Discriminatorio il licenziamento per inidoneità alla mansione dell'operaia disabile di una fabbrica di cuscini e piumoni che poteva svolgere altre mansioni (controllo qualità, cucitura) anche part-time

Tribunale di Rovereto Giudice del Lavoro Dott. Michele Cuccaro Sentenza n 28 del 20/11/2025
L'epicondelite cronica rientra nella definizione di disabilità secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROVERETO

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro ha

pronunciato la seguente sentenza nella causa iscritta sub. nr. 18/2025 R.G., promossa con ricorso depositato il 14/3/2025 da:

rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Guarini del Foro di Rovereto, giusta delega allegata al ricorso

RICORRENTE

contro

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enzo Pisa ed Isabel Brunner del Foro di Verona giusta delega allegata alla memoria di costituzione

CONVENUTA

e contro

in persona dei legali rappresentanti  

con sede in rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Cristanelli del Foro di Trento giusta delega allegata alla memoria di costituzione

TERZA CHIAMATA

In punto: risarcimento danni da malattia professionale; impugnazione licenziamento

CONCLUSIONI

Ricorrente: “Voglia il Tribunale, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione

QUANTO AL LICENZIAMENTO

In via principale:

accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o illegittimità del licenziamento

intimato dalla convenuta   alla ricorrente   con lettera datata 20.08.24 in quanto discriminatorio e conseguentemente:

condannare la Società convenuta   in personale del legale rappresentante pro tempore a reintegrare la ricorrente   nel posto di lavoro, ferma la facoltà della ricorrente licenziata di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che sarà ritenuta equa; conseguentemente, condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla Lavoratrice di cui all’art. 18 4 co. st. lav. commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra, ed al versamento dei contributi previdenziali, assistenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione, determinando l’ammontare del risarcimento del danno in misura in ogni caso non inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che l’Autorità Giudiziaria riterrà di giustizia oltre interessi legali, rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.

In via di subordine:

accertare e dichiarare illegittimo, nullo e/o annullabile nonchè ingiustificato il licenziamento intimato alla ricorrente, per insussistenza del giustificato motivo oggettivo e per violazione dell’obbligo di repechage ed in ogni caso poichè infondato e non provato posto in essere in violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.; conseguentemente, dichiarare tenuta e condannare la resistente a reintegrare la Lavoratrice nel posto di lavoro, ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che sarà ritenuta equa;

conseguentemente, condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla Lavoratrice commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra, ed al versamento dei contributi previdenziali, assistenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione, determinando l’ammontare del risarcimento del danno in misura in ogni caso non superiore a 12 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che l’Autorità Giudiziaria riterrà di giustizia oltre interessi legali, rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;

In via di ulteriore subordine:

accertare e dichiarare illegittimo, nullo e/o annullabile nonché ingiustificato il licenziamento intimato alla ricorrente perché privo di giustificato motivo oggettivo per inidoneità alla mansione come richiesta dalla legge;

conseguentemente, dichiarare tenuta e condannare la resistente a reintegrare la Lavoratrice nel posto di lavoro, ferma la facoltà della dipendente licenziata di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che sarà ritenuta equa;

conseguentemente, condannare la resistente al risarcimento del danno subito dalla Lavoratrice commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra, ed al versamento dei contributi previdenziali, assistenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione, determinando l’ammontare del risarcimento del danno in misura in ogni caso non superiore a 12 mensilità di retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che l’Autorità Giudiziaria riterrà di giustizia oltre interessi legali, rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;

In via di estremo subordine:

Ove il licenziamento venga riconosciuto illegittimo per vizi procedurali (art. 7 legge 604/66) condannare la Società resistente alla sanzione indennitaria nel massimo di 12 mensilità, commisurata alla retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 o la maggiore o minore somma che l’Autorità Giudiziaria riterrà di giustizia oltre interessi legali, rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.

