che già vi lavorava. Analogamente Omissis ha dichiarato di aver a sua volta imparato il lavoro cui era adibito attraverso un periodo di affiancamento durato circa due settimane, giacché non aveva fatto alcun corso specifico sull’utilizzo del carroponte e tutte le informazioni su come utilizzarlo le aveva apprese perché gli erano state a sua volta trasmesse da un altro lavoratore. Occorre allora rammentare che, secondo l’insegnamento della S.C., l’adempimento dell’obbligo di informazione e formazione dei dipendenti, che grava sul datore di lavoro, non è escluso né surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto dell’esperienza lavorativa maturata o per il travaso di conoscenza che si realizza nella collaborazione tra lavoratori. Se ne desume che certamente l’obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro non è stato osservato nei confronti dei due predetti lavoratori, i quali, quindi, non possono ritenersi esperti e qualificati a loro volta nell’addestramento impartito al  Omissis. Sicché, anche volendosi ritenere assolto l’obbligo formativo sotto il profilo della formazione “formale” e “frontale” con la frequenza al corso documentato da parte del  Omissis, di certo non può ritenersi adempiuto siffatto obbligo sul piano della formazione “sul campo” / addestramento, essendo stato di fatto il  Omissis istruito sulle mansioni che in concreto andava a svolgere, ivi compreso l’uso delle macchine ed attrezzature, unicamente da lavoratori a loro volta entrambi privi di una valida formazione.

