L'omessa formazione è sempre considerata causa dell'infortunio

Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 18/03/2025)22/04/2025, n. 15697
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLOITALIANO
LA CORTE SUPREMA DICASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da
Dott. CIAMPIFrancesco Maria - Presidente
Dott. FERRANTI Donatella- Consigliere
Dott. BELLINI Ugo -Consigliere
Dott. CENCI Daniele –Consigliere
Dott. RICCI AnnaLuisa Angela - Relatore
ha pronunciato laseguente
SENTENZA
sul ricorso propostoda:
A.A. nato a B il (Omissis)
avverso la sentenza del 24/10/2024della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
visti gli atti, il provvedimentoimpugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalConsigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
lette le conclusioni del PG, inpersona del Sostituto Procuratore MARILIA DI NARDO, con cui ha chiestodichiararsi l'inammissibilità del ricorso
Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello diCampobasso, in data 24 ottobre 2024, ha confermato la sentenza del Tribunale diCampobasso di condanna di A.A., in qualità di legale rappresentante pro temperedella B.B. Costruzioni Srl e quindi datore di lavoro, in ordine al reato di cuiall'art. 590cod. pen. in danno del lavoratore dipendente C.C. (commesso in C il(Omissis)) alla pena di mesi 6 di reclusione.
Il processo ha ad oggetto uninfortunio sul lavoro, descritto dalle conformi sentenze di merito nel modoseguente. Alla data su indicata, C.C. era impegnato a scaricare della merce(cementi, tubi, attrezzi) da un furgone da cantiere; mentre egli era intento amovimentare tale materiale, un tubo di cemento per fognature del peso di oltre40 kg. era caduto sulle dite della sua mano sinistra, cagionandogli lesionipersonali, consistite nella frattura scomposta pluriframmentaria della testadella falange prossimale del secondo dito e l'infrazione della testa dellafalange intermedia del terzo dito, dalle quali era derivata una malattia delladurata di 140 giorni.
L'addebito di colpa nei confrontidell'imputato è stato individuato nella imprudenza, negligenza e imperizia eviolazione degliartt. 18comma 1 lett. f), 37 comma 1 e 169 comma 1D.Lgs. 9aprile 2008 n. 81, per aver omesso di formare adeguatamente il lavoratore e diimpartirgli disposizioni sui rischi e sulle azioni da intraprendere nellamovimentazione dei carichi manuali.
2. Avverso la sentenza haproposto ricorso l'imputato a mezzo del difensore formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, hadedotto la violazione di legge in relazione al riconoscimento dellaresponsabilità penale dell'imputato fondata sulla qualifica formale di legalerappresentante della società. Il difensore afferma che A.A. era un mero prestanomee, non essendo stata dimostrata la sua partecipazione attiva nella gestionedell'attività aziendale, non avrebbe dovuto rispondere dell'infortunio.
2.2. Con il secondo motivo, hadedotto il vizio di motivazione in relazione alla prevedibilità e prevenibilitàdell'evento. Secondo il difensore, il cedimento del materiale edilizio sarebbeun evento imprevedibile e non evitabile secondo la ordinaria diligenza: lasentenza impugnata si limita a richiamare gli obblighi generali di prevenzionema non considera la concreta possibilità di impedire il fatto.
2.3. Con il terzo motivo, hadedotto il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dellacausa di non punibilità ex art. 131 bis cod. proc.
pen. Il difensore osserva che laCorte avrebbe richiamato in maniera generica la gravità del fatto e l'intensitàdel dolo e non avrebbe tenuto conto del modesto danno economico e della naturadelle lesioni, oltreché della scarsa incidenza del comportamento omissivoascritto all'imputato.
2.4. Con il quarto motivo, hadedotto il vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena. Ildifensore lamenta la scelta della pena detentiva in luogo di quella pecuniariae il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
3. Il Procuratore Generale, nellapersona del sostituto Marilia Di Nardo, ha rassegnato conclusioni scritte concui ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essererigettato.
2. Il primo motivo, con cui sicensura nella sostanza la qualifica del datore di lavoro del ricorrente, èinammissibile o comunque manifestamente infondato.
Invero la doglianza, a frontedella motivazione della Corte di Appello che ha richiamato i principi dellagiurisprudenza di legittimità secondo cui il legale rappresentante di unasocietà, anche qualora prestanome, sia pur sempre destinatario degli obblighidi protezione antinfortunistica, si limita a ribadire in maniera generica lasua qualifica di mero prestanome, senza indicare alcun elemento a sostegno ditale assunto e, soprattutto, senza contrappore al percorso giuridico seguitonella sentenza impugnata alcuna ragione di fatto o di diritto.
