Lavaggio delle divise per la Cassazione spetta il risarcimento danni se sono DPI

Cassazione Civile Sezione Lavoro 10 maggio 2023 n 12710
Risarcito il dipedentente delle ferrovie che si lava le divise di lavoro
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 maggio 2023, n. 12710

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE LAVORO

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. DORONZO Adriana - Presidente -

 

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -

 

Dott. PONTERIO Carla - Consigliere -

 

Dott. CINQUE Guglielmo - rel. Consigliere -

 

Dott. CASO Francesco Giuseppe Luigi - Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

 

 

sul ricorso iscritto al n. 13698/2019 R.G. proposto da:

 

A.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso laCANCELLERIA della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato e difesodall'avvocato VINCENZO RICCARDI; - ricorrente -

 

contro

 

RETE FERROVIARIA ITALIANA Spa , in persona del legalerappresentante pro tempore con institore nel presente giudizio avvocatoANTONINO RUSSO, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR n. 19, pressolo studio legale Toffoletto De Luca Tamajo, e soci, rappresentato e difesodall'avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO; - controricorrente - avverso la SENTENZAdella CORTE D'APPELLO di SALERNO n. 515/2018, depositata il 17/10/2018, R.G.N.328/2017; udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 02/02/2023dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

 

 

Che:

 

1. Con la sentenza n. 515/2018 la Corte di appello diSalerno, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domandaproposta da A.A., dipendente di Rete Ferroviaria Italiana Spa , diretta adottenere il risarcimento dei danni per le spese effettuate ai fini del lavaggiodei dispositivi di protezione individuale non rimborsate dal datore di lavoro.

 

2. I giudici di seconde cure, ritenuta l'esistenza di unobbligo in capo al datore di lavoro di provvedere alla manutenzione deidispositivi D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 77, comma 4, hanno specificato che:a) non risultava che la società era stata mai messa in mora in ordine alrivendicato lavaggio; b) mancava la dimostrazione dell'effettivo utilizzo deiD.P.I. durante lo svolgimento delle prestazioni e per tutto il periodo diesecuzione del rapporto di lavoro tale da giustificare l'avvenuto lavaggio; c)mancava la prova delle modalità, frequenza, numero e costi del lavaggio; d)mancava la prova del rifiuto della società datrice ad adempiere ai fini diristorare il lavoratore dei costi sostenuti. Inoltre, i giudici di merito hannoprecisato che neppure attraverso la espletata prova testimoniale era statodimostrato l'assunto difensivo del ricorrente; hanno, quindi, concluso chemancava la allegazione dei fatti costitutivi della domanda risarcitoria ex art.2697 c.c., e, quindi, non poteva considerarsi applicabile anche il criterioequitativo del danno che presupponeva l'avvenuto suo accertamento.

 

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorsoper cassazione A.A., affidato ad un unico articolato motivo, cui ha resistitocon controricorso Rete Ferroviaria Italiana Spa .

 

4. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

 

 

Che:

 

1. Con l'unico articolato motivo il ricorrente eccepisce lanullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e /o falsaapplicazione dell'art. 1218 c.c., del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 43, comma 4,lett. a), e del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 77, comma 4, lett. a). Sostiene ilM. che, stante l'obbligo in capo al datore di lavoro non solo di fornire ailavoratori idonei dispositivi di protezione individuale, ma anche quello dimanutenerli in efficienza e di assicurarne le condizioni di igiene, la Corteterritoriale aveva errato, a fronte di un incontestato inadempimento, aritenere non rigorosamente provata la esistenza di un danno risarcibile.

 

2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

 

3. I punti fondanti la decisione impugnata sono rappresentatidalle seguenti statuizioni: a) Rete Ferroviaria Italiana Spa aveva confermatola natura di D.P.I. degli indumenti concessi al lavoratore, con l'esistenza diun obbligo in capo alla società di provvedere D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art.77, comma 4, a mantenerli in condizioni di efficienza e di igiene; b)sussisteva, però, in capo al lavoratore, l'onere di documentare i fatticostitutivi della sua pretesa risarcitoria ex art. 2697 c.c., che non era statoassolto.

 

4. Orbene, preliminarmente deve precisarsi che non è diostacolo l'impropria invocazione di disposizioni di legge, nella articolazionedel motivo, dovendosi identificare il contenuto delle censure attraverso leragioni prospettate dal ricorrente (Cass. n. 15713/2002; Cass. n. 1430/1999): nelcaso di specie il ricorrente lamenta proprio il fatto che la Corte distrettualelo ha gravato dell'onere di allegare le circostanze idonee a provare l'asseritodanno patito.

 

5. Ciò premesso, va evidenziato che questa Corte, con laordinanza n. 16749/2019, ha sottolineato che, in conformità con l'art. 2087c.c., norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e malattieprofessionali, suscettibile di interpretazione estensiva a ragione sia delrilevo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza ebuona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datoredi lavoro è tenuto a fornire i D.P.I. ai dipendenti e a garantirne l'idoneitàai fini di prevenirne l'insorgenza e il diffondersi di infezioni provvedendo alrelativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato diefficienza.

 

6. In questa ottica, il contenuto di tale obbligo disicurezza richiede che nei confronti del datore di lavoro sia ravvisabile unacondotta commissiva o omissiva, sorretta da un elemento soggettivo, almenocolposo, quale il difetto di diligenza nella predisposizione di misure idonee aprevenire ragioni di danno per il lavoratore (Cass. n. 15112/2020; Cass. n.26495/2018).

 

7. Ne consegue che il lavoratore, quale creditoredell'obbligo di sicurezza, deve allegare la fonte da cui scaturisce siffattoobbligo nonchè la eventuale scadenza del termine e l'inadempimento; il datoredi lavoro ha, invece, l'onere di provare di avere adottato tutte le cautelenecessarie ad impedire il verificarsi del danno (tra le altre Cass. n.26945/2018; Cass. n. 2209/2016).

 

8. Nella fattispecie, non doveva pertanto essere illavoratore, in base al principio richiamato dalla Corte territoriale "eiincumbit probatio qui dicit" a dovere allegare i fatti sopra richiamati inordine alla dimostrazione dell'effettivo utilizzo del D.P.I. per tutta laesecuzione del rapporto di lavoro ovvero circa le modalità, frequenza e numerodei lavaggi, come ha sostenuto la Corte territoriale, ma una volta ritenutol'inadempimento denunciato dell'obbligo, come hanno pacificamente opinato igiudici di seconde cure, avrebbe dovuto essere il datore di lavoro ad allegaree dimostrare i fatti impeditivi della richiesta risarcitoria fondati sul nonuso o sulla ininfluenza dei mancati lavaggi (in tema, tra le altre, Cass. n.9856/2002).

 

9. L'impostazione sull'iter decisionale adottato dalla Cortedi merito non è, quindi, condivisibile perchè contrasta con i principirichiamati.

 

10. Dalle considerazioni che precedono consegue, inaccoglimento del motivo di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata conrinvio al giudice di seconde cure per il riesame del materiale istruttorie edegli esiti della prova, orale e documentale, alla luce del criterio di ripartizionedegli oneri probatori sopra richiamato.

 

11. Al giudice del rinvio è demandato, altresì, ilregolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

 

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinviaalla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda diprovvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2febbraio 2023.

 

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2023

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