All’imputato Omissis non è individualmente contestata la violazione degli art. 17 c. 1 e lett. a) e 28 c. 2 lett. a), per avere omesso di effettuare una idonea e completa valutazione dei rischi legati all’attività di ancoraggio, imbragatura e sollevamento dei pannelli dalla posizione orizzontale alla posizione verticale; la relativa contestazione, infatti, nell’imputazione è formulata nei confronti di Omissis , con riferimento alla sua qualità di R.S.P.P., ed al solo Omissis reputato in tesi accusatoria datore di lavoro, gravato dai connessi obblighi non delegabili. Si sono sopra spiegate, però, le ragioni alla stregua delle quali, ad avviso del Tribunale, la qualità di datore di lavoro debba essere riconosciuta non in capo a Omissis, bensì in capo a Omissis; ciò conduce a ritenere che la violazione in oggetto – specificamente contestata in fatto nei confronti di Omissis e Omissis debba essere riferita e valutata con riferimento alla posizione di Omissis. Va rammentato al riguardo che, secondo l’insegnamento della S.C. (cfr. ad es. Cass. Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014 - 19/08/2014), “in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa” (fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità degli imputati per lesioni colpose conseguenti ad infortunio sul lavoro non solo per la contestata mancata dotazione di scarpe, caschi ed imbracature di protezione ma anche per l'omessa adeguata informazione e formazione dei lavoratori); facendo applicazione delle richiamate coordinate ermeneutiche – ed a mente del fatto che la contestazione, sia pure riferita agli altri imputati, è in questo caso espressamente enucleata nell’imputazione, formulata del resto in termini di cooperazione colposa, ritiene il Tribunale che sia, dunque, consentito valutare tale profilo di colpa specifico con riguardo anche alla figura di Omissis, senza che ciò sia precluso dal principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Ciò premesso, va rilevato in proposito che i consulenti delle difese si sono minuziosamente soffermati ad illustrare, anche con richiamo alle rispettive relazioni scritte ed alla documentazione in esse in larga parte riprodotta, i contenuti del DVR adottato dalla Omissis nelle persone di Omissis quale datore di lavoro, e Omissis, quale R.S.P.P., richiamando tutte le singole previsioni deputate a disciplinare la movimentazione meccanica dei pannelli prodotti e sottolineando che si tratta, in larga misura, di previsioni (come quelle di compiere movimenti lenti e di tenersi ad adeguata distanza dal carico) che codificano regole di comune prudenza che si assumono evidentemente disattese dal lavoratore; hanno riportato, nello specifico, che il DVR tra l’altro contempla anche la fase del sollevamento del pannello e prevede altresì le modalità con le quali questo deve avvenire (pagg. 11 e 12 del documento) ed hanno concluso in sintesi che non si sarebbero potute adottare previsioni diverse ed ulteriori per disciplinare in modo più idoneo tale attività. Sul medesimo punto ha, però, riferito in aula, oltre al c.t.p. del PM, anche l’Isp. del Lavoro Merler, il quale, prendendo evidentemente in esame il medesimo documento, ha invece segnalato di avere riscontrato per cosi dire una duplice omissione sul piano della completa valutazione dei rischi. Da un lato ha rilevato che, sebbene la Omissis producesse due diverse tipologie di pannelli, connotate da differenti modalità di ancoraggio e sollevamento, l’una tipologia caratterizzata da fori predisposti dall’automazione industriale sul pannello attraverso i quali fare passare le cinghie per l’aggancio al carroponte, ed una seconda tipologia, i pannelli pieni, quali quelli che stava movimentando Omissis all’atto dell’infortunio, che per essere sollevati dovevano essere ancorati al carroponte attraverso il sistema a vite Rothoblaas, il DVR vigente non dedicava neppure una previsione alla specifica procedura da adottare nella movimentazione di quest’ultima tipologia di pannelli, ossia proprio quella più pericolosa, che infatti, a seguito dell’adozione del verbale di contravvenzione e relativa prescrizione, è stata direttamente dismessa dall’azienda. Più nel dettaglio l’Ispettore ha rilevato che non era contemplata la procedura per correttamente effettuare i fori, inserire le viti nei pannelli pieni da sollevare e procedere al loro ancoraggio, ma, al contrario, era il lavoratore che, in