E' legittima la sospensione dal lavoro se il certificato di esenzione dal vaccino non specifica quale sia "il pericolo per la salute" e quali siano le "specifiche condizioni cliniche documentate"

Tribunale di Rovereto ordinanza 14/07/2022 Giudice Dr. Michele Cuccaro
L'obbligo vaccinale è imposto a tutti i soggetti, anche esterni, che lavorano nelle strutture sanitarie, senza possibilità di ripescaggio in altre mansioni dei non vaccinati
Immagine documento

TRIBUNALE DI ROVERETO

Nella causa n. r.g. 118/2022, pendente

tra

con il patrocinio dell’avv. SEGATA

RICORRENTE

e

con il patrocinio dell’avv. VALCANOVER

CONVENUTO

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro, a scioglimento della

riserva assunta all’odierna udienza, osserva:

_ – premesso di essere dipendente della _

con qualifica di ausiliaria di assistenza, di essersi vista certificare in data 21.4.22 dal suo

medico di medicina generale l’esenzione dalla vaccinazione Covid-19 sino al 31.8.2022, di

essersi nondimeno vista notificare dalla datrice di lavoro la sospensione dalla professione

con decorrenza 22.5.2022 - chiede in via d’urgenza di essere reintegrata nel luogo di lavoro

o, in subordine, di vedersi assegnato un assegno alimentare pari al 50% dello stipendio.

A sostegno della sua pretesa evidenzia l’illegittimità del provvedimento sospensivo, dal

momento che:

1) ella è munita di un certificato di esenzione, ancorchè in forma cartacea anziché

digitale;

2) le dimensioni della cooperativa ne consentono la ricollocazione;

3) la sospensione senza retribuzione si pone in contrasto con plurime norme di rango

costituzionale.

Nel chiedere il rigetto del ricorso ex art. 700 c.p.c. la convenuta evidenzia come:

• la ricorrente sia certamente soggetta all’obbligo vaccinale;

• il certificato di esenzione dalla stessa posseduto sia carente non solo sotto il profilo

formale - in quanto in forma cartacea anziché telematica - ma, soprattutto, sotto

quello sostanziale, atteso che non rispetta minimamente quanto previsto dall’art. 4

comma 2 D.L. 44/2021 (il quale ricollega l’esonero dall’obbligo vaccinale Covid-19

unicamente al “caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche

condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale”);

• non ricorre alcun obbligo di repechage (peraltro neppure azionabile in concreto).

****

Il ricorso è infondato.

L’art . 4 comma 2 del D.L. 44/2021 stabilisce che “Solo in caso di accertato pericolo per la salute,

in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante di

medicina generale ovvero dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della

salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l'obbligo di cui ai

commi 1 e 1-bis e la vaccinazione puo' essere omessa o differita”.

Nel caso di specie il certificato medico prodotto dalla ricorrente sub doc. 6 non rispetta

minimamente la previsione di cui sopra, dal momento che il suo medico si è limitato ad

affermare che XXX“è esente alla vaccinazione anti SARS–CoV-2” fino al

31.8.2022, precisando, peraltro, che si tratta di “certificazione valida per consentire

l'accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del decreto legge 23 luglio 2021, n.

105”.

A tale proposito il CdS ha condivisibilmente avuto modo di affermare nella sentenza n.

8454/2021 che l’art. 4, comma 2, d.l. 44/2021 ricollega l’esonero dall’obbligo vaccinale Covid-19 al

solo “caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche

documentate, attestate dal medico di medicina generale”. Quest’ultimo ha il compito di attestare

l’“accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate”;

secondo il Collegio, ne deriva che “di tali elementi costitutivi della fattispecie di esonero deve darsi

espressamente atto nella certificazione all’uopo rilasciata: l’”attestazione” delle “specifiche

condizioni cliniche documentate”, quindi, non consiste nella (ed il relativo compito non può quindi

ritenersi assolto mediante una) mera dichiarazione della loro esistenza “ab externo”, essendo

necessario, ai fini del perfezionamento della fattispecie esoneratrice, che delle “specifiche condizioni cliniche documentate” sia dato riscontro nella certificazione, unitamente al “pericolo per la salute” dell’interessato che il medico certificatore ritenga di ricavarne”; ove così non fosse – continua il Collegio – “sarebbe neutralizzato qualsiasi potere di controllo – anche nella forma “minima” e “mediata” della esaustività giustificativa della certificazione, la quale implica e sottende la

possibilità di vagliare, quantomeno secondo un parametro “minimo” di “attendibilità”, la

rispondenza della certificazione alla finalità per la quale è prevista, che la parte appellante esclude

essere esercitabile dalla ASL – spettante all’Amministrazione, restando devoluta al medico

certificatore ogni decisione in ordine alla (in)sussistenza dell’obbligo vaccinale: esito interpretativo

che, tuttavia, risulta dissonante rispetto alla pregnanza – in termini sostanziali (con il riferimento

alle “specifiche condizioni cliniche” ed al “pericolo per la salute”) e probatori (allorché si richiede

che le prime siano “documentate” ed il secondo “accertato”) delle condizioni esoneratrici, delineate

nei termini esposti dal legislatore”.

La domanda attorea va disattesa anche sotto il profilo della pretesa violazione del cd.

obbligo di repechage, avendo il Tribunale di Como già avuto modo di rilevare con

ordinanza dd. 7.1.2022 come il 27/11/2021 sia entrato in vigore il d.l. 172/2021 il quale non

ha più previsto alcun obbligo di repechage per il datore di lavoro e come, in forza dell’art.

4 bis dl 44/2021, l'obbligo vaccinale sia imposto, senza alcuna limitazione a tutti i "soggetti,

anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nelle strutture di cui

all'articolo 1-bis".

Anche le lamentele attoree circa un preteso contrasto della normativa anticovid rispetto

alla Costituzione vanno respinte, avendosi già avuto modo di osservare in precedenti

provvedimenti come la tutela della salute della collettività sia da considerarsi

prevalente rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai

scientificamente provate.

La radicale carenza del requisito del cd. fumus boni iuris impedisce, da ultimo, di

prendere in considerazione la domanda subordinata della ricorrente.

In definitiva il ricorso non può che essere respinto.

Spese al definitivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso ex art. 700 cpc proposto da XXX contro XXXX

Spese al definitivo

Si comunichi!

Rovereto, 14 luglio 2022

Il Giudice

- dott. Michele Cuccaro -

Iscriviti alla nostra newsletter

Thank you! Your submission has been received!

Oops! Something went wrong while submitting the form