In via di ulteriore ed estremo subordine:

(ove si consideri applicabile la tutela obbligatoria)

accertare e dichiarare illegittimo, nullo e/o annullabile nonchè ingiustificato il licenziamento intimato alla ricorrente, perché privo di giustificato motivo oggettivo costituito dalla inidoneità fisica della Lavoratrice richiesta dalla legge e comunque non provato posto in essere in violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e;

conseguentemente, dichiarare tenuta e condannare la resistente, alla riassunzione della dipendente o al risarcimento del danno in favore della Lavoratrice a causa dell'illegittimo licenziamento subito nella misura massima di legge ex L.108/90 e/o 604/66 pari a sei mensilità dall’ultima retribuzione globale di fatto sulla base di una busta paga lorda pari ad € 1.590,47 ovvero nella diversa misura risarcitoria ex l.108/90 che sarà ritenuta di giustizia od equa;

In ogni caso:

Oltre alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge da distrarsi in favore dell’Avv. Giovanni Guarini patrono antistatario.

QUANTO AL DANNO ALLA SALUTE

Accertare e dichiarare la responsabilità della Società resistente  in merito alla malattia professionale occorso alla signora   dall’agosto del

2023;

conseguentemente, condannare la convenuta al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi dalla dipendente quantificati nella somma di € 50.890,67 e comprensiva di rivalutazione ed interessi alla data odierna o nelle diverse somme maggiori o minori che Vorrà quantificare l’Ill.mo Tribunale adito;

n ogni caso condannare la  , in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge € 9.257,00 aumentate fino al 30% Decreto Ministero, Giustizia, 08/03/2018 n° 37 oltre 15%, CNAP e IVA con distrazione allo scrivente difensore patrono antistatario”

In via istruttoria: come in note difensive.

Convenuta: “In via pregiudiziale: in relazione all’irrituale ricorso ex artt. 414 e 441 bis c.p.c. ex adverso proposto, in assenza d’esigenze di celerità tali da giustificare lo svolgimento di simultaneus processus (neppure prospettate da controparte e comunque inesistenti), si chiede che l’adito Giudice voglia separare la trattazione delle domande (sull’asserito “danno alla salute” e correlato “risarcimento del danno”), prive di carattere di priorità, diverse da quelle attinenti all’impugnato licenziamento di reintegrazione nel posto di lavoro.

In via preliminare: a) disporsi la chiamata in causa della compagnia assicurativa., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede

legale in , da cui la società convenuta intende essere garantita e manlevata, nella denegata ipotesi in cui fosse accolta la domanda di accerta-mento di malattia professionale e risarcimento danni della sig.ra a, anche per le spese legali, in virtù della copertura assicurativa, disponendo ogni conseguente provvedimento ai sensi dell’art. 420 c.p.c..

Nel merito: respingersi integralmente, per le ragioni di fatto e di diritto suesposte, le domande proposte dalla ricorrente nel ricorso introduttivo del presente giudizio nei confronti di  

Nel merito ed in via subordinata circa le domande sul licenziamento:

a) nel denegato caso in cui sia accertata la violazione della procedura di cui all’art. 7 della L. 604/1966, dichiarato risolto il rapporto di lavoro de quo con effetto dalla data del recesso, condannarsi   in base all’art. 18, c. 6, L. 300/1970,  al  pagamento  in  favore  della  sig.ra  Alimova  di  un’indennità risarcitoria onnicomprensiva nella misura minima di legge (sei mensilità della retribuzione globale di fatto);

b) per la ulteriore denegata ipotesi in cui, accertato il difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nella sopravvenuta e permanente inidoneità fisica della lavoratrice e/o per violazione dell’art. 10, c. 3, L. 68/1999, ovvero acclarata la manifesta insussistenza del fatto posto a base dello stesso licenziamento, condannarsi, in base all’art. 18 L. cit., commi 4 e 7, la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto nella misura prevista dalla legge, dedotto quanto la stessa ha percepito, nel periodo d’estromissione, per lo svolgi-mento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione;

c) nel denegatissimo caso in cui il licenziamento fosse dichiarato nullo, condannarsi, ex art. 18, c. 2, L. cit., la società convenuta al risarcimento del danno subito dalla ricorrente, nella misura prevista dalla legge, dedotto quanto percepito da quest’ultima, nel periodo d’estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.