totale autonomia, vi provvedeva; sotto altro profilo, ed in via più generale, l’ispettore Merler ha posto in rilievo come nel DVR fosse in realtà prevista e disciplinata la procedura deputata al sollevamento ed alla movimentazione dei pannelli, ma la procedura prevista riguardasse specificamente la (successiva) collocazione nelle slot (oltre che il carico sui camion), mentre mancava, invece, la disciplina della procedura specifica per apporre correttamente le viti di ancoraggio sui pannelli “pieni” e per sollevare detti pannelli portandoli dalla posizione orizzontale, con cui uscivano dal centro taglio sulla rulliera Dalso, alla posizione verticale, sebbene tale operazione, in presenza di pannelli ancorati in un solo punto, potesse innescare un movimento rotatorio. Considerazioni analoghe sono state spese dall’ing. Gonnella, il quale da un lato ha anch’egli riportato che la procedura contemplata nel DVR era riferita a pannelli già collocati in posizione verticale ovvero già stoccati e da altro lato ha sottolineato come sul luogo di lavoro, al di là del cartello indicante la portata delle viti, neppure fossero presenti le istruzioni per lo svolgimento di tale specifica procedura, tanto da avere autonomamente richiesto alla ditta produttrice Rothoblaas il libretto di istruzioni. Basti, peraltro, sul punto richiamare ulteriormente le deposizioni rese dai numerosi dipendenti assunti che, sia pure rimarcando la “semplicità” dell’operazione di inserimento della vite, hanno ad avviso del Tribunale nitidamente evidenziato come ciascuno, in base alla propria esperienza, si arrangiasse in autonomia a decidere la tipologia ed il numero delle viti da impiegare, ad individuare il punto di inserimento e le modalità con le quali provvedervi, in assenza di qualsivoglia informazione ed istruzione datoriale. Va evidenziato, in proposito, come del resto anche l’ing. Belloni, in risposta a puntuale domanda del PM, abbia lealmente riconosciuto che tale specifica fase di movimentazione del pannello sulla rulliera, con suo passaggio dalla posizione orizzontale alla posizione verticale, non era contemplata nel DVR e nella documentazione tecnica esaminati e, si osserva, dalla diretta disamina del documento dimesso agli atti, non risulta vi sia alcun riferimento a questa specifica fase lavorativa ed a questa specifica tipologia di pannelli: viene, invero, menzionato (solo) il rischio connesso all’aggancio dei pannelli con ancoraggio ad occhiello e nel prosieguo, nell’intera scheda relativa alla movimentazione, non si ha mai riguardo al sollevamento dall’orizzontale al verticale ma – coerentemente a quanto rilevato dell’Isp. Merler – si fa riferimento ad operazioni successive relative allo stoccaggio dei pannelli ed al loro caricamento sui mezzi di trasporto. Ritiene, pertanto, il tribunale che debba reputarsi sussistente anche la specifica violazione, contestata dal PM a Saia Davide quale R.S.P.P. ed a Paterno Domiziano, quale datore di lavoro, ma riferibile (per quanto sopra rilevato), con riguardo alla sua qualità di datore di lavoro, a Omissis relativa all’omessa completa valutazione nel DVR dei rischi cui era esposto il lavoratore, come Omissis  impegnato in questa particolare fase lavorativa. Le difese, al riguardo (in aggiunta a quanto evidenziato direttamente in relazione alla condotta tenuta dal lavoratore) fanno rilevare da un lato che il sistema di ancoraggio a vite Rothoblaas nel caso specifico non ha prodotto alcun malfunzionamento, dal momento che i pannelli sono rimasti agganciati al carroponte anche dopo l’infortunio ed utilizzati per le simulazioni compiute dai c.c.t.t.p.p., a dimostrazione che le viti erano idonee, dato che non si sono né deformate né spezzate, e da altro lato che il Omissis  neppure è stato direttamente investito dai pannelli movimentati, sicché difetterebbe il nesso di causa. Epperò, va osservato che è certo, e neppure controverso, che siano stati proprio i pannelli sollevati con il carroponte a provocare, con l’urto, il ribaltamento dei due pesanti pannelli strutturali che erano a terra, sulla via di fuga, i quali sono conseguentemente collassati addosso a Omissis schiacciandolo contro il bordo della rulliera. L’infortunio mortale, dunque, è conseguito proprio all’operazione di movimentazione, aggancio e sollevamento dal piano orizzontale al piano verticale dei pannelli del tipo “pieno” che non risulta puntualmente disciplinata nel DVR.  