Va piuttosto ribadito che laposizione di garanzia in tema di debito di sicurezza antinfortunistica deveessere riferita anche solo alla assunzione della carica di legalerappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore e su cuii terzi fanno affidamento. Tale interpretazione è confortata dalla letturadegliartt. 2e299D.Lgs. 81/2008che definiscono la qualifica di datore di lavoroe perimetrano l'esercizio di fatto delle funzioni tipiche di coloro cherivestono tale qualifica, oltre che quella di dirigente e preposto: il datoredi lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro, il quale riveste laposizione di garanzia. Correlativamente l'art. 299D.Lgs. 81/2008, nel definirel'esercizio di fatto dei poteri direttivi, stabilisce che la posizione digaranzia relativa al datore di lavoro grava altresì su colui che, pursprovvisto di formale investitura, eserciti in concreto i poteri riferiti alsoggetto definito dall'art. 2. La norma nell'estendere gli obblighi di garanziaa coloro ai quali di fatto svolgono le mansioni tipiche delle figure di cui siè detto, non esclude la corresponsabilità di coloro i quali sono titolariformali della qualifica. Permane, dunque, in capo al titolare del rapporto dilavoro la posizione di garanzia, a meno che questi non abbia investito tramitedelega altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche (Sez. 4. n. 2157 del23/21/2021, dep 2002, Beccalini, Rv 282568). Alla luce di tali considerazionidevono essere ribaditi i precedenti di legittimità che hanno affermato come laresponsabilità dell'amministratore di società in ragione della posizioneassegnatagli dall'ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolorivestito sia apparente (Sez. 4 n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv 284828;Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181-01).
3. Il secondo motivo, con cui siè censurata la prevedibilità e prevenibilità dell'evento, è infondato.
Incontestata la dinamicadell'infortunio e l'assenza di qualsivoglia attività di formazione einformazione del lavoratore dipendente, assunto dapprima con contratto dilavoro a tempo determinato (dal 29 gennaio 2018 al 15 febbraio 2018) e poi (dalmese di marzo 2018) con contratto di lavoro a tempo indeterminato, il temadella prevedibilità e della prevenibilità dell'infortunio è stato adeguatamenteaffrontato dai giudici di merito.
Il Tribunale ha osservato che erastata la movimentazione manuale del carico a determinare la caduta del tubo,sicché era ragionevole ritenere che ove il lavoratore fosse stato correttamenteistruito sulle modalità di movimentazione manuale dei carichi l'infortunio nonsi sarebbe verificato. Non è circostanza imprevedibile - prosegue il Tribunale- che tubi accatastati su un furgone assieme ad altro materiale di varia speciepossono scivolare e colpire i lavoratori che stanno scaricando quel materiale: d'altrondele regole relative alla corretta movimentazione manuale di carichi valgonoproprio a prevenire il rischio specifico di caduta disordinata degli stessi conconseguente lesione dell'incolumità fisica del lavoratore.
In coerenza con tale assunto, laCorte ha ribadito la responsabilità del datore di lavoro per non averottemperato all'obbligo di fornire al lavoratore assunto una formazionesufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza con particolare riferimentoal posto di lavoro e alle mansioni a cui è addetto e ha affermato che, laddoveil datore di lavoro non adempia a tale obbligo, l'omessa formazione potràessere considerata causa dell' infortunio verificatosi in conseguenza dellamancata consapevolezza da parte del lavoratore dei rischi connessi allalavorazione e del modo in cui ovviare a tali rischi.
L'iter argomentativo seguito èrispettoso del dettato normativo e dei principi elaborati dalla giurisprudenzadi legittimità.
Le nozioni di informazione,formazione e addestramento sono definite nelD.Lgs. n. 81/08all'art. 2, lettereaa), bb) e cc) dove si legge che:
- la "formazione" è il"processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed aglialtri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze eprocedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezzadei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e allagestione dei rischi";
- l'"informazione" è il"complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili allaidentificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente dilavoro";
- l'"addestramento" èil "complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'usocorretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche diprotezione individuale, e le procedure di lavoro". L'art. 37D.Lgs. n.81/08nei primi tre commi disciplina i contenuti e le modalità della formazionee dell'informazione e stabilisce al quarto comma che debbano avvenire-unitamente all'addestramento specifico "ove previsto" - "inoccasione: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'iniziodell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) deltrasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuoveattrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscelepericolose".
L'obbligo di fornire adeguataformazione ai lavoratori, è uno dei principali gravanti sul datore di lavoro,ed in generale sui soggetti preposti alla sicurezza del lavoro (Sez. 4, n.41707 del 23 settembre 2004, Bonari, Rv. 230257; Sez. 4, n. 6486 del 3 marzo1995, Grassi, Rv. 201706). Il datore di lavoro risponde dell'infortunio occorsoal lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale,relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei qualisiano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori inordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cuidevono essere svolte (Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018, T., Rv. 274042-01; Sez.4, n. 45808 del 27 giugno 2017, Catrambone ed altro, Rv. 271079). È, infatti,tramite l'adempimento di tale obbligo che il datore di lavoro rende edotti ilavoratori dei rischi specifici cui sono esposti (Sez. 4, n. 11112 del 29novembre 2011, P.C. in proc. Bortoli, Rv. 252729). Ove egli non adempia a talefondamentale obbligo, sarà chiamato a rispondere dell'infortunio occorso allavoratore, laddove l'omessa formazione possa dirsi causalmente legata allaverificazione dell'evento, ovvero laddove sia accertato che, ipotizzandosi comeavvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza didecorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilitàrazionale, non avrebbe avuto luogo (ex multis, Sez. Un., n. 30328 del 10 luglio2002, Franzese, Rv. 222138).