Nel merito ed in via subordinata sulle domande “ quanto al danno alla salute” : nella denegata ipotesi in cui venisse accertata, anche parzialmente, la responsabilità civile della società convenuta nella causazione della malattia professionale lamentata dalla ricorrente ridursi, in ogni caso, le domande attoree nei limiti di quanto risulterà effettivamente dovuto, anche in base ad espletanda C.T,.U. medico legale, in relazione all’adozione di esatti criteri d’individuazione e liquidazione del danno da quest’ultima subito.

In ogni caso: con vittoria di spese ed onorari di causa.

In via istruttoria: come in memoria difensiva”.

Terza chiamata: “Voglia il Tribunale di Rovereto, contrariis rejectis:

nel merito in via principale: per le ragioni esposte in narrativa, rigettare le domande formulate nel ricorso introduttivo, in quanto infondate in fatto e in diritto e, per l’effetto, respingere la domanda di manleva svolta da nei confronti di

nel merito, in via subordinata: per le ragioni esposte in narrativa, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle domande attoree e di conseguente accoglimento della domanda di manleva svolta da nei confronti di

ridurre le domande attoree a quanto risultante di giustizia e provato in corso di causa,  limitando  l’accoglimento  della  domanda  di  manleva  proposta  da alle  sole  poste  risarcitorie  strettamente  connesse  con l’eventuale malattia professionale accertata, con esclusione di qualsiasi voce risarcitoria relativa al lamentato licenziamento, applicando, in ogni caso, in sede di liquidazione, i limiti di massimale, la franchigia e gli scoperti di polizza richiamati nel presente atto;

in ogni caso: con integrale rifusione delle spese e competenze di lite, oltre ad accessori di legge e rimborso spese generali”.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso dep. il 14/3/2025 a – premesso di essere stata dipendente di   dal 11.6.2007 con mansioni di addetta al confezionamento di piumini, di avere riportato nel corso dell’attività lavorativa una malattia professionale (epicondilite cronica gomito dx) e di essere stata licenziata con decorrenza 20.8.2024 a seguito del suo rifiuto di trasferirsi a Renon – conveniva in giudizio innanzi a questo Tribunale la citata società per sentire:

A) accertare la nullità e/o l’inefficacia e/o l’illegittimità del licenziamento, con condanna, in via principale, alla reintegra nel posto di lavoro e al pagamento dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 18 c. 1 e 2 St. Lav. o, in subordine, sulla base delle ulteriori tutele previste dall’art. 18 st.lav;

B) accertare la responsabilità dell’ex datrice di lavoro in relazione alla malattia professionale patita e per sentirla conseguentemente condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali quantificati in € 50.890,67.

A sostegno della sua domanda sub A) evidenziava di trovarsi in una situazione di disabilità, con la conseguenza che il licenziamento doveva ritenersi discriminatorio alla luce dell’interpretazione eurounitaria e della Cassazione circa la Direttiva 2000/78/CE; in subordine affermava come il licenziamento fosse comunque illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo; quanto alla domanda sub B), affermava che il tipo di lavorazione a cui era stata sottoposta le aveva cagionato una epicondilite cronica al gomito dx già riconosciuta dall’INAIL quale malattia professionale (danno biologico pari al 3%).

Nel costituirsi in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso   negava che ricorresse un’ipotesi di disabilità secondo la normativa unionale; evidenziava la piena legittimità del licenziamento, essendo esso stato adottato a causa della accertata inidoneità permanente alla mansione e dell'impossibilità di repechage presso la sede di Arco nonché del rifiuto della lavoratrice di trasferirsi a Renon; contestava la quantificazione dei danni operata ex adverso e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa in manleva  , con la quale aveva stipulato apposita polizza assicurativa.

Disposta la chiamata in causa, la compagnia assicuratrice si costituiva aderendo alle difese della convenuta, eccependo l’inoperatività della polizza e chiedendo il rigetto delle avverse pretese, in subordine in punto quantum.