Va, quindi, ritenuto integrato anche detto profilo di addebito colposo, sia a carico di  Omissis che a carico di Omissis.

Aggiungasi che, nel periodo in cui si è verificato l’infortunio, i turni di lavoro, del resto, erano particolarmente pesanti, contrassegnati, come si è visto, da molte ore di straordinario e dall’assenza di pause, tanto che ai dipendenti veniva corrisposta un’indennità.

Ritiene il Tribunale che sia in questo quadro che deve essere contestualizzata e valutata la stessa condotta del Omissis Perché nelle consulenze redatte per le difese, segnatamente nella consulenza dell’ing. Mattioli, al di là della terminologia utilizzata, si evoca il fatto che vi sia stata una condotta abnorme del lavoratore: questi, con comportamento insieme imperito e imprudente, forse anche perché troppo preso nell’uso del proprio cellulare, avrebbe compiuto una manovra errata (“il tiro in obliquo”) nel sollevamento a mezzo di carroponte dei pannelli che stava movimentando, i quali, per tale ragione, compiendo un movimento oscillatorio e rotatorio in prossimità del margine della rulliera, sarebbero entrati in collisione con quelli giacenti in verticale alle sue spalle ed egli ne sarebbe rimasto schiacciato in quanto, anziché posizionarsi in sicurezza nella postazione di comando in testa alla rulliera, si era pericolosamente posizionato in prossimità del carico. Ora, tralasciando il dato relativo all’uso del cellulare (dato che gli ultimi contatti registrati risalgono a circa un’ora prima dell’infortunio e quindi nulla in concreto consente di affermare che  Omissis lo stesse usando nei frangenti dell’infortunio), ed anche volendosi aderire alla ricostruzione dell’ing. Mattioli in ordine alla scorretta manovra di sollevamento dei pannelli con “tiro in obliquo” e conseguente oscillazione e rotazione in prossimità del bordo della rulliera, non può non evidenziarsi da un lato che i ritmi di lavoro serrati che erano richiesti ancor più in quel periodo lavorativo ben possono essere stati forieri di errori e di minore attenzione (  Omissis del resto era entrato nella nona ora di lavoro consecutiva al momento dell’infortunio e, come ricordato, da contratto non erano in generale previste pause, sostituite da indennità) e che, da altro lato, a tali manchevolezze del lavoratore il datore di lavoro avrebbe potuto e dovuto ovviare garantendo una adeguata vigilanza ad opera di personale addetto ed appositamente formato, che richiedesse il rispetto delle misure di sicurezza, ciò che invece è mancato, e le stesse imprudenze, inoltre, nulla avrebbero in concreto comportato ove il datore di lavoro non avesse tollerato ed avallato la prassi di allocare al di fuori degli appositi spazi pannelli strutturali quali quelli che sono collassati addosso a  Omissis.  Segnatamente, con riferimento al comportamento tenuto dal    , ed alla sua rilevanza rispetto alla verificazione dell’infortunio di cui è rimasto vittima, ad avviso del Tribunale, lo stesso non può ricondursi al concetto di condotta ‘abnorme’ del lavoratore, così come delineato dalla Suprema Corte.  Con tale espressione si indica, infatti, un comportamento tenuto dal sottoposto in grado di porsi come autonomo antecedente causale dell’evento, e tale, per ciò stesso, da privare di rilevanza eziologica la condotta colposa del datore di lavoro. Ad integrare un siffatto elemento non basta, secondo la consolidata giurisprudenza della SC, una condotta colposa – od anche specificamente vietata - del lavoratore: questa non risulta di per sé stessa idonea ad escludere la responsabilità del datore che abbia, egli stesso, agito con colpa (cfr. ex multis Cass. pen., sez. IV, 14/03/2014, n. 22247). In coerente applicazione dei principi in materia di causalità penale, contenuti all’art. 41 co. 2 c.p., deve, piuttosto, affermarsi che solo il sopravvenire di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore vale a relegare al ruolo di causa remota la condotta colposa del datore di lavoro. Tale conclusione appare consonante al rilievo per cui, alla base della responsabilità di quest’ultimo, si pone il rimprovero di non aver adottato comportamenti atti a prevenire il rischio di infortuni: ma di fronte a una condotta pericolosa del tutto imprevedibile e collocata al di fuori della sfera di rischio governata dal datore di lavoro, posta in essere dal lavoratore, nessun rimprovero può esser mosso al datore di lavoro. La legge, infatti, non può legittimamente esigere da un soggetto di premunirsi dinanzi al rischio dell’imprevedibile. Resta da definire con maggior precisione cosa possa intendersi per tale, in relazione allo svolgimento di un’attività lavorativa, specie se caratterizzata da procedimenti complessi. In ossequio al principio della personalità della responsabilità penale il concetto di abnormità della condotta è stato nel tempo specificato fino alla seguente definizione: può definirsi abnorme, e per ciò stesso idoneo a interrompere il nesso causale tra il contegno del datore o comunque del garante e l’infortunio, quel comportamento del lavoratore che si ponga al di fuori ed in aperto contrasto con le sue mansioni, non risultando, pertanto, prevedibile da parte del soggetto che versi nella posizione di garanzia (cfr. Cass. n. 7956/2013); o, ancora, il contegno che, pur risultando connesso all’attività assegnata al sottoposto, si risolva in qualcosa di ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili, e per ciò stesso prevedibili, imprudenze di quest’ultimo nell’esecuzione del lavoro (cfr. Cass. sez. IV, 10/11/2009). Più di recente la SC ha affermato che “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”(Cass. 13/12/2016 n. 15124, in fattispecie in cui la S.C. ha escluso l'abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all'interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l'arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione) ed ancora ha ribadito, con esplicito richiamo ai principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 38343/2014, che “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme ed idonea ad escludere il nesso di causalità, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto piuttosto che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia” : cfr. Cass. 3942/2021 la quale si è pronunciata in riferimento ad un infortunio occorso mentre il lavoratore stava eseguendo, mediante l’impiego di un carroponte, un’operazione di sollevamento di un carico, che gli cadeva sul piede e sulla gamba, procurandogli lesioni, e che ha efficacemente confutato la prospettazione difensiva, analoga a quella sostenuta nel presente dibattimento, relativa all’asserita abnormità della condotta del lavoratore per avere questi volontariamente scelto di