Il motivo, di contro, contesta inmaniera apodittica la prevedibilità e la prevenibilità dell'evento, senzacontrapporre all'iter argomentativo dei giudici di merito alcuna ragione difatto o di diritto: il ricorrente si limita ad addure la imprevedibilità dellacaduta del materiale durante la movimentazione, in contraddizione con le comunimassime di esperienza (per cui i carichi movimentali manualmente sono soggettia caduta), e la non prevenibilità dell'evento, in contraddizione con i principiche, come detto, governano l'accertamento della casualità della colpa.
4. Il terzo motivo, con cui sicensura il mancato riconoscimento della causa non punibilità exart. 131-biscod.pen. è inammissibile per difetto di specificità.
Secondo un consolidatoorientamento, in merito al riconoscimento (o diniego) della causa di nonpunibilità di cui all'art. 131 biscod. pen., il giudice deve motivare sulleforme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne lagravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, ilbisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile(Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, dep. 2019, Venezia, Rv. 275940). Il giudiziosulla tenuità dell'offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri dicui all'art. 133, comma 1, cod. pen. (a seguito della entrata in vigoredelD.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 exart. 6D.L.31 ottobre 2022 n. 162, anche della condotta susseguente al reato), ma non ènecessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendosufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6 n. 55107 del8/11/2018, Milone, Rv. 274647; sez. 3 n. 34151 del 18/6/2018, Foglietta e altro,Rv. 273678). Peraltro la richiesta di applicazione della causa di nonpunibilità deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora lastruttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profilidiversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini diparticolare tenuità (Sez, 3, n. 43604 del 08/09/2021, Cincolà, Rv. 282097-01),sicché la motivazione può risultare anche implicitamente dall'argomentazionecon la quale il giudice d'appello abbia considerato gli indici di gravitàoggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell'imputato, alla streguadell'art. 133cod. pen., per stabilire la congruità del trattamentosanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (ex plurimis, Sez. 5, n.15658 del 14/12/2018, dep. 2019, D., Rv. 275635; Sez. 4 n. 27595 del11/05/2022, Omogiate Rv. 283420)
Trattandosi, quindi, di unavalutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all'art. 133, cod. pen.,essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza,non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti dellamancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La Corte distrettuale, nel casoin esame, ha reputato decisivi, ai fini della non configurabilità della causadi non punibilità la condotta nelle sue modalità concrete, i plurimi precedentispecifici, richiamando in tal modo il presupposto ostativo della abitualità,nonché l'intensità del dolo.
L'iter argomentativo, per quantoeccentrico nel riferimento al dolo a fronte della contestazione del reato dilesioni colpose, si deve, comunque, saldare con la motivazione complessivaadottata dalla Corte e dalla valutazione di gravità del reato desumibile dallascelta della pena detentiva in luogo di quella pecuniaria.
Il motivo, di contro, si limita arichiamare in maniera apodittica "il modesto danno economico" e adaffermare la scarsa entità delle lesioni prodotte, in contraddizione con larilevante durata della malattia indicata nel capo di imputazione, e, dunque, adaddurre censure del tutto generiche.
5. Il quarto motivo, incentratosul trattamento sanzionatorio e in particolare sulla scelta della penadetentiva e sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,è inammissibile per difetto di specificità.
Sotto il primo profilo, la Corteha posto l'accento sui numerosi precedenti penali anche specifici gravantisull'imputato e in tal modo ha assolto all'onere di indicare la ragioni dellascelta (Sez. 6, n. 10772 del 20/02/2018, F. Rv. 272762-01; Sez. 4 n. 4361 del21/10/2014, dep. 2015, Ottino, Rv. 263101).
Sotto il secondo profilo, laCorte ha sottolineato l'assenza di elementi positivi di valutazione in talesenso (in conformità di Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv.270986-01).
La censura del ricorrente èmeramente avversativa e, dopo che la Corte ha motivato in ordine ad entrambe lerichieste con indicazione di ragioni pertinenti e coerenti con gli atti, deduceuna carenza argomentativa, in realtà inesistente.
6. Al rigetto del ricorso segue,exart. 616cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ilricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso in Roma il 18 marzo2025.
Depositata in Cancelleria il 22aprile 2025.