Il Tribunale di Alessandria rigetta il ricorso d'urgenza dell'operatore sanitario no vax

Tribunale di Alessandria Sezione Lavoro Ordinanza 19 gennaio 2022 Giudice rel. dott. Stefano Moltrasio
La mera perdita della retribuzione non concretizza di per sé il pregiudizio imminente ed irreparabile, trattandosi sempre di danno risarcibile ex post
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TRIBUNALE DI ALESSANDRIA Sezione Lavoro

Il tribunale in persona dei magistrati:

dott.ssa Antonella Dragotto dott. Stefano Moltrasio dott.ssa Martina Cacioppo

Presidente Giudice rel Giudice

sciogliendo la riserva di cui all’udienza 19 gennaio 2021 ha pronunciato la seguente O R DI N A N Z A

§ 1.

è dipendente della Cooperativa dal 18 maggio 2020 con mansioni di infermiera presso la RSA “I Giardini” di Casalnoceto.

Con ricorso depositato in data 11 ottobre 2021, premesso di essere stata collocata forzosamente in ferie dal datore di lavoro nel periodo 1-17 aprile 2021 e di essere stata sospesa dal servizio, a tempo indeterminato, con decorrenza 18 aprile 2021, in ragione dell’omessa sottoposizione a vaccinazione anti COVID-19, ha domandato l’accertamento dell’illegittimità delle iniziative datoriali (collocazione in ferie e sospensione dal servizio) e la condanna della Cooperativa al risarcimento del danno per l’illegittima collocazione in ferie, ed al pagamento delle retribuzioni non percepite dalla data di sospensione dal servizio.

Contestualmente ha domandato, senza formulare autonome conclusioni, tutela cautelare urgente, ai sensi dell’art. 700 cpc, richiamando, quanto al fumus boni iuris, le argomentazioni a sostegno della pretesa illegittimità della condotta del datore di lavoro, quanto al periculum in mora, l’assenza di redditi ulteriori rispetto a quelli ritratti dalla prestazione lavorativa in favore della con conseguente impossibilità di far fronte alle primarie esigenze alimentari e di vita, nonché l’impossibilità di provvedere al mantenimento dei due figli minori (di cui uno, il

maggiore, è residente con il padre), atteso che l’altro genitore non produce alcun reddito.

Ha resistito alla domanda la   contestando in maniera articolata, nel merito, le pretese della ricorrente, e asserendo l’insussistenza dei presupposti per la tutela cautelare d’urgenza.

§ 2.

Con ordinanza 29.11.2021 il giudice monocratico ha rigettato la domanda cautelare relativa alla pretesa illegittima collocazione in ferie della ricorrente, e parzialmente accolto, valorizzando esclusivamente il fumus boni iuris, l’ulteriore domanda statuendo, in via cautelare, il diritto di Alina Trovò di ricevere il pagamento delle retribuzioni maturate e maturande sino alla legittima sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ad esito del procedimento disciplinato dall’art. 4 del D.L. n. 44/21 nella formulazione applicabile ratione temporis.

Come detto, il giudice monocratico, non facendo cenno alla sussistenza o meno del periculum in mora, ha, per quel che interessa nella presente sede di reclamo, ritenuto non conforme all’art. 4 cit. la decisione da parte del datore di lavoro di dar corso alla sospensione della ricorrente dal servizio e dallo stipendio, perché non vaccinata contro il COVID-19, in assenza dell’accertamento dell’ASL a conclusione dell’apposito procedimento amministrativo.

§ 3.

Contro l’ordinanza ha proposto reclamo la   insistendo per la legittimità della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione della lavoratrice, così come riconosciuto anche da giurisprudenza di merito prodotta.

In particolare, la reclamante sottolinea come la lavoratrice non abbia adeguatamente dimostrato la sussistenza del pregiudizio imminente ed irreparabile cui sarebbe sottoposta nell’ipotesi in cui non fosse riconosciuta la tutela di urgenza, avendo omesso di produrre idonea documentazione attestante la circostanza che, a causa del mancato versamento della retribuzione, si verificherebbe una lesione irreversibile al diritto, costituzionalmente tutelato, ad una esistenza libera e dignitosa della ricorrente stessa e

del proprio nucleo familiare; non avrebbe dimostrato la assoluta carenza di redditi in capo all’ex marito presso il quale vive il figlio maggiore; sarebbe incompatibile con la sussistenza del periculum in mora, il comportamento della ricorrente che ha atteso parecchi mesi (circa sei) dal provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, prima di dar corso alla richiesta di tutela urgente.