posizionarsi al di sotto del carico, esponendosi così ad una evidente situazione di pericolo pur potendo movimentarlo mediante l’impiego di un apposito radiocomando, mantenendosi così a distanza di sicurezza; la Corte in motivazione ha significativamente specificato che “non vale, in sostanza, la mera valutazione del ricorrente circa una ritenuta avventatezza del lavoratore legata alla inutilità della sua decisione di posizionarsi sotto il carico, laddove egli lo poteva manovrare utilizzando il telecomando messogli a disposizione: nel solco della giurisprudenza di legittimità, si è recentemente precisato che, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente ed imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore piuttosto che al comportamento del garante”. La medesima giurisprudenza di legittimità ha d’altro canto esplicitamente da tempo chiarito che “non esclude la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento quando questo sia riconducibile comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio derivante da tale comportamento imprudente” (ad es. Cass. 14/01/2014 n. 7364). Come può notarsi, l’approdo giurisprudenziale sul tema ruota con tutta evidenza sulla valutazione circa la “governabilità” dalla sfera di rischio nella quale si è verificato l’infortunio ad opera dal soggetto titolare della posizione di garanzia ed esclude la possibilità di ascrivere il connotato della abnormità al comportamento, pure imperito ed imprudente, del lavoratore quando, a sua volta, il titolare della posizione di garanzia versi in colpa per l’insufficienza delle misure e delle cautele che, se adottate, sarebbero valse anche a neutralizzare il rischio derivante da tale comportamento imprudente. Orbene, facendo applicazione delle suindicate coordinate interpretative in relazione al caso di specie, è opinione di questo Tribunale che non siano ravvisabili profili di abnormità nella condotta del   Omissis.  Tanto può affermarsi almeno sotto un duplice profilo: in primo luogo, l’infortunio si è verificato mentre il lavoratore era impegnato nell’espletamento di una operazione che rientrava specificamente nella mansione allo stesso affidata, sicché non può dirsi che il comportamento del  Omissis esulasse dal novero delle attività in cui si esplicava la sua mansione professionale, dato che egli era un operaio addetto al centro taglio ed adibito, quindi, anche alle operazioni di movimentazione mediante carroponte dei pannelli prodotti. Esclusa, dunque, l’estraneità alle mansioni di lavoro del contegno del  , Omissis può, invece, affermarsi che l’operazione di movimentazione dei pannelli finiti che era in corso al momento dell’infortunio, ed alla quale il Omissis  era addetto, rientrasse certamente nella sfera di rischio governata dai garanti oggi imputati e che vi sia stata una colpevole omissione da parte di questi nella adozione di tutte le misure e le cautele idonee a scongiurare la verificazione dell’infortunio, ivi comprese quelle che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente da parte del lavoratore. Tanto dicasi in riferimento alla posizione di  Omissis, sui cui differenti profili di colpa ci si è già soffermati, allorché si è evidenziato, in primis, come, di fatto, questi abbia tollerato ed avallato la prassi in uso – soprattutto in momenti di elevata produzione - in quello stabilimento in cui lui stesso era quotidianamente presente, di non utilizzare costantemente gli appositi pali antiribaltamento nello stoccaggio dei pannelli prodotti e di allocare, invece, i pannelli dove capitava, a discrezione del lavoratore, anche al di fuori degli appositi spazi ed anche in prossimità della rulliera, lì dove è avvenuto l‘infortunio, senza assicurare che la via di camminamento rimanesse sgombra; in secundis come abbia omesso totalmente di garantire la presenza, segnatamente nella fascia oraria in cui è avvenuto l’evento mortale, di personale con compiti di vigilanza anche in ordine all’osservanza delle misure di sicurezza, lasciando, in concreto, completamente a sé stessi i lavoratori impegnati in quegli orari di lavoro e come, ulteriormente, non abbia garantito, in difformità delle stesse previsioni del DVR, una adeguata formazione del lavoratore, almeno sotto il profilo specifico dell’addestramento sul luogo di lavoro, avendo affiancato il  Omissis dopo l’assunzione, a lavoratori che, essi stessi, non avevano ricevuto la prescritta formazione per lo svolgimento delle mansioni cui erano adibiti, implicanti l’uso di macchine, fra cui il carroponte, per le quali non avevano ricevuto alcuna formazione. Da ultimo – e questo profilo si riconnette direttamente all’addebito formulato anche a Omissis – il documento di valutazione dei rischi adottato si è rivelato incompleto e mancante proprio della valutazione, compiuta ed esaustiva, degli specifici rischi derivanti dalla movimentazione dei pannelli, in particolare di quelli pieni con sistema di agganciamento mediante viti, e specificamente dal loro sollevamento dalla posizione orizzontale a quella verticale. Se, dunque, come sottolineato dalla difesa, Saia era consulente esterno della  Omissis e non era gravato da obblighi di vigilanza, controllo e segnalazione sul luogo di lavoro propri di un R.S.P.P. inserito in azienda, non può non rilevarsi che il predetto imputato, nella sua qualità, ha collaborato con il datore di lavoro nell’elaborazione ed adozione di un documento di valutazione dei rischi che è risultato carente sotto i profili sopra indicati, con la conseguente omessa adozione per questa specifica fase lavorativa, nella cui esecuzione si è verificato l’infortunio mortale in considerazione, di tutte le necessarie misure organizzative di sicurezza, ivi compresa, in ipotesi, la soluzione poi concretamente prescelta dall’azienda a seguito dell’infortunio e del verbale di contravvenzione e prescrizione, di non utilizzare più questa procedura di ancoraggio e sollevamento, data la pericolosità che la stessa ha rivelato, e di optare esclusivamente per la produzione di pannelli con foro predisposto dall’automazione industriale. Ritiene, quindi, il Tribunale che anche l’addebito colposo formulato a Saia sia fondato proprio sotto il profilo della incompleta ed insufficiente valutazione dei rischi connessi a questa specifica procedura lavorativa, non contemplata dal DVR e la cui esaustiva valutazione ben avrebbe potuto condurre, in ipotesi, anche ad espungere in radice una procedura particolarmente pericolosa – così come sottolineato dall’isp. Merler raffrontandola con la procedura adottata per la movimentazione dei pannelli già forati, sollevati con apposite fasce di contenimento - dal processo lavorativo, così come, in seguito, in concreto è avvenuto.