Esaurito senza esito il prescritto tentativo di conciliazione, venivano sentiti numerosi testi sui capitoli di prova articolati dalle parti ed ammessi dal giudice. All’odierna udienza, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e veniva contestualmente depositata sentenza.

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LICENZIAMENTO

La domanda proposta in via principale dalla ricorrente dev’essere accolta.

Le condizioni sanitarie del ricorrente rientrano nella definizione di disabilità

elaborata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. L’epicondilite cronica al gomito dx patita dalla lavoratrice è di certo di lunga durata e rappresenta una minorazione fisica idonea a ostacolare la sua partecipazione in condizioni di parità alla vita professionale. Ciò anche alla luce delle attività da ella concretamente svolte (confezionamento di piumini).

Secondo l’insegnamento ormai consolidato della S.C. “Nell'ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore e in presenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 3, comma 3-bis, del d.lgs. n. 216 del 2003, il datore di lavoro ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, ai sensi dell'art. 5 della l. n. 604 del 1966, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l'impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli, con la possibilità di assolvere tale ultimo onere mediante la deduzione del compimento di atti o operazioni strumentali all'avveramento dell'accomodamento ragionevole, che assumano il rango di fatti secondari presuntivi, idonei a indurre nel giudice il convincimento che il datore di lavoro abbia compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata in grado di scongiurare il licenziamento, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto” (Sez. L - , Sentenza n. 6497 del 09/03/2021).

La convenuta avrebbe, dovuto, invero, dimostrare come le limitazioni individuate dal medico competente in capo al lavoratore sarebbero ostative a qualsivoglia suo impiego in ambito aziendale.

L’istruttoria testimoniale ha, in senso contrario, permesso di accertare come la lavoratrice avrebbe potuto essere addetta – eventualmente part-time – al controllo di qualità (taglio dei fili in eccesso, verifica dell’omogeneità del tessuto, ecc.) o alla cucitura e segnatura di teli vuoti.

Né può ritenersi che la proposta di trasferimento presso la sede di Renon costituisca un accomodamento ragionevole nel senso richiesto dalla giurisprudenza, visto e considerato che si tratta di luogo di lavoro distante oltre 100 km dalla sede lavorativa per la quale la   era stata assunta e presso la sede di Arco esisteva la possibilità di adattare le mansioni alle menomate condizioni di salute della stessa.

Alla luce di quanto sopra va affermata la natura discriminatoria del licenziamento, con condanna della convenuta a reintegrare la lavoratrice con assegnazione a mansioni compatibili con la sua condizione di disabilità ed a risarcirle il danno da commisurarsi, ai sensi dell’art. 18 comma 2 st.lav., alle retribuzioni che le sarebbero spettate dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra tenuto conto di una retribuzione globale di fatto di Euro 1.590,47 mensili, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

La società convenuta deve essere altresì condannata al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione

MALATTIA PROFESSIONALE

L’origine professionale della malattia patita dalla   discende dalla continua attività di trazione e stiramento dei piumini e dal fatto che gli scatoloni contenenti il materiale da assemblare dovevano essere trascinati manualmente, là dove i carrelli per il trasporto degli stessi sono divenuti di utilizzo generalizzato solo “negli ultimi mesi” (testimonianza R).

Nessun dubbio può sorgere, quindi, circa il nesso causale intercorrente tra la malattia riscontrata dall’INAIL e confermata dalla perizia di parte e la mancanza di idonee cautele sul luogo di lavoro.