Quanto al fumus boni iuris, la reclamante contesta le argomentazioni poste a fondamento dell’ordinanza, richiama il principio di cui al D.L. n. 44/21, in base al quale, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, tra cui rientrano anche coloro che prestano attività lavorativa nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private.

Conclude per l’inammissibilità del ricorso cautelare per difetto assoluto del presupposto del periculum in mora, in subordine per la reiezione della domanda cautelare.

Resiste al reclamo             ribadendo, in sostanza, le argomentazioni già evidenziate nel ricorso introduttivo.

§ 4.

Al di là della mera verosimiglianza circa la sussistenza del diritto fatto valere, o che si farà valere, in via ordinaria, il presupposto principale per poter dar corso a tutela cautelare anticipatoria d’urgenza, ai sensi dell’art. 700 cpc, è costituito dalla prova rigorosa che, nel tempo occorrente per ottenere la decisione di merito, il diritto sia minacciato concretamente ed attualmente da un pregiudizio imminente ed irreparabile. Il diritto fatto valere in via ordinaria dalla ricorrente, ed azionato in sede cautelare, è costituito dal diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e dal conseguente diritto alla corresponsione delle retribuzioni maturate e maturande; ciò sul presupposto dell’illiceità della condotta datoriale di sospensione dalle mansioni e dalla retribuzione, a causa dell’omessa vaccinazione.

La prova in merito alla ricorrenza del periculum in mora deve essere fornita, si è dianzi detto, con estremo rigore.

Il primo aspetto che desta perplessità è costituito dal comportamento tenuto dalla ricorrente che, a dispetto della invocata tutela urgente per imminenza ed irreparabilità del pregiudizio, ha atteso quasi sei mesi dalla sospensione prima di azionare il diritto invocato.

Per sei mesi la ricorrente è rimasta senza retribuzione e ciò stride, quanto meno, con il fatto, affermato ma non provato, secondo cui la retribuzione corrisposta dalla Cooperativa Bios costituirebbe l’unica fonte di reddito con la quale fare fronte al mantenimento proprio e dei figli (in realtà, a ben vedere, di uno solo di essi, perché il maggiore convive con il padre).

La ricorrente non ha provato, e ancor prima non si è offerta di provare, l’assenza di ulteriori redditi (magari derivanti da capitale, magari derivanti da immobili) e, dunque, l’affermazione, secondo cui la retribuzione sarebbe l’unica fonte di reddito, non è stata sufficientemente supportata da elementi di prova.

E se, come affermato nel ricorso, la privazione della retribuzione ha posto la ricorrente ed i figli in una totale condizione di indigenza, allora, risulta del tutto incomprensibile e contraddittorio il comportamento inerte, rispetto al quale non sono state neppure allegate ragioni di sorta, per quasi un semestre.

Non solo, ma solamente dichiarata e non provata, è l’affermazione secondo cui l’ex marito, presso il quale convive il figlio maggiore, sarebbe privo di redditi: sarebbe bastato, per esempio, fornire prova delle ragioni per le quali non percepisce neppure il reddito di cittadinanza, la NASPI o altro sussidio.

E’ ricorrente, peraltro, in giurisprudenza la considerazione secondo cui la mera perdita della retribuzione non concretizza di per sé il pregiudizio imminente ed irreparabile, trattandosi sempre di danno risarcibile ex post, con la conseguenza che il lavoratore che agisce in via di urgenza deve allegare e provare le circostanze di fatto in relazione alle quali il provvedimento di sospensione dalla retribuzione produce, in concreto, effetti lesivi di carattere irreparabile che non possono ritenersi insiti nella mera perdita della retribuzione (Trib. Modena, 23.7.2021, n. 2467; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 13.5.2010).

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La carenza del periculum in mora comporta l’accoglimento del reclamo con conseguente reiezione della domanda cautelare.

§ 5.

Spese al definitivo.

P. Q. M.

il Tribunale, così dispone:

accoglie il reclamo e, per l’effetto, rigetta la domanda cautelare proposta da

spese al definitivo.

Si comunichi.

Alessandria, 19 gennaio 2022.

Il giudice est. S. Moltrasio

Il Presidente A. Dragotto

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