Quanto sin qui argomentato vale ad affermare la penale responsabilità degli imputati Omissis in relazione al reato di omicidio colposo derivato da violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ai sensi dell’art. 589 co. 2 c.p.

Si reputano concedibili ai predetti imputati – con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro - le attenuanti generiche, alla luce dell’avvenuto risarcimento del danno in favore di Omissis e Omissis (madre e nonna di Colleoni Stefano, che, infatti, dato atto dell’avvenuto risarcimento in loro favore, tramite il proprio difensore, già all’udienza del 13/02/2019 hanno revocato la propria costituzione di PC) e dei significativi acconti risarcitori versati in favore delle odierne parti civili Omissis e Omissis (nella misura rispettivamente di complessivi euro 220.000 per Omissis e di euro Omissis per Colleoni Jessica, come da documentazione in atti). Ritiene, peraltro, il Tribunale che le pur cospicue somme versate in favore dei predetti Omissis e Omissis non possano reputarsi tali da costituire integrale risarcimento del danno, per le ragioni specificate infra, e che perciò non possa trovare applicazione l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. né che possa operarsi un bilanciamento più favorevole agli imputati.

Sul piano del trattamento sanzionatorio, valutati gli elementi tutti di cui all’art. 133 c.p., considerata l’applicazione delle attenuanti generiche in equivalenza all’aggravante di cui all’art. 589 c. 2 c.p. - stimasi equa la pena indicata in dispositivo e fissata per Omissis, alla luce della previa incensuratezza e dell’unico profilo colposo allo stesso addebitale in rapporto all’infortunio, nella misura di mesi 6 di reclusione e per Omissis, invece, nella misura di anni 2 di reclusione, superiore al consueto minimo edittale, considerandosi specificamente da un lato i plurimi profili di colpa evidenziati a suo carico e da altro lato la circostanza che lo stesso, dal certificato penale agli atti, risulta gravato da recente condanna, divenuta irrevocabile il 06/11/2020, per il reato di lesioni personali colpose gravi commesso anch’esso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 590 c. 3 c.p.); detto reato, dal certificato in atti, risulta commesso in data 09/03/2016, ossia solo pochi mesi prima che si verificasse l’infortunio mortale ai danni di  Omissis ed esso, dunque, è in grado di esprimere una specifica valenza ai fini della determinazione della pena ex art. 133 c. 2 c.p., nella misura in cui è espressivo di una più generalizzata e risalente noncuranza datoriale per la sicurezza dei propri lavoratori ed indicativo altresì che la previa verificazione di tal infortunio sul lavoro, per il quale è intervenuta condanna definitiva, non ha di fatto esplicato alcuna efficacia deterrente rispetto alle nuove violazioni riscontrate, con conseguente maggiore gravità della colpa e riprovevolezza del fatto.

Per tali ragioni, che si riflettono negativamente sulla possibilità di formulare un giudizio positivo circa le future condotte - anche a mente del fatto che quella menzionata non rappresenta l’unica condanna subito da Paterno Franco, avendo egli riportato anche altra pregressa condanna, sia pure estinta ex art. 460 c. 5 c.p.p, per violazione delle norme in materia ambientale - ad avviso del Tribunale, non può essere concesso al predetto imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Per contro detto beneficio e quello della non menzione possono, invece, applicarsi a Omissis, sussistendone tutti i presupposti di legge e non constandovi specifiche ragioni ostative.

All’affermazione di penale responsabilità dei predetti imputati consegue la condanna al risarcimento del danno cagionato alle parti civili costituite.

Il risarcimento alle parti civili Omissis e Omissis, rispettivamente padre e sorella della vittima, appare senz’altro dovuto, segnatamente in rapporto alla voce del danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto parentale con il congiunto deceduto.