La quantificazione dei danni effettuata dalla lavoratrice va, tuttavia, grandemente ridimensionata, avendo la stessa operato una vera e propria duplicazione di voci di danno, in aperto contrasto con la giurisprudenza della S.C. ormai consolidata a partire dalla cd. ordinanza-decalogo n. 7513/2018. Si confronti, ad es., il seguente passaggio della motivazione: “Una lesione alla salute può avere conseguenze dannose più diverse, ma tutte inquadrabili teoricamente in due gruppi: - conseguenze necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare tipo di invalidità; - conseguenze peculiari del caso concreto, che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili. Tanto le prime che le seconde conseguenze costituiscono un danno non patrimoniale; la liquidazione delle prime tuttavia presuppone la mera dimostrazione dell’esistenza dell’invalidità; la liquidazione delle seconde esige la prova concreta dell’effettivo (e maggiore) pregiudizio sofferto. Pertanto, la perduta possibilità di continuare a svolgere una qualsiasi attività, in conseguenza d’una lesione della salute, non esce dall’alternativa: o è una conseguenza “normale” del danno (cioè indefettibile per tutti i soggetti che abbiano patito una menomazione identica), ed allora si terrà per pagata con la liquidazione del danno biologico; ovvero è una conseguenza peculiare, ed allora dovrà essere risarcita, adeguatamente aumentando la stima del danno biologico (c.d. personalizzazione). Dunque, le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti dinamico- relazionali, che sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale. Al contrario, le conseguenze della menomazione che non sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico. Ma lo giustificano, si badi, non perché abbiano inciso, sic et simpliciter, su aspetti dinamico-relazionali: non rileva infatti quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ai fini della personalizzazione del risarcimento; rileva, invece, che quella/quelle conseguenza/e sia straordinaria e non ordinaria, perché solo in tal caso essa non sarà compresa nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente, consentendo al giudice di procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione”.

Ciò premesso, escluso che la ricorrente abbia patito conseguenze straordinarie nel senso appena descritto dalla S.C. ed in applicazione delle tabelle di Milano usualmente adottate da questo Tribunale, il danno patito dalla   va liquidato come segue:

Danno biologico da invalidità permanente (da quantificarsi nella misura del

5% indicata dal consulente di parte ricorrente  , non essendo stati forniti elementi plausibili per ritenere tale quantificazione scorretta): €

6.575

Inabilità temporanea (90 gg. al 75%, 90 gg. al 50% e 90 gg. al 25%): € 15.525

Danno patrimoniale: € 3.218,40

Il tutto espresso in moneta attuale

DOMANDA DI MANLEVA

La  domanda  di  manleva  formulata  dalla  convenuta   nei  confronti

dell’assicurazione terza chiamata va accolta.

sarà, pertanto, tenuta a manlevare   rispetto a quanto quest’ultima sarà tenuta a pagare alla lavoratrice a titolo di risarcimento danni da malattia professionale.

SPESE

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

La quantificazione delle spese dovute dalla terza chiamata nei confronti della convenuta è inferiore rispetto a quella operata in favore della ricorrente atteso che considera la sola parte di difesa relativa al risarcimento danni da malattia professionale e non anche quella relativa al licenziamento.

P.Q.M.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede:

1) accerta e dichiara la nullità del licenziamento intimato alla ricorrente in data 20/8/2024 e, per l’effetto, condanna la convenuta a reintegrarla nel posto di lavoro ed a corrispondere un risarcimento danni dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegra da commisurarsi ad una retribuzione mensile pari ad € 1.590,47, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali;

2) accerta e dichiara l’origine professionale della malattia patita dalla ricorrente e, per l’effetto, condanna la convenuta a risarcirle i danni patrimoniali e non patrimoniali che liquida nel complessivo importo di € 25.318,40, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo;

3) dichiara la terza chiamata Generali Italia spa tenuta a manlevare la convenuta in relazione alla condanna di cui al precedente punto 2 e per l’effetto la condanna a rimborsarle quanto la convenuta dovrà corrispondere alla ricorrente in forza del precedente punto 2;

4) condanna la convenuta al pagamento in favore della ricorrente - e, per essa, del difensore antistatario – delle spese legali del presente giudizio, che liquida in € 7.500, oltre IVA se dovuta, CNPA e 15% spese generali;

5) condanna la terza chiamata al pagamento in favore della convenuta delle spese legali relative alla difesa in punto malattia professionale, che liquida in € 4.000, oltre IVA se dovuta, CNPA e 15% spese generali

Così deciso in Rovereto il 20 novembre 2025

Il Giudice

- dott. Michele Cuccaro –

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