Le parti civili sopra indicate richiedono, pro quota, anche il riconoscimento del “danno non patrimoniale iure hereditatis”, nella forma del danno biologico terminale e del danno morale “catastrofale”. Va a tal riguardo richiamata la ormai costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, maturata a séguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 15350 del 2015, secondo cui il danno subito dalla vittima deceduta è configurabile e trasmissibile agli eredi – nella duplice componente di danno biologico terminale, cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita – solamente nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo (cfr. Cass. Civ., n. 17577 del 28.06.2019). Specificamente il danno biologico terminale, secondo la Corte, deve essere medicalmente accertabile e richiede la sopravvivenza per un apprezzabile lasso di tempo, peraltro in una recente pronuncia individuato nella durata minima delle ventiquattro ore (cfr. Cass. n. 18056 del 05.07.2019). La citata giurisprudenza di Cassazione, poi, con riferimento al danno morale da lucida attesa del decesso è ferma nel richiedere la prova che la vittima fosse cosciente durante l’agonia. Si è, invero, osservato, in merito, che il pregiudizio alla salute ha fondamento medico legale, consiste nella forzosa rinuncia alle attività quotidiane durante il periodo di invalidità e, perciò, può inverarsi anche quando la vittima si trovi in stato di incoscienza. Il danno catastrofale, invece, poiché costituito dal turbamento e dallo spavento derivanti dalla consapevolezza della morte imminente, non ha fondamento medico legale, consiste in un moto dell'animo, e – dunque – può concretizzarsi solo quando la vittima, negli ultimi momenti prima del decesso, sia stata cosciente e consapevole; in altri termini: giacché il danno morale da morte imminente si identifica nella sofferenza provocata dalla consapevolezza di essere sul punto di spirare, l'esistenza stessa del pregiudizio, al contrario del danno alla salute, presuppone che la vittima sia cosciente; se, infatti, la vittima non è consapevole di una fine ineluttabile, non è nemmeno concepibile che possa prefigurarsela e per essa addolorarsi.

Ebbene, nel caso di specie, il giovane  Omissis alla luce della deposizione testimoniale assunta da parte del collega Omissis che in prima persona lo sottrasse dalla morsa dei pannelli collassati, al momento del suo “intervento in soccorso”, era ancora cosciente (e lo era stato dopo il ribaltamento dei pannelli, allorché aveva invocato soccorso) ma una volta liberato dal peso dei pannelli, perse ben presto conoscenza e rimase svenuto fino all’arrivo dell’ambulanza, tanto che venne trovato già incosciente dal personale sanitario intervenuto presso lo stabilimento della Omissis; egli, in effetti, sopravvisse all’evento infortunistico, ma in stato di incoscienza e per un lasso di tempo di circa nove ore, che secondo un orientamento pure espresso dalla cassazione civile non sarebbe idoneo a configurare un c.d. danno biologico terminale. Tali rilievi, anche alla luce delle non uniformi indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza civile di legittimità in ordine al lasso di tempo di sopravvivenza necessario al riconoscimento del danno biologico terminale, inducono il Tribunale a rimettere alla competente sede civile la valutazione delle voci di danno richieste dalle parti civili iure hereditatis.

Quanto agli ulteriori profili di danno non patrimoniale di cui i prossimi congiunti della vittima hanno richiesto il risarcimento, evidentemente iure proprio, il Tribunale ritiene che la lesione, nella sua forma più grave, del rapporto parentale e del concreto legame affettivo che, come dimostrato in dibattimento, legava il padre Omissis e la sorella Omissis a Omissis implichi il riscontro di un pregiudizio effettivamente risarcibile. In particolare è risultato certamente comprovato, anche alla luce delle indicazioni offerte nel proprio elaborato dal dott. Cavagnoli, un rapporto affettivo particolarmente stretto ed intenso tra il padre   e suo figlio Omissis, verosimilmente reso ancor più forte, vivo e profondo dalla triste vicenda che aveva portato al divorzio dei genitori di Stefano ed al suo trasferimento già molti anni prima presso l’abitazione del padre. Inoltre, dalle indicazioni del dott. Cavagnoli, si è profilato, in capo al sig. Omissis   , anche un danno biologico temporaneo parziale, conseguente al quadro di reazione depressiva causato dalla perdita dell’amatissimo figlio, e “rientrato” solo dopo un ciclo di psicoterapia. Parimenti appare comprovato il forte legame affettivo che legava  Omissis alla di lui sorella  , legame che, a sua volta, è risultato intensificato in conseguenza della separazione dei genitori e del ruolo per così dire di “supplenza” della madre svolto da Omissis nei confronti di Omissis, forse anche in ragione della considerevole differenza di età tra i due fratelli, dato che Stefano aveva otto anni di meno della sorella maggiore. Il rilievo circa la concreta intensità dei legami affettivi che intercorrevano tra Omissis, il padre e la sorella e la considerazione dell’ulteriore profilo di danno pure risofferto da   Omissis conducono di per sé (ed a margine della valutazione dei profili di danno richiesti iure hereditatis) a ritenere non integrale il risarcimento già corrisposto dagli imputati alle predette parti civili. Invero, premesso che la S.C., con recenti pronunce (Cass. 10579/2021; Cass. 26300/2021; Cass. 33005/2021), ha stabilito che le tabelle di Milano non sono idonee alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, dal momento che esse non rispondono ai requisiti già indicati dalla giurisprudenza, in quanto, in particolare, per la liquidazione del danno in oggetto, non seguono la tecnica del punto, ma individuano un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre una significativa differenza, con la conseguenza che viene a mancare la “forma di concretizzazione tipizzata” offerta, invece, da una tabella fondata sul punto variabile, osserva il Tribunale che, facendo applicazione di una siffatta tabella, quale quella del Tribunale di Roma, l’ammontare del pregiudizio non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto parentale con il congiunto deceduto supera i 320.000 euro per il padre convivente Colleoni Claudio e può giungere ad oltre 147.000 euro per la sorella Jessica.

Ne deriva che le pure significative somme corrisposte non possono reputarsi quale integrale risarcimento del danno. Purtuttavia, anche alla luce di quanto osservato in punto di danno iure hereditatis, non è possibile, allo stato, procedere ad una liquidazione definitiva del danno, non potendosene definire con esattezza le componenti esistenziale e morale, sicché la valutazione del danno non patrimoniale richiesto va opportunamente rimessa al giudice della sede propria.

Quanto all’Associazione “A.N.M.I.L.”, la cui legittimazione alla costituzione di p.c. è stata contestata, va anzitutto ricordato l’insegnamento della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. 6, n. 39010 del 10.04.2013; Cass. Sez. Un. n. 38343 del 24.04.2014) secondo cui “è ammissibile la costituzione di parte civile di un'associazione, anche non riconosciuta, che avanzi, iure proprio, la pretesa risarcitoria, assumendo di aver subito per effetto del reato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, consistente nell'offesa all'interesse perseguito dal sodalizio e posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente la personalità o identità dell'ente”. Ebbene, ricorrono – nel caso di specie – tutti i presupposti affinché l’Associazione predetta possa agire in giudizio per salvaguardare i propri scopi, che (come è dato evincere dalla documentazione depositata in sede di costituzione in questo procedimento, i.e. atto di costituzione e statuto) comprendono, tra l’altro, la rappresentanza e l’assistenza delle vittime di infortunio e dei loro familiari e la promozione della tutela dell’integrità fisica del lavoratori nei luoghi di lavoro attraverso la prevenzione, e non vi è dubbio che l’infortunio mortale oggetto del procedimento abbia comportato la lesione dell’interesse primario dell’ente collettivo alla promozione della sicurezza sul lavoro. Può ritenersi, inoltre, che il reato abbia gravemente offuscato le iniziative e le azioni proprie dell’Associazione sul piano della percezione della loro pratica utilità ed efficacia, poiché la verificazione di un siffatto infortunio con esito letale sembra connotare l’opera svolta di inadeguatezza rispetto alle finalità perseguite. Di qui, quindi, la riconoscibilità anche in favore di “A.N.M.I.L.” di un danno risarcibile, la cui liquidazione, tuttavia, in assenza di elementi certi, alla pari di quanto avviene per Fillea C.G.I.L. del Trentino, non può che essere lasciata alla competente sede.

Consegue, inoltre, la condanna alla rifusione delle spese sopportate dalle parti civili, liquidate come in dispositivo, secondo i valori medi tabellari previsti, considerata la natura mediamente complessa del procedimento.

[Il presente provvedimento è stato redatto con la collaborazione del dott. Alessandro Zinno, tirocinante ai sensi dell’art. 73 D.L. 69/13 convertito nella legge 98/13]

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p,

dichiara Omissis colpevoli del reato ad essi ascritto e per l’effetto, riconosciute le attenuanti generiche in equivalenza all’aggravante contestata, li condanna rispettivamente alla pena di anni 2 di reclusione e di mesi 6 di reclusione, oltre alle spese processuali.

Doppi benefici di legge per il solo Omissis.

Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,

condanna, inoltre, i predetti imputati al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi nella competente sede civile, oltre alla rifusione delle spese di costituzione e patrocinio di PC, che si liquidano in euro 3.420= per ciascuna delle parti civili, oltre accessori di legge.

Visto l’art. 530 c.p.p.,

assolve Omissis dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

Motivazione gg. 90.

Trento 22 ottobre 2021

Il Giudice       (Greta Mancini)

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